Esiste oggi accettazione quando si parla di disturbi della salute mentale e disturbi dell’alimentazione?
Sin da quando sono piccola, ho sempre riscontrato in me una particolare sensibilità relazionale e sociale. Questo mi ha portato a sviluppare capacità empatiche che, in molte occasioni, mi hanno permesso di stringere legami solidi con altri individui, ma che, in molte altre, mi hanno fatto profondamente comprendere tutta la difficoltà che il legame emotivo e sociale porta con sé.
La sofferenza psicologica interessa tutti gli esseri umani del pianeta, così come accade per quella fisica. Tuttavia, ci ostiniamo a credere che sia una prerogativa unica dei “più sensibili”, spesso emarginati e allontanati dal gruppo proprio per questa loro controtendenza, opposta alle leggi della civiltà capitalista, basate sui “valori” della toxic positivity e della competizione. Essere sensibili e, pertanto, soffrire per le situazioni dolorose della vita è non solo un diritto, ma una prerogativa imprescindibile per la nostra esistenza.
Questa consapevolezza, nel tempo, mi ha aiutato ad uscire dal limbo in cui mi sentivo costretta, il limbo di un mondo che vorrebbe respingere perentoriamente la condivisione della propria fragilità psicologico-emotiva, più che mai quando fatta pubblicamente. La possibilità di aprirsi all’altro guardandolo non come una minaccia, ma come un alleato nella lotta alla natura matrigna che ci accomuna tutti (per citare qualcuno che di sofferenza ne sapeva qualcosa), mi ha permesso, così, di esorcizzare il mio problema, di normalizzarlo e di renderlo umano.
Pertanto, oggi, vorrei restituire il favore che l’universo mi ha concesso e permettere a quante più persone possibile di avere uno spazio, una community, per sentirsi adeguati non solo nella gioia e nel benessere, ma anche nella sofferenza e nel dolore. Dopo aver scritto numerosi articoli sul tema (e dopo gli studi in filosofia, pedagogia e psicologia, che mi hanno sicuramente aiutato nel mio percorso di auto-consapevolezza), ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con Animenta, associazione “nata con l’obiettivo di raccontare per sensibilizzare sui disturbi del comportamento alimentare”. Ho conosciuto, così, Laura e Aurora, persone che, come me, hanno deciso di affrontare a viso aperto la paura dell’esposizione pubblica. Animenta e Generazione, allora, hanno questo in comune: l’interesse a non utilizzare lo schermo come strumento per nascondersi, ma per farne un mezzo di cambiamento sociale, mostrando che non esiste nessun superuomo e nessuna superdonna, ma solo esseri umani.
Abbiamo finalmente l’occasione di presentarvi il nostro portale in collaborazione Animenta x Generazione, un portale che va ben oltre il mondo dell’informazione e che vuole mettere in collegamento la nostra comunità di lettori con la necessità di parlare di salute mentale, di benessere psicologico e di disturbi mentali.
In questi mesi che seguiranno cercheremo di dar vita ad articoli, contenuti mediatici e digitali, interviste, video, dirette che verteranno su argomenti legati ai disturbi mentali, accogliendo richieste, dubbi e domande che (ci auguriamo) potranno nascere in rete.
Conosciamo
Quando e perché è nata l’associazione?
Animenta è un’associazione che nasce a Gennaio 2021, in piena pandemia. Nasce con un obiettivo: quello di far capire cosa significa realmente soffrire di disturbi dell’alimentazione e non è un caso, infatti, che tutto parta delle storie, non solo quelle dei fondatori, ma anche di tutte quelle persone che hanno scelto di raccontarsi. Le storie hanno il grande potere di permettere di rispecchiarsi e infondere speranza: creano empatia, accoglienza, comprensione.
Siamo partiti da tutto quello che ci è mancato quando ci siamo ammalati per poter creare una realtà che colmasse proprio quei vuoti: dal mondo dell’informazione al match esperto-paziente, dallo sportello di ascolto al creare momenti di conoscenza e condivisione.
Come lavora Animenta?
