Oltre lo stigma: il potenziale nascosto degli psichedelici

Gli psichedelici fanno male? Il bad trip può farti impazzire? Le sostanze allucinogene creano dipendenza? Cosa succede quando hai un’allucinazione?

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Molte delle credenze che abbiamo sugli psichedelici sono tramandate di generazione in generazione attraverso racconti esotici che mescolano misticismo e ignoranza, contribuendo ad alimentare il forte stigma che grava su queste sostanze. Il risultato? La creazione di un alone di mistero che avvolge gli allucinogeni, oscurandone le benefiche proprietà e ostacolandone lo studio tanto da essere ormai ingiustamente inseriti nel calderone delle droghe pesanti (hard drugs) – anche se le cose non stanno proprio così. Partiamo con ordine, e quindi dalla fine. A che punto siamo con la ricerca sugli psichedelici oggi?

Un po’ di scienza (ma psichedelica)

Di scienza avevamo già parlato, almeno in parte, in questo articolo. Dal 2022 a oggi, però, sono molti gli updates che riguardano lo studio degli allucinogeni, la cui ricerca è stata pesantemente rallentata da una strategia proibizionista di natura pluridecennale i cui effetti disastrosi si apprezzano ancora oggi. Dal 1970, infatti, l’Agenzia Federale Antidroga (DEA) statunitense ha inserito gli psichedelici (tra cui LSD e psilocibina) all’interno della “Schedule 1”, cioè la classe associata a tutti quei farmaci e – più in generale – alle tutte le sostanze chimiche con il più alto rischio di dipendenza e nessun potenziale terapeutico (include, al suo interno, anche l’eroina). Per questo motivo, fino agli anni ’90, gli psichedelici hanno subito una vera damnatio memoriae in chiave scientifica: non solo è stato bloccato il loro utilizzo a scopo ricreativo, ma è anche stata proibita la ricerca di base sulle implicazioni biologiche dei loro effetti, impedendone ogni tipo di applicazione medica. In Europa le cose non stanno diversamente: gli psichedelici sono illegali nella maggior parte dei paesi europei, compresa l’Italia.

Per fortuna, le cose stanno lentamente cambiando. Ma ne parliamo meglio più avanti in questo articolo.

La domanda sorge spontanea: cosa hanno gli psichedelici di diverso rispetto alle altre hard drugs inserite nella stessa classe di sostanze ad alto rischio?

In poche parole: tutto. In molte più parole, diciamo che è frutto di decenni di stigmatizzazione (e di confusione). Con l’intento iniziale di minare la controcultura hippy, gli psichedelici sono stati da subito inseriti nel grande calderone delle “droghe pesanti”, terminologia con cui si fa riferimento a tutte quelle sostanze che causano dipendenza ed effetti collaterali molto gravi, arrivando potenzialmente anche alla morte.

Nonostante non rispecchino esattamente questa definizione, le sostanze allucinogene continuano a essere erroneamente incluse in questa categoria. Gli psichedelici, infatti, hanno un tasso di dipendenza molto basso – molto più basso di cannabinoidi, alcol e nicotina – e, anzi, vengono attualmente utilizzati all’interno di trial clinici per curare o alleviare la dipendenza indotta da altre sostanze stupefacenti. Il motivo è che, al contrario di cocaina o eroina, gli psichedelici non interferiscono con il sistema dopaminergico del nostro cervello – ed è proprio la dopamina, biologicamente parlando, il neurotrasmettitore responsabile del meccanismo di dipendenza.

Se, quindi, non causano dipendenza e sono sostanze mediamente sicure – quando assunte all’interno di uno specifico contesto controllato (setting), con la corretta posologia (dosi) e in compagnia di personale specializzato – a che scopo possono essere utilizzati?

Perché potresti aver bisogno di uno spray nasale alla ketamina

La depressione è uno dei disturbi psichiatrici più diffusi a livello mondiale ma il 30% dei pazienti è treatment-resistant, cioè non risponde ai farmaci. Per fare una panoramica generale, gli antidepressivi attualmente più utilizzati sono gli SSRI, cioè gli inibitori selettivi del reuptake (ricaptazione) della serotonina. Secondo la teoria biologica finora in auge, infatti, la depressione sarebbe causata da una massiccia riduzione di serotonina, una molecola (chiamata neurotrasmettitore) normalmente rilasciata dai neuroni all’interno del nostro cervello. Il rilascio di serotonina è generalmente connesso alla manifestazione di effetti benefici e positivi sul nostro corpo e sulla nostra mente – motivo per cui è anche definita “il neurotrasmettitore della felicità”.

Alla luce di questo, si capisce come gli SSRI siano in grado di svolgere una funzione anti-depressiva: impedendo ai neuroni di riassorbire la serotonina liberata fuori dalla cellula (cioè, dal neurone), questi ne causano l’indiretto aumento della concentrazione nel cervello, alleviando così i sintomi caratteristici della depressione. Fanno parte di questa categoria di farmaci molto famosi come il Prozac (principio attivo fluoxetina) e il Cipralex (principio attivo escitalopram).

