Nella cultura occidentale, la morte e la resurrezione di Cristo costituiscono dei nuclei tematici centrali dal momento che, nei secoli, sono stati ripresi e sviluppati in varie forme artistiche. E il tema della Pietà è sicuramente il più fortunato. Una madre e suo figlio stretti nell’ultimo saluto, in un percorso che parte da Michelangelo, passando per Kurt Cobain, arrivando, infine, al cinema di Kim Ki-Duk e Pasolini.
Ma perché è stato scelto proprio questo momento così tante volte? Sicuramente si tratta di un passaggio che assume una grande importanza teologica, ma qual è il motivo della grande fascinazione artistica sul soggetto del corpo di Gesù tra le braccia di sua madre?
Torniamo per un momento indietro, al primo esercizio di lettura che si può fare di un’opera d’arte, qualsiasi sia il soggetto. Due parole greche sicuramente possono guidarci: èkphrasis e pathos, due ingredienti fondamentali per la buona riuscita di un’opera. La prima allude ad una lunga tradizione interpretativa, quella della descrizione emozionante dell’opera d’arte, e la seconda alla passione messa in atto nell’operazione.
Ammesso che l’artista voglia relazionarsi con lo spettatore in modo da scuoterlo ed impressionarlo, e soprattutto di interrogarlo, ebbene, quale tema se non quello della morte del figlio di Dio, emoziona al di là di ogni fede e professione religiosa?
Fabio Viale e il messaggio di pace universale veicolato dalla Pietà
La pietà è un tema davvero inesauribile: da Francisco Goya a Francis Bacon, da Gauguin a Leonardo, da Cimabue a Guttuso, passando certamente per quella di Michelangelo. Una delle più recenti ed interessanti rivisitazioni della celebre scultura è quella di Fabio Viale, artista straordinario che riveste i classici della scultura con un look ed uno sguardo molto contemporaneo.
La figura di Maria, la madre addolorata, è un archetipo di femminilità presente nelle scene ritratte nelle opere di tutti i tempi, perché consente di universalizzare e divinizzare assieme la maternità e di rendere partecipe lo spettatore di un sentimento conosciuto da ogni essere umano: l’amore della madre per un figlio.
Fabio Viale ne trae un messaggio di pace e di fratellanza universale, in un percorso che nasce nel 2007 con Souvenir Pietà (Cristo), in tutto identica all’originale opera rinascimentale per poi proseguire con Souvenir Pietà (Madre) 2018, in cui, utilizzando il calco vuoto, l’opera si trasforma: ad un Cristo vacante viene sostituito il corpo – reale, non di marmo- di un migrante in attesa di asilo.
La fortuna delle variazioni sul tema è garanzia della sua universalità
Come succede, quindi, che una fortuna enorme investa un’iconografia nella storia delle immagini? La ricerca pop di David Lachapelle, l’ansia metafisica e politica del Vangelo di Pasolini, il linguaggio prosaico di Caravaggio, la video art di Bill Viola, il misterioso cenacolo di Leonardo, lo strazio di Goya, il sudario trasparente di Sammartino, e infine la già citata Pietà di Michelangelo, fonte inesauribile di revisioni e variazioni sul tema.
Sono tanti gli esempi che potremmo citare: ma perché il percorso di questa iconografia è così potente ancora oggi e persiste come una vera e propria impronta mistica nei modelli dell’arte occidentale?
La risposta, in parte data all’inizio di questo articolo, è sicuramente da rintracciare nella forte carica espressiva ed umana, nonché alla sua capacità di resistere nei secoli all’interno di una cultura variegata e ormai globalizzata.
Ma la carta vincente è la sua capacità di irradiarsi anche in linguaggi ben distanti dalla teologia e dall’ortodossia – vedi Lachapelle – che certamente ha valicato il limite della blasfemia, fotografando Kurt Cobain nelle vesti del Cristo morto: ma il discorso potrebbe non ridursi qui. Per quanto la citazione della posa della Pietà sia stata oggetto di aspre critiche, quanto di questo può essere un coraggioso omaggio piuttosto che un tradimento della morale cattolica? Un interrogativo che certamente, lascia spazio a molte riflessioni.
Autore
Roma, Classe '97, i miei genitori si sono sposati davanti all'Estasi di Santa Teresa del Bernini. Ho il viso tondo di mia nonna, gli occhi stropicciati e, per ora, qualche forma di estasi l'ho provata grazie all'arte. Dico sempre di credere in Dio, a patto che mi spieghi un paio di cose. Attualmente studio "Letteratura Musica e Spettacolo" alla Sapienza, collaboro come autrice presso "L'incendiario - rivista di letteratura" e vorrei scrivere il romanzo della mia vita.