Animenta nasce, inizialmente, come una pagina di informazione e sensibilizzazione sui social media. I social sono il canale più immediato per parlare con e ai giovani, per creare contenuti di valore e momenti di confronto. La pagina Instagram @animenta_dca è un luogo di ascolto e di accoglienza, ci sono i post Instagram, certo, ma anche le dirette con gli esperti del settore, i video realizzati con i volontari dell’associazione.
Solo in un secondo momento abbiamo deciso di costituirci come associazione e da lì, appena ce n’è stata la possibilità, abbiamo iniziato delle attività in presenza sul territorio laziale, e non. Oggi collaboriamo con le università, con le scuole, con enti privati e con esperti, con lo scopo di fare concretamente la differenza per le persone. Portiamo avanti il tutto su due binari paralleli, l’online e l’offline grazie anche al nostro team di volontari che, sparsi in vari punti dell’Italia, ci danno supporto e ci permettono di arrivare un po’ ovunque ci sia necessità.
Perché la collaborazione tra Animenta e Generazione è importante?
ll nostro claim è Raccontare per sensibilizzare e forse la risposta è proprio in questa frase. Uno dei nostri obiettivi è fare informazione e sensibilizzazione sul tema dei disturbi dell’alimentazione e crediamo che avere uno spazio dedicato su un magazine possa essere davvero importante per arrivare a più persone possibili. Sono in tanti a riferire che un post o un articolo si sono rivelati utili per capire cosa stessero affrontando, per poi rivolgersi all’esperto più adeguato. Quindi, questo ci fa capire la potenza che ha il fatto di fare informazione e soprattutto di fare rete tra più realtà.
Che cosa significa normalizzazione e perché anche chi non soffre di disturbi dell’alimentazione potrebbe giovarne?
Partendo dall’etimologia della parola “normale”, il cui significato rimanda a “qualcosa di retto”, “la regola” ecc., possiamo comprendere che il punto non è tanto normalizzare, nel senso che i disturbi dell’alimentazione, o qualsiasi altra malattia mentale, non devono essere la regola o comunque ciò che si verifica con regolarità, ma (il punto è) guardare alla realtà e accettare che esistano queste situazioni senza vergogna e senza paura. Questo può giovare non solo alla persona che si trova a dover affrontare questa problematica, ma anche, e soprattutto, a coloro che la vivono indirettamente: continuare ad essere ignoranti (nel senso di ignorare, non vedere) serve a ben poco.
Iniziare invece a riconoscere che i Disturbi del Comportamento Alimentare sono malattie mentali, che hanno una loro dignità, che non sono dei capricci e che quindi esistono, avalla la possibilità di aprirsi, di informarsi, di conoscere e quindi di imparare anche come comportarsi rispetto a determinate situazioni.
Consapevoli del fatto che non esista un libretto delle istruzioni standardizzato, possiamo con certezza affermare che la conoscenza permette comunque di riuscire ad orientarsi in un momento di difficoltà, sia che si parli di pazienti che di persone esterne a tutto ciò.
Ringrazio, dunque, Animenta per la magnifica opportunità e auguro a tutti noi un enorme in bocca al lupo per questo nuovo inizio.
Autori
Animenta è un’ associazione nata con l’obiettivo di raccontare per sensibilizzare sui disturbi del comportamento alimentare. Animenta nasce per creare momenti di ascolto, confronto e accoglienza per chi ha affrontato o sta affrontando un disturbo del comportamento alimentare e nasce per portare un cambiamento reale in un settore lasciato nell’ombra per troppo tempo. Grazie ad Animenta viene fatta informazione e sensibilizzazione con i ragazzi del liceo e delle università, si creano di momenti di confronto e discussione su tematiche ancora troppo poco affronta e attraverso raccolte fondi, l’associazione vuole supportare in futuro le famiglie che affrontano queste malattie.
Mi sono laureata in Filosofia a Roma. Ho vissuto per un po’ tra i fiordi norvegesi di Bergen e prima di questa esperienza mi reputavo meteoropatica, ora non più. Mi piace la montagna, ma un po’ anche il mare. Il mio romanzo preferito è il Manifesto del Partito Comunista e amo raccontare le storie.