West Ham-Millwall: dalla working class agli hooligans, la storia del Dockers Derby

Nell’Est End di Londra la rivalità più accesa è fra le due squadre dei Docks, che condividono le origini proletarie e la fama di hooligans più temuti.

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Londra, la culla del calcio

Londra è considerata la metropoli europea per eccellenza, la città in cui si esprime al meglio il concetto di diversità e subcultura. La stessa conformazione cartografica della città, suddivisa in molti borghi e sobborghi, presuppone la creazione di comunità sociali e culturali che vivono parallelamente al comune sentimento cittadino e nazionale. Comunità con un proprio immaginario, una propria identità. E cosa c’è a Londra di più identitario del football?

Il calcio unisce e divide, crea senso di appartenenza, spesso per contrapposizione. Sono ben dodici le squadre professionistiche presenti sul territorio, specchio di altrettante tifoserie con un preciso trascorso storico. Gli antagonismi si incrociano e sovrappongono. Nella maggior parte dei casi la rivalità è direttamente proporzionale alla vicinanza fra gli stadi: Fulham e Chelsea hanno sede nel medesimo quartiere, Arsenal e Tottenham si contendono la zona nord, Crystal Palace e Charlton hanno addirittura condiviso l’impianto di gioco per qualche anno. Altre volte c’è qualcosa di più profondo. Il “derby dei Dockers” fra West Ham e Millwall non si può ridurre a motivazioni di natura urbana. Le ragioni della rivalità più accesa e affascinante di Londra vanno ricercate nella storia: un salto a ritroso è d’obbligo.

Le origini proletarie e lo sciopero del 1926

L’origine di entrambe le squadre affonda le radici nella working class, la classe proletaria londinese, da sempre polarizzata nell’ Est End della City. Tra fine Ottocento ed inizio Novecento lo scenario era squallido: la cosiddetta “Londra buia”, dominata dagli slums, dai bassifondi, era un disordinato sovraffollamento di case con condizioni di vita al limite. Qui si addensavano anche la gran parte dei flussi migratori, mentre Jack lo squartatore ed altri malviventi contribuivano costantemente ad innalzare il tasso di criminalità. Sulle rive del Tamigi gli addetti della “Iron Thamesworks” fabbricavano navi nei Royal docks, alcuni dei più grandi bacini commerciali dell’est di Londra. Gran parte degli operai della Iron Thamesworks risiedevano nel quartiere West Ham e sostenevano l’omonima squadra di calcio fondata nel 1895 da Arnold Hills, allora direttore dell’azienda.

Il West Ham ricorda questa matrice operaia nello stemma, dove sono sempre raffigurati i martelli. Poco distante, nel Millwall Docks, lavoravano alle conserve alimentari i portuali dell’azienda J.T. Morton. Nel 1885 un gruppo di lavoratori dell’azienda, per lo più scozzesi, aveva fondato il Millwall Rovers, poi Millwall Athletic, scegliendo i classici colori bianco e blu: inevitabilmente i portuali della Morton ne divennero i più accesi sostenitori. A fine ‘800, dunque, sulle rive del Tamigi, nel nucleo proletario e più povero della città, iniziavano a prender forma due delle tifoserie di football più focose, che di lì a poco sarebbero divenute acerrime rivali.

Il 16 maggio del 1926 la TUC, confederazione sindacale inglese creata a Manchester nel 1868, indisse uno sciopero generale. Gli operai dell’industria navale aderirono per primi e lo sciopero creò gravi danni ai proprietari dei docks; tuttavia, i portuali della Morton furono fra i pochissimi lavoratori a boicottare la protesta, continuando regolarmente il loro lavoro. La scelta irritò non poco i colleghi della Thamesworks: nelle strade scoppiarono disordini e scontri, un’autentica guerriglia urbana che si protrasse per giorni. E terminati gli scontri nelle strade, la rivalità si trasferì sugli spalti.

La guerra criminale degli anni ’60 e il derby del 1972

Un’ulteriore impennata dell’antagonismo fra le parti ebbe luogo nel corso degli anni Sessanta. In quel periodo due famiglie si contendevano il primato nella malavita londinese: i Kray, originari dell’East End e tifosi del West Ham, e i Richardson, provenienti dal sud della città e sostenitori del Millwall. I terribili gemelli Ronnie e Reggie Kray dominavano i racket delle scommesse e della prostituzione, mentre Charlie ed Eddie Richardson prediligevano furti, usura e ricettazione. Gli scontri fra le due bande erano la trasposizione in ambito criminale della rivalità sportiva fra i due club; ogni derby era l’occasione per dimostrare la superiorità sulll’Est End.

