Oggi è la giornata mondiale dell’insegnante, ma in Italia non c’è niente da festeggiare

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La giornata mondiale dell’insegnante nasce su iniziativa dell’UNESCO nel 1994, per commemorare le Raccomandazioni sullo status di insegnante (UNESCO) del 1966. In tutto il mondo oggi si festeggia l’importanza dell’istruzione e della formazione, ricordando la centralità che i docenti ricoprono nel garantire un diritto sociale ormai considerato consolidato nelle nostre democrazie. Ma in Italia, cosa c’è da festeggiare? Stando ai dati raccolti dalla fondazione Agnelli, niente.

Infatti, secondo uno studio portato avanti dai ricercatori della fondazione Giovanni Agnelli, l’88% dei docenti italiani di scuola secondaria di primo grado (le scuole medie) ritiene che l’insegnamento sia scarsamente apprezzato e valorizzato nella società. Questo dato è allarmante soprattutto se legato all’alto tasso di precarietà dei docenti italiani: prima fra tutte la scuola media, che conta il 30% di docenti precari, seguita dalle scuole superiori (25%) e dalla primaria (20%). Altissimo il tasso di precarietà fra i docenti di sostegno (circa il 60% del totale), mentre il numero dei docenti di ruolo è rimasto invariati dal 2011 fino ad oggi (tra i 142.000 e i 144.000).

Tutto ciò cosa comporta? Un tasso di abbandono scolastico tra i più alti d’Europa (14% circa), con forti differenze territoriali tra Nord e Sud. Particolarmente allarmante è, poi, il dato sui laureati nel nostro paese: l’Italia si classifica al penultimo posto tra i membri europei, con solo il 29% dei ragazzi tra i 25 e i 34 anni ad aver conseguito una laurea, superiore solo alla Romania, che raggiunge il 25% (fonte: Eurostat).

Stando alla Legge di Bilancio approvata lo scorso dicembre 2020, per il triennio 2020-2022 sono previsti tagli progressivi all’istruzione pari a un totale di 4 miliardi di euro, lasciando l’Italia tra le ultime posizioni in Europa per investimenti sul settore educativo.

Un’istruzione potenzialmente tra le migliori d’Europa, quella italiana, incentrata sull’approfondimento teoretico sin dalle prime età scolastiche e che, tuttavia, non riesce a raggiungere i suoi obiettivi di giustizia sociale e equità: resta vertiginoso il gap tra maschi e femmine nello studio delle materie scientifiche (le cosiddette STEM) e si registra una quota del 55,6% dei docenti italiani con più di 50 anni (la fascia d’età maggiore in assoluto, stando ai dati del 2016-2018).

Autore

Maria Chiara Cicolani

Maria Chiara Cicolani

Vice Direttrice

Mi sono laureata in Filosofia a Roma. Ho vissuto per un po’ tra i fiordi norvegesi di Bergen e prima di questa esperienza mi reputavo meteoropatica, ora non più. Mi piace la montagna, ma un po’ anche il mare. Il mio romanzo preferito è il Manifesto del Partito Comunista e amo raccontare le storie.

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