L’impatto ambientale della nostra libido: intervista con Dominic Pettman

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Quando esperti, scienziati e giornalisti parlano della crisi ambientale, il più delle volte fanno riferimento alle responsabilità dei consumatori. Chiamano in causa le aziende di fast fashion, i tentativi di greenwashing delle grandi multinazionali e la produzione di anidride carbonica degli allevamenti intensivi. Raramente denunciano il legame esistente tra il surriscaldamento globale e il sesso, tra lo scioglimento dei ghiacciai e la percezione dell’erotico. Contro corrente, Dominic Pettman in Ecologia erotica, professore di Media e New Humanities alla New School University di New York, parte invece proprio dalla domanda: «Qual è l’impronta di carbonio della tua libido?». Uno degli ultimi libri pubblicati dalla casa editrice Tlon propone una visione nuova e più consapevole della sessualità umana. Il messaggio dell’autore, però, non è semplice da cogliere. L’opera richiede pazienza e concentrazione per essere compresa nella sua complessità. Una volta superato l’ostacolo iniziale, Ecologia erotica è capace di catturare il lettore, generando in lui spunti di riflessione. Da qui, l’idea di rivolgere alcune domande direttamente a Dominic Pettman.

Com’è nata l’idea di indagare il legame tra i desideri erotici delle persone e la crisi ambientale?

«L’idea mi è venuta a partire da una serie di notizie di qualche anno fa. Nella produzione del bestseller 50 sfumature di grigio era stata usata una colla che aveva reso i libri non biodegradabili. Considerato il numero di copie vendute, si trattava di un disastro ecologico. Così, ho visto improvvisamente un legame diretto tra libido e impatto ambientale e ho iniziato a riflettere su come i desideri erotici degli individui abbiano un rapporto intimo con il pianeta. Ad esempio alcune aziende produttrici di preservativi presentano sulle loro confezioni animali selvatici in via di estinzione (gli stessi che presumibilmente si salvano non avendo figli). Oppure i sex toys ecologici. Pornhub ha persino organizzato una campagna “wood for wood”, in cui prometteva di piantare un albero per ogni ora di video guardati sul suo sito. Si tratta di esempi piuttosto banali, ma dimostrano che la libido e l’ecologia in generale sono legate tra loro». 

Quando si parla delle conseguenze che le abitudini umane hanno sul pianeta, la tendenza è accogliere ogni nuova informazione con l’espressione «ormai, non si può fare più nulla». Cosa risponderebbe l’autore di Ecologia erotica a chi, leggendo il titolo del libro, pensasse: «Ecco, ora nemmeno sesso possiamo fare»?

«Non sto certo scoraggiando nessuno dal fare l’amore! Al contrario. Sto solo sottolineando che l’amore è davvero qualcosa che facciamo – come le torte o le poesie o i pianoforti o le biciclette – e che dovremmo essere consapevoli del suo processo di realizzazione. È usa e getta e tossico come il “fast fashion”? O è lento ed ecologico, come lo “slow food”? In definitiva, non mi interessa tanto l’impatto diretto della libido sul pianeta – ad esempio, l’inquinamento prodotto da un aereo che porta uomini d’affari dall’Europa a un tour sessuale a Bangkok – quanto la questione più olistica e il contesto delle nostre abitudini, pensieri e comportamenti. Questi ultimi sono diventati sempre più automatizzati, pavloviani e condizionati da grandi sistemi progettati per svuotarci di energia e ambizione (al di là delle ambizioni di carriera). Questo, a sua volta, ci priva della volontà e dell’energia per combattere gli effetti distruttivi dello status quo. La globalizzazione capitalista non poteva essere progettata meglio per privarci di speranza, attenzione, cura e – cosa più importante, forse – del tempo necessario per godere dell’arte dell’amore! La nostra attuale claustrofobia digitale sembra essere stata progettata da Thanatos in persona. E come ben sapeva Freud, l’unico modo per combattere la pulsione di morte – che attualmente ha una forte presa sulla nostra specie – è più Eros, ossia con più amore».

