Povere Creature! parla della decolonizzazione del corpo femminile

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Questa non è una recensione di Povere creature! di Yorgos Lanthimos ma una riflessione sul corpo della donna a partire dagli stimoli della pellicola. Per fare questo, iniziamo dalla fine del film, senza prendere in considerazione quanto venga detto dal libro omonimo del 1992 di Alasdair Gray da cui è tratto.

Sir. Alfie Blessington parlando con Bella Baxter, che crede ancora essere sua moglie Victoria Blessington, le spiegherà come la sua vita sia dedicata alla conquista dei territori, e che appunto sua moglie è di sua proprietà:

Aflred Blessington: Unfortunately, my darling, my life is dedicated to the taking of territory. You are mine, and that is the long and short.

Bella Baxter: I’m not territory.

La potente Bella Baxter, d’ora in avanti B. B., risponde che non è un territorio.

Questo scambio di battute mi ha fatto pensare a un saggio del 1976 di Hélène Cixous, Il riso della Medusa, in cui si riflette sulla concezione della donna. Cixous chiama in causa la metafora del continente oscuro da conquistare e afferma che sebbene gli uomini abbiano avuto sempre tutto da dire e da scrivere sulla loro sessualità, l’abbiano fatto attraverso un’opposizione, quella nata dalla relazione di potere tra:

Una virilità obbligatoriamente idealizzata destinata a invadere, colonizzare, e il conseguente fantasma della donna come un “continente oscuro” da penetrare e “pacificare”.

Hélène Cixous, Il riso della Medusa

In termini di metafore geopolitiche, conquistare la donna, secondo Cixous, equivale a delimitarne i confini e poi scomparire dalla sua vista, in particolare «fuori dal corpo». In più, il modo in cui l’uomo si estromette e si immette in lei, allo stesso tempo, lo priva del suo stesso territorio corporeo. Questo, secondo la studiosa, determina una paura di essere preso dalla donna, di perdersi in lei nell’esatto momento in cui si lancia all’attacco col suo pene. Come accade a Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo).

C’è un filo conduttore tra la conquista di un territorio e la conquista di un corpo, che è il motivo per cui qualcuno potrebbe definire Poor things! una vicenda alquanto scandalosa: la storia di Bella Baxter è anche la storia di una donna che riprende possesso del suo corpo. E infatti Emma Stone costruisce un corpo erotico alla maniera di Bataille, nel senso che dà voce alla carne di B. B.

Se dunque consideriamo l’erotismo come un aspetto della vita interiore dell’essere umano, in pratica qualcosa che coinvolge il suo essere, allora Povere creature! è un film erotico: B. B. è ripresa in molteplici scene di nudo intenta ad esplorare e comprendere come funziona la vita sessuale di una donna. Progressivamente consapevole del valore politico che il corpo di una donna ha. Il filosofo Bataille ci suggerisce che per gli antichi, la potenza della carne era legata indissolubilmente al sacrificio, e l’amplesso, dunque, restituiva la vita in quanto mostrava la pletora degli organi gonfi di sangue. Questo è uno dei motivi per cui il contrario di Thanatos, la morte, è Eros.

Bella Baxter è la donna assoluta, rinata, decolonizzata

Nel film di Lanthimos il senso della vita è legato alla presenza della morte, che apre il film, e che sopraggiunge per God (Willem Dafoe), un’altra lampante dichiarazione metaforica che per alcuni potrebbe apparire blasfema, ma di cui parlò già Nietzsche: Gott is tot. Dio è morto.

Dio può continuare a morire ma la donna di Lanthimos supera le categorie conosciute e fa un dispetto grandissimo al patriarcato: la sua auto-decolonizzazione le conferisce i tratti della deità. Si tratta della Grande Dea Madre legata alla fertilità, alla sessualità, alla nascita, alla crescita, al nutrimento. Sto pensando alla Venere di Willendorf, alla Dea dei Serpenti di Cnosso.

Secondo Cixous, uno dei più grandi crimini degli uomini verso le donne è quello di aver istituito la logica infame dell’anti-amore. In pratica, la violenza dello spingere le donne a diventare nemiche delle donne. In questo senso, viene rimproverato come il numero delle donne scrittrici, sebbene sia incrementato nel diciannovesimo secolo, rispetto a quello degli scrittori, è sempre stato ridicolmente ridotto. Questo perché lo scrivere è sempre stato parte di un’economia, sia libidinale che culturale, tipicamente politica e maschile.

Non è mai il turno della donna di parlare.

Hélène Cixous, Il riso della Medusa
Grande Dea Madre (Collezione Mainetti, New York)

Se la donna non può esprimere la sua opinione perché non è mai il suo turno di parlare, ciò che le resta è riappropriarsi del proprio racconto. Questo è quello che fa B.B., staccandosi dal Dio-Padre e iniziando a scrivere se stessa da se stessa. La stessa Cixous afferma che l’unico modo che la donna ha per scrivere se stessa è ritornare al corpo, quello che le è stato non solo confiscato, ma persino trasformato nell’inquietante, nel non familiare, in ciò che non può essere mostrato. Perché è peccato. Per questo raccontare la donna e dare valore ai personaggi femminili non può mai esimersi dalla consapevolezza del corpo.

