L’album di Bad Bunny in realtà è un manifesto politico

0% Complete

Tra le sonorità caraibiche e coatte a metà fra Buena Vista Social Club e Nicky Jam, in DTMF si nascondono anche messaggi politici, di resistenza e anticapitalisti. Assurdo? Non proprio. Benito (vero nome di BB), anche con quest’ultimo album, riesce a ridefinire il confine tra mainstream e controcultura sintetizzando in un’unica soluzione hit “multiplatìno” e manifesti sociali. DTMF non è solo una playlist da club chiringuito, ma un documento politico che racconta il neoliberalismo tropicale, dove si cela un’anima critica che esplora i dilemmi dell’identità latinoamericana e del capitalismo dell’intrattenimento.  

DeBÍ TiRAR MáS FOToS

DTMF (acronimo spagnolo di “Avrei dovuto scattare più foto”), che è diventata ovviamente un trend musicale al servizio dei contenuti social più disparati e che dà anche il nome all’album, è un lupo travestito da agnellino
L’agnellino sarebbe questa bellissima patina caraibico-raggaeton che non nascondiamo più di ballare ed apprezzare (FINALMENTE!), mentre il lupo è ciò che viene portato alla luce anche grazie all’aiuto del cortometraggio omonimo che inaugura il disco, diretto dallo stesso Bad Bunny il quale firma la regia con il suo vero nome: Benito Antonio Martínez Ocasio.
La traccia numero 16 parla sì della nostalgia, del rimpianto di non aver cristallizzato la giusta dose di ricordi per sopperire al dolore di questo sentimento (esplicito il binomio fotografia-memoria, dove le memoria rappresenta il ricordo di una vita lenta, sana, autentica), ma sotto al tappeto si nasconde una polvere chiamata Denuncia alla gentrificazione e alla iperturistifazione del Porto Rico.
Infatti nella pellicola – si fa per dire – diretta dall’artista stesso, nel raccontare la malinconia del protagonista (un vecchietto e del suo amico immaginario “ranocchio spaziale” nei panni del grillo parlante) affronta chiaramente quello che nel testo ripete in un paio di occasioni: “disfrutando de todas esas cosas que extrañan los que se van” (godendomi tutte quelle cose che mancano a quelli che se ne vanno) oppure “ojalá que los mío’ nunca se muden” (spero che la mia gente non se ne vada mai).
L’effetto esodo che Bunny vorrebbe scongiurare nel testo è conseguenza di quello che nel video fa vedere chiaramente attraverso le azioni di personaggi caricaturati e situazioni macchiettistiche figlie della gentrificazione avvenuta a seguito di un overtourism incontrollato.
Una famiglia statunitense impegnata nel colonizzare il vicinato a suon di BBQ e lanci con la palla da football tra fratelli; una coppia di anglofoni forse turisti forse lavoratori in smart working; un’irremovibile, categorica e tassativa cassiera di un fast food, il tempio del capitalismo colonizzatore che detta legge attraverso la sua policy aziendale con l’unico obiettivo di affondare le proprie radici tramite un processo di appropriazione culturale.
Questo quadro vorrebbe denunciare la presenza e proliferazione di agenti gentrificanti derivati non solo dal turismo di massa ma anche dal conseguente innamoramento di questi attori alieni nei confronti del posto vacanziero nel quale poi decidono di trasferirsi per il benessere mentale ma soprattutto economico, contribuendo all’aumento dei prezzi della vita locale in toto.

TURiSTA

En mi vida fuiste turista (Nella mia vita sei stata una turista)
tú solo viste lo mejor de mí (hai visto solo il meglio di me)
y no lo que yo sufría (e non di come stessi soffrendo)
Te fuiste sin saber el porqué (Te ne sei andata senza sapere)
el porqué de mis erida’ (il motivo delle mie ferite)
y no te tocaba a ti curarla’ (e non era compito tuo curarle)
viniste a pasarla bien y la pasamo’ bien (sei venuta per divertirti e ci siamo divertiti)