È interessante anche l’idea che questa crisi della sessualità possa essere un’opportunità per la specie umana, un’opportunità per liberalizzare la nostra percezione dell’erotismo…

«Lauren Berlant è una teorica che distingue tra “desiderio” e “amore”. Il primo è piuttosto caotico, confuso, complicato e insaziabile. Può essere comunicato, messo in atto, espresso e vissuto in tutti i modi, solo alcuni dei quali sono attualmente socialmente approvati. L’amore, al contrario, è – per Berlant – un desiderio indisciplinato costretto a indossare abiti formali. L’amore è il volto pubblico e accettabile di forze più profonde e primordiali. L’amore è la “trama” a cui ci si aspetta che il desiderio si adatti: corteggiamento, matrimonio, monogamia, riproduzione. Berlant si chiede perché le nostre diverse attrazioni e i nostri legami “perversi” debbano essere ridotti a un’unica trama. In un certo senso, l’autrice riecheggia Charles Fourier, che aveva fatto un’argomentazione simile un paio di centinaia di anni prima e che aveva cercato di progettare un modo più utopico di relazionarsi l’uno con l’altro, al di fuori della “monogamia eterosessuale obbligatoria”. Naturalmente, la cultura queer ha esplorato queste possibilità per secoli. Ma hanno pagato un prezzo pesante per aver sfidato – o anche solo evitato – la trama dell’amore obbligatorio.

Oggi, con l’ascesa del poliamore, delle coppie di fatto, degli aromantici e così via, stiamo assistendo a una riscrittura collettiva del copione intimo: un’espansione delle possibilità e delle opportunità per la libido di connettersi e fiorire. E vorrei sottolineare ancora una volta che la “libido” non deve necessariamente essere ridotta al sesso o all’erotismo. Dà anche il nome all’istinto di riunirsi, di godere, di condividere più in generale. Quindi, la libido è presente ogni volta che si fa musica o si mangia con amici intimi e di propria volontà… tanto quanto in camera da letto».

Quali sono, secondo lei, le abitudini sessuali della specie umana che danneggiano maggiormente l’ambiente?

«Come già detto, ritengo che le nostre attuali abitudini sessuali siano un sintomo del problema, piuttosto che la causa diretta. Il vero problema è racchiuso nella sua domanda: il sesso è diventato un’abitudine, un riflesso… qualcosa che facciamo quasi come lavarci i denti, per scaricare la tensione. È intrappolato in cicli molto stretti e senza senso di eccitazione e climax. Forse è per questo che molte persone “abbandonano tranquillamente” la camera da letto, così come il posto di lavoro. Non ci si sente gratificati o eccitati nel modo in cui ci viene detto che dovrebbe essere. Siamo esausti, non solo a causa del covid, ma anche degli ultimi decenni di consumo accelerato e di moltiplicazione del lavoro. Questo stato depressivo della mente, del corpo e dello spirito è perfetto per farci comprare cose di cui non abbiamo bisogno e guardare cose che non ci piacciono nemmeno.

Da qui la mia proposta semiseria di un Green New Deal per la libido, che riavvii il nostro rapporto con noi stessi e con gli altri. In particolare, la condizione più importante per un eros rigenerato è il tempo: tempo lontano dalla fatica e dallo scrolling. Il primo potrebbe essere realizzato con qualcosa come un reddito universale di base o una settimana di 4 giorni, come stanno provando a fare in Islanda. La seconda condizione richiede un maggiore sforzo e volontà da parte nostra, per scambiare le distrazioni narcotiche della “zona macchina” con le seduzioni potenzianti di forme collettive di creatività e connessione non ancora sperimentate».

Come vivere la nostra vita sessuale nell’epoca della crisi ambientale?

«Più creativamente, più coraggiosamente e più in sintonia con modi di pensare, di essere e di vivere più lenti e aperti. Se amiamo davvero noi stessi e gli altri, potremmo riscoprire il mondo. Allo stesso modo, se amiamo davvero il mondo, impareremo di nuovo ad amare noi stessi e gli altri. È straordinario che diamo per scontate queste due cose miracolose. Eppure è così. Il pianeta – e il fatto surreale di essere vivi – tendono a essere solo lo sfondo o lo scenario per i nostri sforzi narcisistici o di branding. Mi rendo conto che questo suona molto utopico e probabilmente ingenuo. Ma questo è il problema dei discorsi d’incoraggiamento. Semplificano le cose per ottenere l’energia necessaria a fare cambiamenti attivi».

