Siamo circondati da una sfilza di iconografie raffiguranti la Madonna: santini a casa delle nonne, ex voto agli angoli delle strade, nei presepi delle oltre 900 chiese di Roma o sulle stampe delle t-shirt di brand pseudo americani con gli occhi di Mia Wallace in overdose.
Nella quasi totalità dei casi vediamo il suo velo e il suo mantello dipinti di blu: la scelta di questo colore ha un motivo preciso. Si potrebbe subito, ed erroneamente, attribuire questo colore all’idea di “celestiale”, ovvero, come ci suggerisce la Treccani, “degna del Cielo, del Paradiso”. Ma l’idealizzazione dei colori e dei sentimenti che suscitano si verifica solamente in una società industrializzata. Che c’entra, quindi, il colore della Madonna con l’industrializzazione?
Il classismo nei colori
Per noi il colore è percezione: come ci appare, così lo intendiamo. È, appunto, sensazione e idea, non una cosa concreta. Ma è in questa concretezza che risiede la risposta al nostro dilemma.
Il colore, prima dell’industrializzazione, è materia; ha un’origine, sia geografica che naturale. Mentre oggi disponiamo con grande facilità di qualsiasi colore (essendo esso un prodotto chimico dato dalla sintesi di procedimenti industriali), ai tempi delle popolazioni primitive di Neanderthal, come all’epoca di Cimabue o Masaccio, la disponibilità era ridotta. Questo perché i pigmenti o coloranti, si ottenevano dalla lavorazione di vegetali, animali o di minerali.
Queste materie prime erano reperibili esclusivamente in alcune aree geografiche: ad esempio, il noto color porpora è un pigmento derivato dalla lavorazione dei murici, molluschi che popolano le coste orientali del Mediterraneo. Per tingere una sola toga di questo colore occorrevano migliaia di esemplari. Ed era molto costoso soprattutto perché era un prodotto di importazione. Era riservato esclusivamente a colorare le vesti degli imperatori prima, dei patrizi romani poi.
Quindi il colore aveva anche un significato classista: sfoggiare un abito porpora voleva dire appartenere ad un ceto sociale alto, nonché avere disponibilità economiche elevate.
Il blu oltremare
Andando, invece, a considerare il blu oltremare che colora nella quasi totalità dei casi le vesti della Madonna, questo pigmento era la polverizzazione di una pietra che veniva importata da paesi imprecisati oltre il Mediterraneo. Per questo il colore che ne prendeva il nome aveva l’aggettivo oltremare. Oggi sappiamo che la provenienza di questa pietra, conosciuta in Italia con il nome di lapislazzulo (probabilmente calco del termine azul dal quale proviene anche il nostro azzurro), era la Persia, attuale Afghanistan. Prima di sbarcare sulle coste dell’allora più importante città mercantile del mondo, Venezia, la pietra si presentava mischiata ad altri minerali e doveva subire un lungo processo di lavorazione prima di essere adoperata. Così come per la porpora, più era complicato ottenere un pigmento, più questo costava.
Ma lo sfoggiare la propria ricchezza non era un costume esclusivo dell’antica Roma. Anche alcuni banchieri, come i Medici, volevano mostrare la loro munificenza attraverso le opere. Oltre ad essere dei mecenati, erano degli acutissimi apprezzatori d’arte e quest’ultima giocava un ruolo importante anche nella politica. Chi guardava un’opera che conteneva uno di questi preziosi colori veniva a conoscenza della disponibilità economica dei committenti stessi. Quindi, un osservatore medio attuava anche una lettura economica del quadro.
Il blu oltremare andava quindi riservato alla rappresentazione di cose preziose, come il manto della Madonna. Addirittura, venivano stilati dei contratti fra committente e artista che determinavano l’utilizzo e le quantità dei colori, oltre al pagamento dell’artista stesso. In questi contratti si nota anche una gerarchia dei colori: ci sono colori che valgono di più e colori che valgono di meno da un punto di vista meramente economico. Trasportati all’interno dell’opera, conferivano al soggetto rivestito di quella tonalità un valore maggiore. Un ragionamento quasi scontato per gli osservatori dell’epoca. Invece per noi contemporanei tutti i colori hanno lo stesso valore e la concezione del colore è puramente astratta, vincolata da stati d’animo o priorità, dettata dalla moda e dal mercato.
Il manto della Madonna, però, non è da sempre di questo colore. Durante il Medioevo veniva impiegato il nero o un colore scuro, che stava a significare il lutto che investiva la donna per la morte del figlio. Nel Rinascimento, con la comparsa di questa pietra preziosa, che incontrava la pesantezza delle tasche dei committenti e la loro volontà di impiegarla nella rappresentazione della Madonna, ci fu la svolta che ancora oggi caratterizza l’iconografia mariana.
Autore
Nato lo stesso giorno di Stanley Kubrick, è del Leone e non lo nasconde. Da grande vuole fare il regista e farsi crescere i capelli; è più vicino alla seconda. C'è un giro illecito di scommesse che divide in due la sua cerchia di amici: riuscirà mai a laurearsi?