Questi i primi versi della traccia 11 dell’album dove Baddie esordisce con il tema dell’overtourism paragonando una ragazza che non si cura del malessere del partner ai turisti che ignorano le reali condizioni socio-economiche del luogo e del popolo ospitante, pensando solo a riempire le loro stories di contenuti “esotici” come uno spettatore privilegiato allo zoo.
La facile e veloce soddisfazione della libido di una si traduce in ricerca di divertimento di una massa ingorda di colonizzatori che, essendo disposti a pagare qualsiasi cifra per passare le migliori vacanze della loro vita prima di rintanarsi nei rispettivi contesti di provenienza, contribuiscono all’aumento del valore economico di qualsiasi frammento di quotidianità, non curanti delle conseguenze che ciò ha sui locals che tanto amano immortalare o per i quali dispiacersi catarticamente. Mors tua movida mea.
TURiSTA, dice Bad Bunny in un’intervista con Chente Ydrach, è stata scritta pensando proprio ai turisti che vanno a “PR”, si divertono, vedono il meglio che c’è da vedere e vanno via senza sapere il dolore e la sofferenza di chi ci abita e deve convivere con i problemi del Paese.


Kenneth Canales è Concho e Jacobo Morales è il protagonista di Debí Tirar Más Fotos, il corto metraggio con la regia di Benito A. Martínez Ocasio and Arí Maniel Cruz Suárez

Gentrificazione accelerata: quando la crisi diventa un’opportunità (per pochi)

Negli ultimi dieci anni, Porto Rico è diventato un campo di prova per politiche economiche estreme. La chiave di volta è la Legge 60 del 2019, che unifica precedenti incentivi fiscali per attirare cittadini statunitensi. Cosa significa? Chi si trasferisce sull’isola paga il 4% di tasse su redditi da lavoro e zero su dividendi, plusvalenze e guadagni in criptovalute. In quattro anni è diventato un paradiso fiscale a stelle e strisce che ha scatenato un’invasione di imprenditori wannabe, fondi d’investimento e milionari della Silicon Valley. 

L’uragano Maria, che nel 2017 ha ucciso oltre 4.000 persone e causato danni per 90 miliardi di dollari, ha accelerato il processo. Con mezzo milione di portoricani emigrati negli USA continentali, interi quartieri sono stati svenduti. A Santurce, ex cuore bohémien di San Juan, gli affitti sono triplicati dal 2020, spingendo i residenti verso periferie prive di servizi, ed ecco fatto: a San Juan, il 25% degli immobili è oggi convertito in Airbnb o residence di lusso.  «È un colonialismo del XXI secolo», accusa Ana López, attivista del movimento Cancel the Act 20/22. «Da una parte, le corporation sfruttano le nostre risorse. Dall’altra, gli expat trasformano le nostre case in parchi tematici per ricchi». I dati confermano le critiche: secondo l’Urban Institute, il 70% degli acquirenti di immobili a Porto Rico tra il 2020 e il 2023 era statunitense, mentre il salario medio locale (24.000 USD annui) rende impossibile competere con i nuovi arrivati.

LO QUE LE PASÓ A HAWAii

Nella traccia numero 14 dell’album troviamo un Porto Rico sofferente attraverso una profonda riflessione sulla lotta dell’isola per la sua identità e autonomia dagli USA. La figura femminile nella quale all’inizio viene personificata la terra natìa di BB, rappresenta non solo la bellezza e la resilienza di PR, ma anche le sfide e le sofferenze che, anche esternate in maniera molto diretta, ha affrontato nel corso della sua storia. 

La ragazza, che si presenta “carina anche se a volte le va male” (bonita aunque a veces le vaya mal), simboleggia la capacità di Porto Rico di mantenere la sua bellezza culturale e la sua identità nonostante le difficoltà economico-politiche. Gli occhi che trattengono le lacrime testimoniano il dolore collettivo della popolazione portoricana, che affronta le ingiustizie della costrizione a ruolo di colonizzati. 

L’alcool e il ballo che guariscono le “ferite” indicano un processo di distrazione necessario per affrontare la storia di colonizzazione e sfruttamento. Mentre il ballo rappresenta l’attaccamento alla cultura e all’identità del posto, l’alcol è metafora del tentativo di anestetizzare la sofferenza che continua ad influenzare il presente. 

La canzone evidenzia la lotta contro le forze statunitensi che cercano di togliere spazio agli indigeni, di “portare via il fiume e la spiaggia” (quieren quitarme el rio y la también la playa), simboli della terra di Puerto Rico. Queste immagini evocano una critica alle politiche coloniali e alle pressioni economiche che minacciano l’autonomia dell’isola. La richiesta di “non lasciare la bandiera” (no suelte’ la baniera) rappresenta l’importanza di mantenere viva l’identità culturale e la sovranità del paese. 

