Belfast e Dublino. La Belfast operaia, dei grandi cantieri navali e del Titanic, la città industriale delle “mill row” e delle fabbriche di lino, la città in guerra in un regime di segregazione, sotto occupazione straniera e divisa dalle barriere settarie. La Belfast povera e lacerata ma anche la Belfast della rivoluzione, delle lotte, della coscienza, della solidarietà, della pace e della speranza nel futuro.
A sud, a poche ore di distanza, ecco Dublino. La capitale dell’Irlanda indipendente, simbolo del boom economico del paese negli anni Novanta, sede delle istituzioni politiche e finanziarie, sede legale in Europa delle grandi multinazionali contemporanee come Microsoft, Google, Amazon e Pfizer, la città del Know How e dell’alta formazione scientifica con le sue prestigiose università, la città della night life, del turismo e del fermento culturale.
A prima vista le città non potrebbero apparire più diverse, una rappresentazione dicotomica quasi naturale. Ma una lettura più profonda rivela le inquietanti somiglianze, nel numero altissimo delle diagnosi di disturbi mentali e negli elevati tassi di suicidio, nella rampante crisi edilizia e abitativa, nell’epidemico consumo di droghe e nella disuguaglianza sociale. Due facce della stessa Irlanda. Proprio in questo contesto sono maturati gli artisti della nuova generazione di musicisti irlandesi che si sta affermando sulla scena mondiale, i Kneecap, trio di Belfast, la band dublinese dei Fountaines D.C. e la cantante CMAT.
Proprio quest’ultima è salita alla ribalta negli ultimi giorni con l’uscita del suo nuovo singolo “Euro-Country”, una vera e propria cartina tornasole delle contraddizioni del paese. L’artista dublinese nella sua giovane vita ha attraversato le frasi più importanti della recente storia irlandese: nata nel 1996, nel pieno del boom economico e culturale del paese, con la crescita economica degli anni Novanta, l’entrata nella moneta unica e la pace (seppur precaria) nel nord del paese dopo gli accordi del venerdì santo, la sua infanzia è coincisa con la crisi del 2008 e del 2011, riflusso della crescita economica del paese e inizio della sua stagnazione. La crisi ha portato ad un’ondata di suicidi nel paese ibernico con un incremento del 57% tra la polizia maschile, ricordo ben impresso nella memoria della cantante che aveva 12 anni quando “the das started kill themselves all round me” mentre nel paese scoppiava la crisi degli alloggi che perdura fino ai nostri giorni “and it was normal building house that stay empty, even now” come recitato nel bridge del singolo.
Nel brano non passa inosservata la critica alla figura di Bertie Ahern, primo ministro del paese e segretario del partito di centro destra Fianna Fail tra il boom economico e la crisi finanziaria, figura controversa per via dei suoi scandali di corruzione, ultimamente indicato come possibile candidato alla presidenza irlandese nelle elezioni del prossimo novembre. Le critiche alla diarchia rappresentata dal Fianna Faìl e dal Fine Gael, i partiti che salvo brevissime alternanze governano il sud dell’isola dagli anni Trenta, è presente anche nella discografia dei Fontaines D.C. Nel loro brano “I Love You”, vero e proprio inno d’amore verso il proprio paese e la sua gioventù, la band dublinese si scaglia contro il governo dei due partiti, accusandolo di non offrire reali opportunità ai giovani d’Irlanda, costringendoli all’emigrazione “you only open the window, never open up the door” e di speculare sulle ricchezze del paese, spingendo i giovani verso l’individualismo, la povertà e la solitudine “is their mommy Fine Gael and is their daddy Fianna Fáil? And they say they love the land, but they don’t feel it go to waste hold a mirror to the youth and they will only see their face”.
Nel “J’accuse” verso gli speculatori, la band cita la sinistra influenza della chiesa cattolica e il trattamento inumano nei confronti degli orfani e delle madri negli istituti sacerdotali (recentemente descritti nel film “Small Thing Like This” con protagonista Cilian Murphy) restituendo l’immagine di un isola “run by shark with children bones stuck in their jaws” in riferimento al ritrovamento di varie fosse comuni di bambini di madri single, detenuti molto spesso dalle strutture cattoliche.
Nell’altra faccia d’Irlanda, Belfast, sono recentemente saliti alla ribalta mondiale, anche grazie al film omonimo che li vede protagonisti, il trio rap dei Kneecap. Provenienti dai quartieri nazionalisti della periferia di Belfast, il trio cresce con un background fortemente repubblicano e socialista. La nascita del gruppo è da ritrovarsi nel fermo da parte della popolazione britannica di un membro del trio dopo una manifestazione per l’Irish Language Act, che mirava a riconoscere l’idioma gaelico come lingua ufficiale al pari dell’inglese. Uno dei membri, Moglaì Bap, rifiutò di rispondere all’interrogatorio in lingua inglese, avvalendosi del diritto di rispondere nella sua lingua madre, ovvero l’irlandese. Da questo evento carico di significato, nasce l’idea da parte dei tre ragazzi di produrre musica hip hop in lingua irlandesi. Con uno stile irriverente e dissacrante, descrivono le problematiche dei giovani della working class irlandese di Belfast, tra cui l’uso di droghe, la mancanza di posti di lavoro e l’elevato tasso di suicidi (tra i quali rientra tragicamente la madre del rapper Moglaì Bap) non lesinando critiche aggressive verso l’establishment britannico.
Recentemente, due membri del gruppo, Mo Chara e DJ Provaì, sono stati inquisiti dal governo britannico ai sensi del Terrorism Act del 2000, con l’accusa di aver inneggiato ad organizzazioni come Hamas, Hezbollah e l’IRA, oltre che per aver lanciato dal palco slogan considerati “sediziosi” nei confronti dell’establishment come “Kill your local MP” in un concerto del novembre 2023. L’esposizione a favore della causa palestinese da parte dei repubblicani irlandesi nel nord dell’Irlanda non è certamente una novità, come dimostrano i reciproci atti di solidarietà nel corso degli anni Ottanta e Novanta tra i movimenti repubblicani e i movimenti politici Palestinesi. D’altronde non è difficile scorgerne il motivo, visto che nel recente passato il nord dell’Irlanda ha subito massacri, internamenti, segregazione abitativa e nei posti di lavoro, con la presenza di un esercito straniero nelle proprie strade: situazione non dissimile da quella che vivono i Palestinesi in Cisgiordania. Non a caso il trio, così come tantissimi giovani di Belfast e Derry tendano ad identificarsi maggiormente con la gioventù di Jenin e della Palestina, piuttosto che con i propri coetanei di Parigi, Berlino e Madrid.
Con la morte di Shane Mcgowan, frontman dei Pogues, di Sinead O’Connor nel 2023 e con il ritiro annunciato da parte dei Wolfe Tones si chiude un’era per la scena musicale irlandese. La scorsa generazione, attraverso la musica folk e punk, era stata impegnata politicamente, sia nel miglioramento delle condizioni della classe povera dell’isola, sia nella lotta per la riunificazione per il paese e nella solidarietà internazionale.
Da quanto emerso questa nuova generazione, seppur diversa nell’espressione musicale, non ha perso la voglia di lotta e la forza espressiva di quella precedente. Il filo verde di ribellione e sete di giustizia che li lega non si è spezzato.