Noi donne ascoltiamo il true crime per imparare a difenderci

Tra fascinazione e realtà: perché il true crime attrae il genere femminile e cosa ci può insegnare sulla nostra società

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Fin da quando ne ho memoria, sono sempre stata affascinata dalle narrazioni autentiche di omicidi, rapimenti, sparizioni, stalking e violenze. Forse ha sempre guidato la mia curiosità il desiderio di comprendere la psiche dei serial killer, o magari la ragione è perché ho sempre trovato un legame empatico con le vittime; fatto sta che, alcuni anni fa, quando ammettevo la mia attrazione per i casi true crime, notavo una reazione di stupore significativo negli uomini, probabilmente a causa del preconcetto diffuso secondo cui solo le persone di sesso maschile sono attratte dalle storie di violenza.

Tuttavia, oggi mi trovo a confrontarmi con un numero sempre crescente di donne che dedicano il loro tempo all’ascolto di podcast, alla lettura di libri e alla visione di film e documentari legati alla cronaca nera. Difatti, ad usufruire di questi prodotti sono in larghissima maggioranza donne.

Le statistiche di Spotify confermano l’incremento costante del pubblico femminile per i podcast true crime. Ad esempio, le autrici di Wine & Crime, che trattano di casi criminali sorseggiando vino, hanno dichiarato che l’85% dei loro ascoltatori è composto da donne. Anche la CrimeCon, un’importante fiera del settore, attrae un pubblico per l’80% femminile e circa il 70% delle recensioni di libri true crime è scritto da donne.

La domanda sorge spontanea: perché il true crime affascina maggiormente le donne?

Gli psicologi Amanda Vicary e Chris Fraley hanno indagato su questo fenomeno nel loro studio dal titolo “Captured by True Crime: Why Are Women Drawn to Tales of Rape, Murder, and Serial Killers?”. I risultati indicano chiaramente che le donne sono la principale audience di storie true crime, che siano presentate in forma di libro, podcast, documentario o serie televisiva.

La ricerca si è concentrata su una possibile spiegazione di questa fascinazione, suggerendo che il coinvolgimento delle donne potrebbe derivare da una percezione più elevata del pericolo. Le donne, sentendosi più esposte a certi tipi di violenze, mostrano un interesse maggiore rispetto agli uomini. Inoltre, le storie true crime che offrono indizi o suggerimenti pratici su come riconoscere il pericolo e cercare di mettersi in salvo sembrano avere una maggiore presa sul pubblico femminile, suggerendo una componente pedagogica nella fascinazione per la cronaca nera.

La ricerca cita anche un caso limite in cui una donna, Sheila Bellush, temendo violenze da parte dell’ex marito dopo il divorzio, chiese alla sorella di contattare un’autrice di best seller true crime nel caso in cui qualcosa le accadesse. Sheila fu infine uccisa da un sicario assoldato dall’ex marito e la scrittrice Ann Rule narrò la sua storia. Integrare un aneddoto simile ai dati dello studio suggerisce che la narrazione della violenza può diventare anche un mezzo di resistenza.

Vicary sottolinea l’apparente paradossale discrepanza tra la paura di essere vittima di un serial killer e la bassa probabilità statistica di morire in tale modo: gli uomini costituiscono la maggioranza delle vittime di omicidio e i crimini commessi da serial killer sono estremamente rari, rappresentando meno dell’1% del totale dei reati negli Stati Uniti.

L’osservazione di Amanda Vicary e Chris Fraley sul coinvolgimento predominante delle donne in questo genere di narrazioni si intreccia, quindi, con una realtà ancor più inquietante: la persistente paura delle donne di essere vittime di violenze, malgrado la bassa probabilità statistica di subire attacchi di serial killer. 

Questa discrepanza riflette la complessità della percezione del pericolo, influenzata da emozioni, esperienze personali e cultura. La persistente paura delle donne, nonostante la bassa probabilità di attacchi seriali, è probabilmente legata alla cultura dello stupro e alle violenze di genere.

Eventi traumatici isolati e la mancanza di fiducia nelle istituzioni contribuiscono a questa percezione.
Inoltre, la legittima paura femminile trova conferma nelle allarmanti statistiche di violenza, come evidenziato dal dato che in Italia, quando è noto l’autore, il 92,7% delle vittime femminili sono colpite da un uomo.

In questo tragico contesto, il true crime funge -o almeno ci illudiamo che sia così- da guida per le donne, offrendo consigli utili e pratici per non morire e per riconoscere i segnali di pericolo, non solo negli estranei ma soprattutto nelle relazioni personali, consentendo di essere più consapevoli e attente.
Le storie di crimini reali spesso rivelano dinamiche relazionali complesse e comportamenti abusivi, offrendo uno sguardo approfondito sui modelli di relazione tossica. Ascoltare o leggere su casi in cui il controllo, la manipolazione e la violenza hanno avuto conseguenze drammatiche può aiutare le donne a identificare comportamenti simili nelle proprie vite. Questo processo di apprendimento potrebbe contribuire a una maggiore consapevolezza delle dinamiche relazionali e, di conseguenza, favorire la capacità di riconoscere e affrontare precocemente situazioni potenzialmente dannose.

A questo proposito, Kelli S. Boling ha intervistato sedici sopravvissute a episodi di abusi domestici, chiedendo loro il motivo per cui ascoltassero podcast true crime. La sua indagine ha rivelato che le donne coinvolte cercavano un senso di comunità con altri appassionati e sperimentavano il lato terapeutico del true crime. Connettersi a esperienze vissute in modo reale offriva loro l’opportunità sia di immedesimarsi nelle vittime e apprendere strategie di autodifesa, sia forse di vivere in modo vicario esperienze eccessive e violente, altrimenti limitate dalle norme imposte dal patriarcato, come la compostezza. 

Dunque, il true crime può fornire alle donne un’illusoria sensazione di controllo e consapevolezza, ma non possiamo ignorare il fatto che la nostra paura poggia le basi in una società che continua a fallire. È tempo che la società smetta di relegare le donne a vivere nell’ansia e implementi misure concrete, come un’educazione all’affettività nelle scuole, per contrastare le radici profonde della cultura dello stupro, per sostenere le ragazze a riconoscere ogni forma di violenza ai primi segnali, per insegnare ai ragazzi la parità e la gestione delle emozioni e per promuovere un ambiente sicuro per tutti. Il true crime può essere un riflesso della nostra realtà, ma è imperativo che ci spinga oltre, verso un cambiamento effettivo e tangibile.

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