Gluck, l’artista che a fine ‘800 rifiutava i pronomi binari

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«Per favore restituire in buone condizioni a Gluck, senza prefisso, suffisso o virgolette». Così scriveva dietro ai suoi dipinti.

Gluck è il nome che l’artista aveva scelto al posto di quello assegnato alla nascita – Hannah Gluckstein – che essendo femminile non rispecchiava la sua identità. Un nome neutro che non voleva fosse preceduto o seguìto da appellativi come signor o signora, in cui non si rivedeva, e che non doveva essere considerato un soprannome.

Una richiesta semplice ma ancora oggi molto difficile da accettare socialmente: non essere identificati con una donna né con un uomo. Gluck, però, nacque a Londra nel 1895, quando parlare di diritti civili era sicuramente più complesso rispetto ad oggi.

Biologicamente femmina, fece dell’arte la sua professione e fu indipendente dagli uomini, una rarità all’epoca. I suoi genitori, che pure permisero a Gluck di studiare arte e comprare un laboratorio finanziando le sue spese, non condividevano affatto le sue scelte.

Peter (una giovane ragazza inglese)

«Una ragazza di nome Peter, con i capelli corti e abiti maschili». 

È così che Romain Brooks ritrae Gluck tra il 1923 e il 1924. L’alternanza di maschile e femminile esprime l’identità di Gluck, che non si riconosceva propriamente in nessuno dei due generi. La determinazione di Gluck nel pretendere il rispetto per la propria identità portarono l’artista a chiudere anche rapporti lavorativi con chi utilizzasse nei suoi confronti il nome di nascita, quello che è oggi noto come dead name, o che accompagnasse al suo nome l’appellativo miss.

In una lettera scritta al fratello 1918 Gluck gli annunciava entusiasta di aver cambiato stile, adottando un abbigliamento maschile: «Piace a tutti. Spero ti piacerà perché ho intenzione di indossare sempre quel genere di vestiti».

Gli invisibili

Gluck ebbe diverse relazioni sentimentali nella sua vita, sempre con delle donne. Spesso le sue compagne hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua arte, anche perché tutte loro furono artiste e donne di grande cultura.

Una di loro fu proprio Romain Brooks, l’autrice del dipinto Peter (A Young English Girl). Pittrice bisessuale, manteneva economicamente il marito da cui era separata ma non divorziata. Brooks ebbe relazioni con personaggi del mondo dell’arte come la ballerina Ida Rubinštejn, Gabriele d’Annunzio e soprattutto la scrittrice e poetessa Natalie Clifford Barney, probabilmente il suo vero grande amore.

Peter (A young English girl)

Nell’Inghilterra di quel tempo l’omosessualità era un reato: dal 1533, ai sensi del Buggery Act proclamato sotto il regno di Enrico VIII, l’omosessualità era considerata illegale e punita con l’impiccagione; nel corso del tempo la pena di morte fu sostituita da quella carceraria, ma non si ebbero modifiche riguardo la considerazione criminale degli atti omosessuali fino al 1967. In quell’anno fu promulgato il Sexual Offences Act che decriminalizzava gli atti omosessuali quando consumati in luogo privato tra adulti di età maggiore ai 21 anni.

Se questo può sembrare un grande passo avanti bisogna in realtà considerare che qualsiasi atteggiamento in pubblico poteva essere considerato ambiguo e sospetto e portare grossi problemi nella vita di chi venisse scoperto omosessuale. Dal 1968, in seguito alle lotte e alle grandi proteste sociali, la situazione è iniziata a cambiare, anche se chiaramente la legge non sempre si muove allo stesso passo dei tabù portati avanti da una società.

Invertite

Le relazioni tra persone biologicamente femmine, invece, non erano reato in Inghilterra, ma non per questo erano accettate. Nel 1921 il Parlamento inglese tentò di criminalizzare il lesbismo, ma il progetto fu abbandonato perché si temeva che una legge simile avrebbe pubblicizzato il fenomeno incitando le donne a provarlo. Questo mostra la scarsissima considerazione che la società aveva non solo delle lesbiche ma delle donne in generale.

Al 1928 risale quello che è erroneamente considerato il primo romanzo che tratta esplicitamente di relazioni lesbiche, The Well of Loneliness di John Radclyffe Hall, biologicamente femmina ma con un’identità di genere maschile. Come Gluck, anche John intratteneva apertamente relazioni sentimentali con donne sfidando la morale del suo tempo. Il libro, in cui il personaggio protagonista ha un corpo di donna, un’identità maschile e un’attrazione sessuale verso le donne, subì un processo per oscenità e fu censurato nel Regno Unito fino al 1959.

