Quando avevo 13 o 14 anni, classico periodo in cui il mondo attorno a te si disegna secondo categorie e stereotipi fissi che non ti è concesso di disfare e criticare, vidi per caso in tv Vicky Cristina Barcelona, la storia del viaggio di due amiche. Un viaggio sensuale, formativo, raccontato con humor e un pizzico di romanticismo new age.
Rimasi incantata, e sempre poiché ero nell’età in cui bisogna per forza crearsi un mito, un eroe, una figura idolo cui rivolgere le proprie forze intellettuali, decisi che Woody Allen doveva diventare il mio.
Fu un progetto attuato di pari passo con mia madre, entusiasta della strana passione di una tredicenne per un uomo che poteva essere suo nonno. Mi comprò diversi dvd, una spilla con la sua faccia e per Natale ricevetti un fumetto che raccontava con humor tutte le storie d’amore con donne belle e intelligenti di Allen. Bisogna dire che il suo incoraggiamento derivava dall’entusiasmo a crescere una figlia intelletualoide e borghese.
Per me, come credo per molti, Woody tante volte è stato il cinico ottimista che mi ha saputa consolare: nei momenti di dubbio esistenzialista venato di depressione causata da sbalzi ormonali bastavano due ore di una sua commedia per risollevarmi. Sì, il mondo era ingiusto verso i deboli, verso i sensibili, ma questa ingiustizia andava presa con humor, sempre pronti a resuscitare e passeggiare in un parco di Manhattan dopo aver ingerito le pillole prescritte.
Le sue commedie non erano popolate di personaggi grotteschi, le sue muse non mostravano le tette per poter suscitare grosse risate. Annie Hall era l’angelo custode in pantaloni e camicetta a righe con cui tutti avrebbero voluto sorseggiare un Martini all’uscita di una mostra.
Al centro della scena ci sono sempre i soliti personaggi, è vero, per la maggior parte borghesi intellettuali stanchi delle loro vite o giovani geni disillusi, ma a parer mio l’arte di Woody sta proprio nel riproporci a rotazione tipi di uomini e donne che incarnano gli stessi schemi mentali in epoche e luoghi differenti, riuscendo sempre a non stancare mai.
Con un sottofondo jazz, Allen rivolge al pubblico in modo raffinato domande e questioni spesso cerebrali, filosofiche, religiose, politiche e fa tornare il genere “commedia” alla riflessione, anche se sempre in toni delicati e privi di ogni pesantezza.
Il leitmotiv dei suoi film è lo scacco: puoi fare qualsiasi cosa nella tua vita, scalare l’Everest, incontrare il vero amore, raggiugere la fama agognata, cucinare aragoste con Annie Hall, ma alla fine la falce della signora morte verrà a trovare anche te. L’importante è prenderla con filosofia e ricordarti di pregare in Paradiso per quella buon’anima del tuo psicanalista.
Autore
Carolina Truzzi
Autrice
Vivo la mia vita tra Place des Vosges e Cerenova, passeggio sul litorale laziale ma non stono tra i vicoli floreali del Marais. Tra i miei momenti preferiti ci sono quello in cui salto la fila per entrare al Louvree e in cui leggo Robinson alle 8 di mattina sulla poltrona di nonno con un solo caffè (‘na caffettiera pe quattro) mentre la casa ancora dorme. Amo comprare vestitini al mercato che non superino i 3€ e per me non sarà mai un problema pubblicare un articolo senza rileggerlo un’ultima volta. E un’altra. Forse se lo riscrivo da capo è meglio.