Ecologia erotica è stato scritto prima dello scoppio della pandemia di covid-19. Se potesse riprendere in mano l’opera oggi, cambierebbe qualcosa?

«Non radicalmente, no, perché tutte le tendenze che avevo già identificato sono state semplicemente accelerate o cristallizzate durante la pandemia. Ci stavamo già ritirando nelle nostre caverne digitali. E sebbene sia stato un momento in cui alcuni di noi hanno improvvisamente avuto un surplus di tempo – come speravo – questo vantaggio è stato sabotato dalle ansie legate al virus e dalla brutta sensazione associata all’ordine di rimanere a casa. Si spera che l’intera pandemia abbia funzionato come una radiografia, in retrospettiva, per mostrarci le ossa del problema. Temo, tuttavia, che preferiamo aggrapparci, con le mani in mano, alla “normalità”, piuttosto che operare i massicci e difficili cambiamenti di pensiero e di stile di vita di cui abbiamo bisogno per garantire che l’intero spettacolo terrestre possa continuare, senza crollare del tutto».

Il 2050 è l’anno che segna la fine del Pianeta, così come l’abbiamo sempre conosciuto. Come sarà la vita sessuale degli esseri umani nel 2050?

«Vorrei saperlo! Indovinare il futuro non è il mio forte. E la mia risposta può dipendere dal mio umore, che dipende dalle notizie che ho appena letto – se sono ottimista o pessimista. Il mio timore è che la situazione attuale si intensifichi, con le persone che hanno sempre meno tempo per coltivare relazioni nutrienti tra loro e con quello che Kate Bush chiamava “il mondo sensuale”. Al contrario, potremmo sprofondare ancora di più nell’isolamento, nell’ansia, nell’alienazione e in una generale amnesia riguardo alla capacità di coltivare un’arte della vita. Lascio l’effettiva reimmaginazione dell’amore e del desiderio ai più giovani, che spero abbiano più energia, immaginazione e coraggio di me.

Il mio libro è un tentativo di avviare una conversazione più ampia sulla protezione del nostro tempo e sulle opportunità di creare legami più profondi, duraturi e gratificanti con gli altri. Dobbiamo iniziare a pensare meno in termini di economia immediata (cioè investimenti, profitti, spese e così via) e più in termini di ecologia a lungo termine (equilibrio, sostenibilità, intreccio e così via). Da qui il mio appello per una “ecologia libidica”, che sfidi il pensiero a breve termine e i piaceri superficiali dell’attuale economia sessuale.

In breve: spero che la nostra vita sessuale comporti presto meno sensi di colpa, meno vergogna, meno costrizione, meno ostilità, meno risentimento, meno ego, meno abitudine, meno malessere, meno gelosia, meno nevrosi, meno iperfocalizzazione, meno bagaglio, meno insicurezza, meno uso dell’altro come protesi masturbatoria. E più collaborazione, più confabulazione, più gioco, più curiosità, più generosità, più pazienza, più multisensualità, più kink, più creatività, più sperimentazione, più malizia, più immaginazione, più divertimento, più ambizione, più presenza, più inclusività, più apertura, più seduzione, più intimità, più sorpresa, più empatia e, infine, più tempo».


Su Egologia erotica Generazione Magazine ha anche fatto una diretta Instagram.

Autore

Nata a Ferrara, tra la nebbia e le biciclette. Quando non ho la testa tra le nuvole, mi piace nascondere il naso nelle pagine di un libro o dietro una macchina fotografica. Scrivo di lotte e diritti, mi piace raccontare dei posti e della gente di cui nessuno parla mai. Frequento assiduamente i mercatini dell’usato e al tiramisù non dico mai di no, queste sono le uniche regole di vita che mi so dare.

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