Nel romanzo viene utilizzata la parola invertit, calco linguistico dal tedesco coniato nel 1878 dal medico Arrigo Tamassìa per indicare le persone in cui si riscontrassero comportamenti considerati tipici non del proprio sesso biologico ma di quello opposto. Con questa parola, che oggi sopravvive in un’accezione offensiva e negativa, si indicavano in origine sia le persone omosessuali che quelle transessuali o non binarie. Nel libro il personaggio protagonista non è infatti una donna lesbica, quanto piuttosto un uomo transessuale.

Per diverse edizioni del libro sono stati utilizzati come copertina quadri che ritraggono Gluck o realizzati direttamente dall’artista, soprattutto il suo Medallion (YouWe)

YouWe

«Appare assolutamente di scarsa importanza tutto ciò che non sia noi o non sia connesso a noi» scriveva Gluck in una lettera a Nesta Obermer, l’unica donna per cui secondo le sue parole abbia provato un amore profondo e sincero.

Una storia tormentata e dolorosa per Gluck, perché Nesta non lasciò mai il marito Seymour e decise invece di troncare la relazione con l’artista.

Dalle lettere rimaste emerge un amore totalizzante da parte di Gluck nei confronti di Nesta, a cui dedicava i suoi pensieri e le sue attenzioni distogliendole anche dalle questioni lavorative. Per Gluck la loro relazione era a tutti gli effetti un matrimonio seppur non celebrato ufficialmente, in cui l’artista ricopriva il ruolo di marito mentre Nesta era la sua adorata e amatissima moglie.

È lei la donna bionda ritratta nel suo dipinto Medallion (YouWe) alle spalle di Gluck in primo piano. Il quadro risale al 1936, anno in cui è nato il loro amore. Più precisamente Gluck lo dipinse dopo aver assistito con Nesta a una riproduzione del Don Giovanni di Mozart ad opera di Fritz Busch, durante il quale la coppia si sentì altamente unita e connessa attraverso la musica, come se loro anime si fossero fuse insieme.

Medallion (YouWe)

Dovettero passare anni prima che il dipinto fosse riconosciuto come la rappresentazione di una coppia romantica. Per l’invisibilità forzata e il tabù a cui erano sottoposte le relazioni queer quest’opera era interpretata dai più come la raffigurazione di Gluck e del suo alter ego piuttosto che dell’artista e della donna che amava.

È inusuale per l’epoca il modo in cui è espresso questo rapporto, perché solitamente le relazioni lesbiche o queer erano estremamente sessualizzate e non raffigurate in maniera pura e platonica come accadeva invece spesso per le relazioni eterosessuali. 

He/She/They

Quando si parla di identità di genere, fluidità di genere, non binarismo o specificazione dei propri pronomi ancora molte persone ridono o storcono il naso.

C’è chi considera tali questioni come follie all’ultima moda, frutto di turbe personali e generazionali appoggiate dalla tanto temuta dittatura del politicamente corretto, che toglie la libertà d’insulto e il diritto alla mancanza di rispetto.

Contrariamente a questa versione, da sempre esistono persone in cui sesso biologico e identità di genere non coincidono. Anche in periodi storici complessi come quello delle guerre mondiali, a smentire la tesi del mese di servizio militare come soluzione per ogni condizione considerata diversa dalla norma.

Le sciocche teorie di chi percepisce come capricci o esagerazioni i coming out e le richieste di determinate accortezze anche linguistiche cadono miseramente di fronte alle storie delle persone che lottano per affermarsi rinunciando alla tranquillità e al rispetto di cui potrebbero altrimenti godere.

Fa riflettere come già Gluck nel suo tempo, quando questo tipo di tematiche erano considerate uno scomodo tabù, considerasse centrale l’aspetto linguistico su cui ancora oggi si discute e si fanno purtroppo tentativi di ironia che risultano in realtà squallidi e inopportuni, se non violenti e offensivi.

Fa riflettere il fatto che se Gluck vivesse oggi si troverebbe a combattere pressocché le stesse battaglie.

Autore

Chiara Magrone

Chiara Magrone

Autrice

Chiara, laureata in Lettere. Mi piace leggere di tutto, dai romanzi di Orwell ai foglietti caduti dalle tasche di qualche sconosciuto. Spero in un colpo di genio che dia una svolta alla mia vita, intanto bevo birrini.

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