In questo senso, il lavoro di Lanthimos con Stone pare prestare fede al precetto di Cixous secondo il quale «il tuo corpo deve essere ascoltato». D’altronde, appena B.B. entra in scena non ha ancora la capacità di articolare vere parole, e deve imparare a gestire il controllo motorio, proprio come una creatura appena nata. I territori corporei della donna, comunque, hanno bisogno di un atto di indipendenza dai loro colonizzatori. L’unico possibile è

scrivere. Un atto che non solo “realizzerà” il rapporto decensurato della donna con la sua sessualità, con il suo essere donna, dandole accesso alla sua forza nativa; le restituirà i suoi beni, i suoi piaceri, i suoi organi, i suoi immensi territori corporei tenuti sotto sigillo; la strapperà via dalla struttura superegoizzata in cui ha sempre occupato il posto riservato ai colpevoli. Una donna senza corpo, muta, cieca, non può essere assolutamente una buona combattente.

Hélène Cixous, Il riso della Medusa
Bella Baxter in una scena erotica in Povere Creature!

Proprio come la donna descritta da Cixous, anche Bella Baxter assume i tratti della colpevole di tutto, di avere desideri, di non averne, di essere frigida, di essere too hot, di essere troppo materna o non abbastanza. Ma le sue peripezie la porteranno all’analisi e all’illuminazione, alla scoperta di quella che viene definita «emancipazione del meraviglioso testo di sé che deve imparare urgentemente a parlare».

Una donna senza corpo, muta, cieca, non può essere assolutamente una buona combattente.

Hélène Cixous, Il riso della Medusa
Venere di Willendorf, 30000-25000 a.C.

Scrivere attraverso il proprio corpo. Emma Stone-Bella Baxter ci riesce. In un film dai suoni talvolta oscuri e disturbanti, con inquadrature spesso distorte e innaturali, proprio come nella pellicola espressionista per eccellenza, Il gabinetto del dottor Caligary di Wiene. In questo senso, anche il concetto di maternità lascia spazio alla consapevolezza più violenta e brutale anticipata dalle atmosfere: si viene al mondo attraverso uno squarcio nella carne della donna. Quell’apertura, naturale o chirurgica, si attraversa per mezzo di un dolore fisico insistentemente definito osceno, perché è sporco, insanguinato e pericoloso. Il film parte dal momento in cui Victoria Blessington cerca di togliersi la vita da incinta. Ciò la rende allo stesso tempo suicida e omicida. E poi, questo drammatico scenario evolve in qualcosa di catastrofico e disturbante: Bella Baxter è madre e figlia contemporaneamente, perché l’operazione di Godwin Baxter l’ha resa drammaticamente completa. La femminilità ha qualcosa di duale, di etereo e spaventoso, una serie di doppi che si rincorrono e incastrano per formare un concetto assoluto di donna. Cioè sciolto da ogni vincolo.

Maria di Metropolis (di Fritz Lang) e Bella Baxter di Poor things! di Yorgos Lanthimos fanno l’occhiolino.

È possibile ritrovare anche un’altra operazione a cui, a pochi passi dal finale della pellicola, Sir. Blessington vorrebbe sottoporre B. B., la clitoridectomia. Poco dopo la definirà il suo territorio da conquistare. Ma ormai è troppo tardi, Bella Baxter è una terra libera, non ha bisogno di essere pacificata dall’ablazione del clitoride.

«Questa strana concezione,» disse Baxter a Bella, «fu registrata per la prima volta dagli omosessuali ateniesi che pensavano che le donne esistessero solo per generare uomini. Fu poi adottata dai sacerdoti cristiani celibi che pensavano che il piacere sessuale fosse l’origine di ogni peccato, e le donne ne erano la fonte. Non so perché l’idea sia ora popolare in Gran Bretagna. Forse un aumento delle dimensioni e del numero di collegi maschili ha generato una classe professionale estranea alla realtà femminile. Ma dimmi questo, Dottor Prickett. Lady Blessington ha acconsentito a una clitoridectomia?»

Povere Creature!, Alasdair Gray.
Bella Baxter mangia a Lisbona in Povere creature!

Bella Baxter è più volte apostrofata come demone dal suo amante insoddisfatto e qui il suo personaggio si riallaccia a quello della Medusa di Cixous, alla quale spetta il diritto di uno sguardo liberatorio, che si riappropria del proprio corpo nella morte, nella vita, nella sessualità, nel rito di rinascita, nel sacrificio supremo per cui la storia di una donna dà forza a quella delle altre come lei. Diventa un territorio selvaggio, svincolato, senza padroni, terra libera. La donna decolonizzata, (il demone, Medusa, la puttana, la madre, la figlia, la strega), non è letale, «lei è Bella e ride».

Autore

Sono pugliese ma ho studiato fuori. Sto imparando a prendere le cose fragili con le mani bagnate. Ho scritto due libri di poesie. Amo la letteratura e una volta ho litigato con un prete.

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