Le storie degli altri sono importanti per comprendere i percorsi dei movimenti e delle comunità a cui apparteniamo. E proprio le storie degli altri, come momento di auto-riflessione, sono l’oggetto di Eclissi, il podcast nato nell’autunno del 2021 e sviluppato da Pietro Turano, attivista, portavoce di Gay Center e consigliere nazionale di Arcigay, insieme a Dante Antonelli per Cross Productions. Sei puntate dedicate a storie di autodeterminazione e rivincita di sei persone LGBTQIA+ provenienti da età e universi apparentemente distanti ma che allo stesso modo sono state imprigionate nel cono d’ombra proiettato dall’intolleranza e l’incomprensione del mondo che le circonda. Lo stesso oggetto avrà Eclissi Talk, un dibattito con la presenza in sala dei protagonisti del podcast, della scrittrice Michela Murgia e accompagnato dalle musiche dal vivo di Umberto Gaudino. L’appuntamento è per stasera al Mattatoio di Roma, all’interno della rassegna Romaeuropa Festival.
Ma prima che vada in scena, ho raggiunto Pietro Turano a Testaccio durante le prove e mi sono fatto raccontare del podcast e del talk di stasera. Per comprendere meglio il senso, il futuro e gli obiettivi delle lotte intersezionali.
Iniziamo parlando del progetto: cos’è o cosa sono le Eclissi?
«Eclissi è un podcast che nasce dal desiderio di ritagliare uno spazio di racconto e di narrazione per la comunità LGBTQIA+ che fosse abitato anche e soprattutto dalle persone della comunità. Volevamo che le narrazioni fosse auto-narrazioni e le rappresentazioni auto-rappresentazioni; uno spazio in cui raccontare i percorsi individuali e il passaggio, nella vita di ognuno e ognuna di loro, dall’ombra alla luce».
Da qui il titolo del podcast.
«Il titolo, Eclissi, è un po’ una metafora per raccontare questo passaggio. Un fenomeno naturale, un passaggio che esiste nella vita delle persone».
Un concetto, quello delle eclissi, che arriva in teatro proprio in prossimità del Coming Out Day che si celebrerà domani per ricordare l’importanza di questa azione.
«In qualche maniera tutte le storie raccontate nel podcast erano storie di coming out. Quindi, nel momento in cui con Romaeuropa Festival abbiamo deciso di portarlo fuori e renderlo pubblico, non c’era momento migliore di quello del Coming Out Day, la celebrazione della visibilità delle persone».
Eclissi racconta storie, apparentemente diverse, di persone comuni. Ma in qualche modo dialogano tra di loro; in che modo?
«Tutte le storie sono diverse, ed è stato anche uno dei criteri adottati nella costruzione del progetto. Ma dopo averle ascoltate, conosciute e riscritte, abbiamo scoperto dei punti in comune nelle differenze. Di base, la discriminazione e l’emarginazione sono elementi ricorrenti nelle storie di tutti e di tutte loro. L’omofobia, la transfobia e l’abilismo sono dei fenomeni che nascono dalle stesse cose. È poi il riscatto da queste condizioni che assume forme diverse».
Racconti storie molto personali che riguardano intimamente i protagonisti. Eppure, riescono in qualche modo ad arrivare a tutti. Come può l’esperienza personale parlare ad altri? In che modo il personale di Eclissi diventa politico?
«Il personale ancora oggi è molto politico nella misura in cui il mondo ci viene raccontato fin da quando nasciamo in una maniera assolutamente limitata rispetto a tutte le sfumature possibili. Finché il mondo ci viene raccontato in quel modo, tutto quello che non rientra in quel modello e in quello standard viene nascosto. E quando lo proviamo sulla nostra pelle, non vedendo modelli corrispondenti intorno a noi, ci sentiamo soli e sole. Quindi, la possibilità di portare fuori e raccontare la propria storia, ovviamente con i propri tempi e con il proprio percorso, rappresenta un atto politico sovversivo rispetto a quella norma e a quel racconto universale che non è corrispondente alla realtà».
Come?
«Raccontare storie significa dare l’opportunità alle persone di riconoscersi in queste e a chi non le ha vissute di rendersi conto di essere molto più simile di quanto pensi a quelle persone. In questo senso sono storie comuni: ci si può riconoscere una persona che ha vissuto le stesse cose ma anche la persona più distante da quella».