Analisi ad ampio spettro, come il Global Burder of Disease (GBD) hanno però rivelato che questi antidepressivi (ad oggi i migliori sul mercato) risultano inefficaci a curare 1/3 dei pazienti.

Ed è proprio qui che interviene l’esketamina, uno psichedelico e anestetico nonché principio psico-attivo dello Spravato, un medicinale approvato da EMA e FDA (agenzie regolatorie che si occupano della protezione della salute pubblica) che viene somministrato attraverso uno spray nasale: non per il raffreddore, ma per curare la depressione in pazienti trattamento-resistenti (TRD). Se te lo chiedevi, la risposta è sì: viene legalmente utilizzato anche in Italia.

Il grande successo degli psichedelici nella cura di malattie psichiatriche (come ansia e depressione) risiede nel fatto che agiscono in modo diverso rispetto alle strategie farmaceutiche canonicamente utilizzate: invece che concentrarsi sui livelli di serotonina, gli psichedelici rimodellano le connessioni tra i neuroni presenti a livello cerebrale – una cosa che in neuroscienze si chiama “rewiring”. Questo cambia radicalmente la visione che abbiamo di molti disturbi psichiatrici: non più causati “semplicemente” dalla mancanza o dalla riduzione di una molecola, ma derivanti dalla profonda alterazione dei circuiti presenti nel nostro cervello.

Sulla stessa scia si stanno muovendo altri psichedelici, come psilocibina e MDMA, entrambi definiti dall’FDA come “break through therapy”. L’MDMA è attualmente nella fase 3 degli studi clinici – cioè l’ultimo step di studio sui pazienti umani –per essere introdotto nella terapia del disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Vale lo stesso per la psilocibina, attualmente in studi clinici di fase 3 per la cura della sindrome depressiva maggiore e della depressione trattamento-resistente.

Psychedelic renaissance

Quello a cui stiamo assistendo è un vero e proprio rinascimento psichedelico: grazie alla cooperazione di scienziatə, medicə comitati etici e pazienti, il potenziale terapeutico e benefico degli psichedelici sta lentamente riemergendo. La scienza ci sta dimostrando che sostanze come LSD, psilocibina, ketamina e MDMA, comunemente note per essere “droghe da sballo”, possono essere attivamente impiegate per la cura di molti disturbi psichiatrici: tutto dipende dalla dose, dal setting (cioè dall’ambiente) e dal personale che ci assiste.

Questa rivoluzione scientifica comporta anche molte implicazioni a livello etico e filosofico. L’alterazione sensoriale causata dall’esperienza psichedelica, infatti, non si limita a essere un grande viaggio introspettivo, ma ci offre una finestra temporale in cui poter agire per modificare la nostra stessa percezione interna della realtà, dandoci chiavi di lettura che prima non prendevamo in considerazione – soprattutto quando ciò che ci circonda ci appare triste e doloroso.

In questo senso, l’iniziativa europea Psychedelic Care è di fondamentale importanza: sapendo che oggi nell’Unione Europea più di 1 persona su 6 soffre di disturbi mentali, il progetto ha lo scopo di raggiungere 1 milione di firme entro il 13 gennaio 2026 per rendere le terapie assistite da psichedelici (PAT), già diffuse ed efficaci in altri paesi (come USA e Australia), disponibili e convenienti anche in Europa. La lotta per una medicina giusta, accessibile ed efficace parte anche da iniziative di questo tipo.

Concludendo, dal quadro presentato emerge quindi come la scienza abbia un carattere intrinsecamente dinamico: come scienziatə, è nostro dovere accettare il cambiamento ed essere dispostə rivedere le nostre posizioni in funzione delle evidenze scientifiche che emergono dalla ricerca. Ovviamente, non è sempre facile mettersi in discussione – processo che costa fatica e che richiede un certo grado di adattamento. La situazione, poi, è ulteriormente complicata dai costrutti socio-culturali e dal panorama legislativo in cui la scienza evolve e che pongono spesso un freno alla ricerca.Invece che continuare a stigmatizzare le sostanze psichedeliche, sarebbe più utile e corretto provare guardarle da una prospettiva criticamente curiosa, riconoscendone le potenzialità senza mai abbassare la guardia rispetto alle possibili controindicazioni, per una scienza giusta, funzionale e accessibile a tuttə.

Autore

Alice Melani

Alice Melani

Autrice

Mi chiamo Alice e c’ho un’anima un po’ scissa. Tra le altre cose, sono una neuroscenziata della Scuola Normale. Nel tempo libero oscillo tra attivismo, femminismo intersezionale e misantropia disillusa. Odio gli indifferenti e credo che dovremmo proprio smetterla di imporre inutili confini al nostro animo in continua espansione.

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