Elli Papakonstantinou porta in scena la liberazione della società

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«Amo i greci perché c’è apertura, tutti i limiti vengono sfidati. Gli eroi si travestono e massacrano le loro famiglie, vedi Ercole. Le donne, come Antigone, stabiliscono nuovi standard di democrazia», racconta Elli Papakonstantinou, che dal 30 settembre all’1 ottobre porterà in scena al Romaeuropa Festival la sua ultima opera teatrale The Bacchae.

Ispirandosi all’omonima tragedia di Euripide, la regista crea un mondo proiettato al futuro, nel quale i limiti della società contemporanea vengono superati. Dioniso, dio del vino, scende sulla Terra per distruggerla, guidato da uno spirito di vendetta. La sua caduta, però, non genera devastazione. Alla fine la sua venuta tra gli esseri umani porta alla loro liberazione, attraverso la realizzazione di ogni loro desiderio. Elli Papakonstantinou mette in scena tutto ciò unendo parola, video, musica dal vivo e danza, dando vita a un nuovo linguaggio teatrale, a partire dall’antica Grecia e dal mito. Non è la prima volta che la regista attua un processo di riscrittura e capovolgimento della tragedia antica. L’anno scorso, sempre al Romaeuropa Festival, aveva portato in scena Traces of Antigones.

Cosa rappresenta per te la mitologia greca?

«Arthur Rimbaud diceva: “Io sono l’altro”, cioè sono nel movimento, sono ciò che sogno. In questo senso, i Greci sono una buona fonte a cui rivolgersi, soprattutto nel mondo materialista in cui viviamo, che invece trascura e ignora del tutto il fascino della mitologia».

Nelle tue opere, partendo da tragedie antiche, parli del presente. Racconti storie queer e pop che valicano ogni tabù e confine. In che modo l’antica Grecia e la sua cultura ti aiutano a farlo?

«I greci erano soliti lavorare sui miti esistenti e poi modificarli per darne una propria versione. È così che lavoro io. Riscrivo storie e narrazioni preesistenti del nostro tempo, rovescio gli stereotipi contemporanei. Per esempio, leggo il mito di Antigone attraverso una prospettiva femminista o le Baccanti attraverso la queerness contro il politicamente corretto».

Sul tuo palco gli attori non recitano soltanto, ma cantano e danzano. In particolare, in The Bacchae alcuni personaggi si vestono con abiti e trucchi esagerati, che ricordano, in parte, l’universo delle drag queen. Perché?

«Voglio creare esperienze che superino i confini e non si limitino a manifestare idee. Lavorare con interpreti di diversa provenienza è comune e molti registi lo fanno oggi. Nel mio caso, tutti i linguaggi si mescolano in un pastiche barocco. Credo che questo sia il mio modo di percepire il mondo.

Nello spettacolo Teiresias è presentato come una drag queen. Nina Nai, che lo impersona, è l’alter ego del cantante lirico Giorgos Iatrou.. Questo è il mio unico riferimento alle drag queen: Teiresias. Nello spettacolo si possono individuare altri generi e poi tutti si trasformano di nuovo durante la rappresentazione. Si tratta di fluidità di genere».

In The Bacchae, Dioniso, invece di compiere vendetta e distruggere la Terra, porta tutti a realizzare ed esprimere i propri desideri, liberandoli dai vincoli della società. Credi che oggi il mondo abbia bisogno di questa liberazione?

«Assolutamente sì! Liberazione dall’ideologia fascista tradizionale e dal puritanesimo che domina il mondo. E anche dalla rigida correttezza politica che blocca la mente. Liberazione anche dalle regole estetiche, dai generi estetici».

Metti in scena la sessualità senza tabù, senza vincoli, senza tutti i limiti imposti dalla società. Oggi, secondo te, stiamo andando avanti o, invece, stiamo tornando indietro su questo tema?

«Diciamo di essere questo e quello, ma sembra che in realtà ci asteniamo dal corpo, dai nostri desideri. Lo spettacolo proclama la libertà: non sapere veramente chi siamo, ma sentirci liberi di sperimentare la vita: la libertà del corpo potente».

Come pensi che la riscoperta della tragedia antica possa aiutare i giovani? E quali sono, secondo te, gli errori che la scuola commette nell’insegnare questo popolo?

«La scuola insegna i greci in modo distorto. È falso e nasconde la verità. La queerness è nei greci e questa verità viene nascosta. È persino un tabù parlare di coppie gay nell’antichità, che era la base della trasmissione del sapere – una forma di educazione».

Hai già delle idee per il futuro? Opere greche che ti hanno sempre affascinata e che vorresti sperimentare?

«In questo momento sto lavorando sul mito di Persefone per una nuova opera e il mio prossimo progetto è un cabaret femminista».

Autore

Nata a Ferrara, tra la nebbia e le biciclette. Quando non ho la testa tra le nuvole, mi piace nascondere il naso nelle pagine di un libro o dietro una macchina fotografica. Scrivo di lotte e diritti, mi piace raccontare dei posti e della gente di cui nessuno parla mai. Frequento assiduamente i mercatini dell’usato e al tiramisù non dico mai di no, queste sono le uniche regole di vita che mi so dare.

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