Secondo un report di Greenpeace nell’acqua potabile consumata in Piemonte è presente una molecola tossica

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All’inizio di febbraio 2023 Greenpeace Italia ha denunciato la presenza di molecole di PFAS nell’acqua potabile di diversi comuni piemontesi nel report “Pfas e acque potabili in Piemonte”. Dei 671 campioni, su cui l’organizzazione ha avuto i dati, analizzati tra il 2019 e il 2023, il 51% è risultato contaminato dai PFAS. 

Che cosa sono i PFAS 

I PFAS sono un gruppo di molecole di sintesi, risultato cioè di una reazione chimica, originariamente non presenti in natura e usate in diversi processi industriali. Vengono, spesso, definiti inquinanti eterni, perché non si possono degradare nell’ambiente. Queste molecole, in determinate concentrazioni, possono essere dannose per la salute dell’uomo. Sono associate ad alcune patologie gravi, tra cui, anche, alcune forme tumorali. Nel novembre 2023 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha inserito una delle molecole più note tra queste, ossia il PFOA, all’interno delle sostanze cancerogene. 

In Italia attualmente manca una norma nazionale che regolamenti la presenza di PFAS nelle acque potabili. Nel 2026 entrerà in vigore la direttiva dell’Unione Europea che obbliga i paesi membri a rispettare il limite di 100 nanogrammi per litro di acqua potabile per la somma di 24 molecole appartenenti al gruppo dei PFAS. Un valore, tuttavia, non in linea con le preoccupazioni della comunità scientifica perché i PFAS non hanno una soglia di sicurezza. Significa cioè, che non si ha certezza che ingerire anche piccole dosi di PFAS non nuocila alla salute.

A marzo 2023 l’amministrazione Biden ha proposto un limite di 4 nanogrammi per litro per PFOA e PFOS, un’altra molecola inserita nella lista IARC come possibile cancerogena. In Danimarca, invece, il limite è fissato a 2 nanogrammi per litro per il totale di quattro dei PFAS. 

Dove è stata rilevata la presenza di PFAS

Greenpeace Italia ha riscontrato valori di maggiore concentrazione nella provincia di Alessandria. Ad Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino del Torti, Guazzora e Tortona – cinque comuni lungo il corso del fiume Scrivia – sono stati raccolti in tutto 24 campioni, nei quali il PFOA è stato trovato in concentrazioni variabili e comprese tra i 19 e i 190 nanogrammi per litro. A Montecastello, invece, nel maggio del 2020 sono stati registrati 470 nanogrammi per litro di PFAS. Ma l’inquinamento da PFAS riguarda anche la città di Torino. 

Analizzando i dati condivisi dal gruppo Società metropolitana acque Torino (SMAT) – gestore della rete idrica di 291 dell’area della Città metropolitana di Torino – Greenpeace Italia ha constatato la presenza di PFAS in 77 comuni, cioè il 26,5%. In particolare, i PFAS sono stati trovati nel 45% dei campioni analizzati nell’area. 

Greenpeace Italia domanda chiarezza 

Greenpeace Italia ha presentato degli esposti alle procure territorialmente competenti di Torino, Ivrea, Alessandria e Novara, dove è stata accertata la contaminazione da PFAS nelle acque potabili. 

L’organizzazione domanda che vengano presi tutti i provvedimenti cautelari necessari per impedire che la popolazione entri in contatto con acque contenenti PFAS. Chiede anche che la magistratura verifichi se ci siano le condizioni per parlare di disastro ambientale o innominato. Non solo, ma anche di omissione di atti d’ufficio, visto il mancato rispetto della normativa sull’accesso agli atti. Infatti, Greenpeace Italia per la realizzazione del report ha domandato l’accesso agli esiti delle analisi svolte dagli enti pubblici sui campioni di acqua potabile. In totale, ha inviato 43 richieste alle otto ASL regionali, alla direzione regionale della Regione Piemonte, a 29 gestori del servizio idrico e a cinque comuni, che gestiscono in autonomia la rete di acqua potabile. Di questi, solo 10 enti hanno risposto positivamente.

«C’è una cosa che a noi è salta subito all’occhio – racconta, intervistato da Generazione, Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia -. Quando abbiamo chiesto i dati relativi ai monitoraggi fatti per verificare la presenza di PFAS nelle acque potabili, la Regione all’istanza di accesso agli atti ha detto di non avere quei dati». Questo, secondo Ungherese, non corrisponde alla realtà. «Quello che emerge è che Arpa periodicamente fa queste indagini e anche l’Asl di Alessandria». E aggiunge, spiegando ciò che viene contestato agli enti territoriali: «Quindi o la Regione non conosce l’operato delle sue agenzie o non ha voluto rilasciare i dati e si è macchiata di un reato». 

C’è, poi, un altro nodo irrisolto che riguarda l’area della Città metropolitana di Torino. I dati consegnati da SMAT all’organizzazione evidenziano la presenza di un PFAS, il C6O4, prodotto da Solvay Speciality Polymers di Alessandria. La molecola è stata trovata in 14 comuni della Città metropolitana. A Cintano, poco distante da Ivrea, sono stati registrati fino a 66 nanogrammi per litro. «Il C6O4 è finito lì? Qualcuno dovrà approfondirlo e capire perché tutto ciò si è verificato», dice Ungherese. «Come anche bisognerà capire perché in tanti comuni della Val di Susa l’acqua potabile mostra la presenza di PFOA».

Per contrastare la presenza di PFAS, come spiega Ungherese, possono essere messe in atto diverse misure. Per l’acqua potabile, ad esempio, esistono i trattamenti a carboni attivi che consentono di abbattere la concentrazione di queste molecole. Si tratta, però, di una misura emergenziale. Da sola non è sufficiente, è necessario lavorare su più piani. Da un alto siamo obbligati a ricorrere a misure emergenziali per evitare che le persone entrino in contatto con acqua potabile contaminata. Contemporaneamente, è essenziale individuare le fonti inquinanti, sradicare il problema alla radice. 

Autore

Nata a Ferrara, tra la nebbia e le biciclette. Quando non ho la testa tra le nuvole, mi piace nascondere il naso nelle pagine di un libro o dietro una macchina fotografica. Scrivo di lotte e diritti, mi piace raccontare dei posti e della gente di cui nessuno parla mai. Frequento assiduamente i mercatini dell’usato e al tiramisù non dico mai di no, queste sono le uniche regole di vita che mi so dare.

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