Tutto il testo in realtà risuona come un inno al tornare, al non scappare ma al prosperare e contribuire alla resa di Borinquen una terra degna dei suoi abitanti e viceversa. “Qui nessuno vuole andarsene, e chi se n’è andato sogna di tornare” (Aquì nadie quiso irsem quien se fue sueña con volver): questo sogno di ritorno, condiviso con tanti puertoriqueños giovani e non, è emblematico della connessione profonda tra la diaspora portoricana e la loro terra natale. 

L’unica cosa che chiede (quasi disperatamente) l’artista con questo pezzo è che Porto Rico non faccia la fine delle Hawaii, 50esimo stato federale degli USA dal 1984 dopo tentativi di proclamare forme tutte occidentali di Repubblica; differenza quasi inesistente con la natura di Stato Associato. 

Que no quiero que hagan contigo lo que le pasó a Hawaii

Un gruppo di persone migranti portoricane, nel 1945 (SAM BENECKSON/BETTMANN/VIA GETTY IMAGES)

Resilienza impossibile?

Di fronte alla gentrificazione, le proteste si moltiplicano. Nel 2023, migliaia di persone hanno marciato a San Juan contro la privatizzazione delle spiagge, mentre gruppi come Comunidad Santurce Resiste organizzano occupazioni di edifici abbandonati per rivendicare il diritto alla casa. Tuttavia, il governo locale, alle prese con un debito pubblico di 74 miliardi di dollari, continua a puntare sugli incentivi fiscali come unica via di salvezza.

Il paradosso è: Porto Rico cerca di risollevarsi da uragani e recessioni economiche attirando capitali esteri, ma questo modello ne erode l’identità e approfondisce le disuguaglianze. Gli Stati Uniti, dal canto loro, trattano l’isola come un avamposto strategico nel Caribe, ignorando le richieste di riforma dello status. Il futuro dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio tra autonomia e cooperazione.

Porto Rico è un simbolo delle contraddizioni del nostro tempo. La sua crisi riflette il conflitto tra sovranità e globalizzazione, gli effetti perversi del neoliberismo, la resilienza delle comunità di fronte ai disastri ambientali. Mentre i grattacieli di Condado sorgono accanto a baraccopoli.

Un ambiguo status politico fa dei portoricani cittadini di serie B

I 3,2 milioni di abitanti a Porto Rico sono sì cittadini statunitensi, ma non hanno diritto di voto per il presidente se risiedono sull’isola e, al Congresso di Washington, sono rappresentati da un delegato senza potere legislativo. Pur godendo di un governo autonomo, le sue leggi possono essere annullate dal governo federale statunitense.
L’ economia dell’isola rimane ancorata agli Stati Uniti. Settori come il turismo, le farmaceutiche e l’agricoltura dipendono da investimenti e sussidi federali, mentre una verità è innegabile: il 43% della popolazione vive sotto la soglia di povertà.

DTMF non è quindi solo un album, ma un bollettino culturale di Porto Rico nel 2025: un’isola che balla(letteralmente) sul bagnasciuga del collasso, tra speculazione immobiliare, turistificazione selvaggia e la resistenza di chi non vuole essere solo una pagina esotica sull’app di Airbnb. Bad Bunny costringe così il mondo a guardare mentre il paradiso si sgretola sotto il peso del capitale che alimenta.
Ma questa è la contraddizione del nostro tempo: può un’icona pop, brandizzata fino al midollo, essere davvero una voce anti-sistema? Può il re del reggaeton smascherare il capitalismo mentre la sua musica lo alimenta? Mentre organizza un “tour mondiale” a PR dividendo in due fasi le date (quelle riservate ai portoriquenhos e quelle invece per i turisti) di fatto alimentando la turistificazione nonostante questa trovata potrebbe creare un’indotto non indifferente all’isola tutta?
Bad Bunny non dà risposte e forse non è suo compito darle, ma almeno ci lascia con un messaggio chiaro: Porto Rico non è in vendita.

Autore

Simone Mastronardi

Simone Mastronardi

Direttore Creativo

Nato lo stesso giorno di Stanley Kubrick, è del Leone e non lo nasconde. Da grande vuole fare il regista e farsi crescere i capelli; è più vicino alla seconda. C'è un giro illecito di scommesse che divide in due la sua cerchia di amici: riuscirà mai a laurearsi?

Collabora con noi

Sede di Generazione Magazine Sede di Generazione Magazine Sede di Generazione Magazine Sede di Generazione Magazine

Se pensi che Generazione sia il tuo mondo non esitare a contattarci compilando il form qui sotto!

    Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

    Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

    Chiudi