Fra i molti derby che sono stati teatro di scontri merita di essere menzionato quello del maggio 1972, uno dei più violenti della storia. Il Millwall decise di organizzare una partita in onore di Harry Cripps e scelse come avversario proprio gli acerrimi rivali del West Ham, per una sorta di battaglia finale: sui volantini che circolavano prima del match si parlava di “Giorno del Giudizio”. La polizia, che per la prima volta si servì degli elicotteri, faticò non poco a contenere i tafferugli. Fu una serata di scontri terribili, sia all’interno che fuori dallo stadio. Molte stazioni dei treni e della metropolitana furono devastate: era l’inizio della stagione più cruenta degli hooligans.

Gli hooligans: violenza operaia e riadattamento politico

Il termine “hooligans” nacque nel primo Novecento dalla Hooley’ Gang, banda giovanile di teppisti irlandesi appartenenti alla working class. Poi, in ambito calcistico, finì per indicare i gruppi più ribelli e violenti delle tifoserie, sempre in prima linea negli scontri.

Gli hooligans del West Ham e del Millwall erano fra i più temuti. La curva del Millwall era dominata dai terribili Bushwackers: ispirati alle truppe irregolari della Seconda Guerra Mondiale, idearono i “Millwall bricks”, giornali bagnati e arrotolati, utilizzati come armi. Sull’altra sponda, gli ultras del West Ham erano riuniti sotto la sigla I.C.F. (Inter City Firm). «Congratulazioni, hai appena incontrato la I.C.F.», così recitava il bigliettino da visita che gli hooligans lasciavano ai tifosi feriti delle squadre avversarie. Negli anni Settanta e Ottanta gli hooligans divennero un fenomeno sempre più violento e diffuso. Non mancarono episodi finiti in tragedia: nel 1976 un tifoso del Millwall morì sotto un treno alla fermata di New Cross; stessa sorte per un sostenitore del West Ham, accoltellato a morte due anni dopo.

Il bigliettino da visita che gli hooligans del West Ham lasciavano ai tifosi delle squadre avversarie durante gli scontri

Cosa si nasconde dietro questo fenomeno? Dove nasce l’odio, la violenza, il rancore? Guardando la carica violenta delle azioni, l’estetica e la simbologia, si potrebbe supporre un orientamento politico di estrema destra. In realtà l’hooliganism, almeno inizialmente, ha poco a che fare con la politica: la violenza e la ribellione scaturiscono da ragioni sociali. Il fenomeno degli hooligans è l’evoluzione di un altro movimento giovanile, quelo degli skinhead. Ne facevano parte i ribelli ragazzi del sottoproletariato, spesso condannati a una vita senza molte prospettive. Gli skinhead cercavano di portare la loro voce di protesta negli stadi, in particolare nelle curve: l’unico posto dove gridare, sfogarsi, mostrare a tutto il mondo la rabbia repressa. Nella curva, l’operaio poteva recuperare quell’identità che stava pian piano perdendo in un processo produttivo sempre più automatizzato.

Le teste rasate e gli stivali anfibi non nascono come repertorio simbolico nazifascista, ma derivano principalmente dalle esigenze lavorative delle classi proletarie da cui la maggior parte degli ultras proviene. Non si trattava, quindi, di una divisa da combattimento, come molti hanno teorizzato, bensì di uno stile strettamente legato alle proprie origini, alla necessità di igiene e sicurezza sul lavoro. L’immagine del tifoso hooligan politicamente schierato a destra è uno stereotipo da smascherare; l’animosità e la violenza scaturivano dalle difficili condizioni di vita, dai salari bassi, dalla subalternità sociale: una frustazione che ha trovato la forma più deformata di sfogo fuori e dentro gli stadi.

Se questa è la matrice principale dell’hooliganism, tuttavia risulta difficile non pensare ad una connotazione politica. Nell’immaginario degli skinhead e poi degli hooligans, oltre alla sentita appartenenza di classe, è presente anche un fiero patriottismo. Nel corso degli anni Settanta questo patriottismo ha trovato un punto d’incontro con le istanze del neonato National Front, partito politico di estrema destra. Nei quartieri periferici alcuni fra gli skinhead iniziavano ad essere influenzati da idee xenofobe. Una parte degli hooligans abbracciò questo modo di pensare, riversando l’odio non più verso la società borghese, ma verso le molte etnie che convivevano a Londra, specie nell’Est. Consequenzialmente, la simbologia proletaria fu riadattata al pensiero politico di estrema destra.

È sbagliato, dunque, generalizzare il fenomeno degli hooligans, etichettarlo. Esistono diverse fazioni, alcune apolitiche, altre orientate a sinistra, altre ancora a destra. L’unico denominatore comune è la violenza: talvolta alimentata dall’insofferenza, altre dall’intolleranza.

Autore

Nasco a Roma nel 1997. Formatomi sui precetti morali del Re Leone, mi laureo in lettere e divento giornalista pubblicista. Appassionato di sport e storie di sport, nella vita faccio il centrocampista. Amo il mare e detesto il sensazionalismo quasi più degli anfibi.

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