Questa sera Eclissi arriva in teatro e si fa, in qualche modo, corpo. Emma e Luce, le protagoniste di due episodi, dialogheranno dal vivo con te e con Michela Murgia. Che cosa significa che queste storie diventano corpi e perché è importante che lo diventino in tempi in cui il corpo è in pericolo?
«Vogliamo tornare alla dimensione del corpo e quindi della visibilità a tutto tondo perché, prima di tutto, c’è sempre il corpo. Se alcune cose possono essere nascoste, rese invisibili o negate nello spazio, i corpi sono sempre un fatto e non possono essere nascosti. Riportare al centro il corpo significa rimettere in discussione ogni interpretazione. Vogliamo far parlare quei corpi non solo delle proprie storie ma anche del significato che questi hanno nel percorso individuale».
I corpi e ancora di più i luoghi sono centrali: si parla di spazio familiare, di luogo di lavoro e sempre in modo diverso.
«La natura delle discriminazioni è comune ma il nemico è multiforme. Per alcune persone di cui raccontiamo la storia, la famiglia è un luogo di privazione, un posto non sicuro, mentre per altre è l’isola felice, l’unico luogo in cui stare bene in un mondo cattivo. Il lavoro per alcuni è una liberazione, per altri è il luogo del mobbing e della discriminazione. E lo stesso vale per le relazioni affettive. Ciò che differenzia le storie di Eclissi, sono per lo più tutti quegli spazi della vita di ogni persona che, in relazione alla nostra storia e al nostro percorso, cambiano ruolo. Questo ci racconta un paese in cui l’omofobia è sempre presente ma, a volte, non facile da riconoscere. Per questo abbiamo voluto che il primo live, quindi la prima volta dal vivo di Eclissi, si concentrasse su un tema che accomuna tutte le puntate del podcast: cioè il concetto di intersezionalità».
A che punto siamo con la lotta intersezionale? Quali sono i traguardi raggiunti e quelli per cui dobbiamo ancora lottare?
«Il concetto di intersezionalità non è un concetto nuovo e questo già significa qualcosa: l’evoluzione, infatti, richiede un tempo e un respiro lungo. Siamo arrivati a un punto in cui iniziamo a renderci consapevoli del fatto che il nemico di tutte le comunità marginalizzate è, più o meno, lo stesso: un modello e un sistema che si basano sul potere, su gerarchie e su strutture vere e proprie. Ora dobbiamo capire come, dove e quando emergono queste intersezioni e cercare di spezzare un pochino le strutture gerarchiche. Purtroppo, anche nelle comunità marginalizzare tendiamo, per indole, a sgomitare per un posto e per uno spazio di potere, costruendo ancora nuove gerarchie».
Verso dove stiamo andando?
«Il futuro è più orizzontale, più aperto e più consapevole; secondo me stiamo andando nella giusta direzione, anche in questo paese che si affaccia su un medioevo più nero. Credo che durante momenti di crisi si possano costruire delle alternative molto più forti rispetto a quando ci troviamo in momenti in cui ci si sente avvolti da un velo di garanzia, di serenità, di tranquillità e di stasi. Penso che a volte ci accomodiamo troppo su questa immobilità e su questo equilibrio precario. Invece, la scomodità ci impone di rimetterci insieme».
Qual è il senso di questo talk? Cosa speri che arrivi a chi sarà presente?
«Io spero che chi verrà possa farsi semplicemente un paio di domande in più, come ho avuto la fortuna di fare io quando ho conosciuto le sei persone di cui abbiamo raccontato la storia. Non mi interessa che possano rispondere a delle domande. Nemmeno io arrivo al talk di stasera con delle sicurezze. Arrivo con uno sguardo nuovo, che è quello dell’intersezionalità: non è una verità ma un nuovo modo di guardare il mondo. Se questo sguardo può essere adottato da più persone, allora, ho raggiunto il mio obiettivo. Con il talk a Romaeuropa Festival, l’obiettivo è quello di rimettere in discussione quello che abbiamo già raccontato, ripartire dai temi e allargare il discorso verso una dimensione più collettiva».
Eclissi Talk si terrà questa sera alle ore 19:00 presso il Mattatoio / Teatro 1 di Roma. Uno spettacolo di Pietro Turano, scritto da Pietro Turano e Dante Antonelli, con Pietro Turano, Emma Manghi, Luce Santambrogio e Michela Murgia. Musica di Umberto Gaudino.
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Nasco a Roma e mi piace tutto (andare in bicicletta, la musica, i miei jeans, il pollo al forno, paul mescal, scrivere con la penna, just kids di patty smith, le città, i cowboy) tranne la maionese