Dalla Barbie di Greta Gerwig al Pinocchio di Carmelo Bene: per essere umani si deve morire

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Uno dei ricordi più belli che conservo delle elementari sono le letture della maestra Concetta de Le avventure di Pinocchio di Collodi. Il celebre romanzo di formazione al termine del quale il burattino diventerà un bambino vero.

Ci ho ripensato dopo aver visto Barbie di Greta Gerwing, grazie agli evidenti accostamenti che la Barbie creata da Ruth Handler ha con la parabola della creazione di Geppetto. Come è ovvio, il riferimento è già stato reso noto da chiunque si sia fermato a riflettere sulla popolarissima pellicola, uscita nelle ultime settimane. Apparentemente, come Pinocchio anche Barbie aspira a diventare umana.

Ma cosa significa?

Il vero finale del primo Pinocchio di Collodi è tragico

Illustrazione di Emanuele Luzzati per Pinocchio di Collodi

Diventare umani potrebbe sembrare un lieto fine, ma chi si intende di esistenze e vite vissute sa che venire al mondo è il più grande dramma. Quello contro cui deve combattere chiunque dal momento in cui inizia ad averne contezza: venire al mondo vuol dire morire.

Memento mori, dicevano gli antichi. E non facciamo che trovare modi per dimenticarlo. Sebbene, spesso, la vita appaia come un esercizio volto a illudersi che non possa accadere, la verità è che ci pensiamo tutti alla morte. È questa la tragedia dell’essere umano. La morte è ciò che avvalora l’esperienza, che rende ogni momento unico, ogni incontro inimitabile e blablabla… la morte è quello che ci pietrifica, devasta e terrorizza.

Odio la morte, odio pensarci, odio chi muore. Eppure, il mio primo libro preferito è un romanzo sulla morte. Non (solo o proprio) su un bambino che capisce cosa fare per essere buono e crescere nel modo giusto, dopo varie marachelle. È un bambino che crepa. L’idea originale di Collodi è quella esplicitata nel capitolo finale della storia a puntate, La storia di un burattino, in quindici parti per il Giornale dei bambini: Pinocchio infine penzola da un albero dopo essere stato impiccato dal Gatto e la Volpe. La chiusura è tutt’altro che allettante,

«Oh babbo mio! Se tu fossi qui! E non ebbe fiato per dir altro. Chiuse gli occhi, aprì la bocca, stirò le gambe e, dato un grande scrollone, rimase lì come intirizzito».

Illustrazione di Attilio Mussino per l’eduzione illustrata del Pinocchio di Collodi del 1911

Una risoluzione che rassomiglia alla fine di un altro grande personaggio della storia dell’umanità: Cristo. Cristo che nello spirare invoca il Padre chiedendosi come mai lo abbia abbandonato, Cristo della Trinità che poi spira. Chiunque ha un po’ di dottrina cristiano-cattolica che gli scorre nelle vene e sa che ciò che rende uomo Cristo, che lo abbassa al nostro livello, è proprio il suo morire. Il finale di Collodi viene modificato in un apparente lieto fine in cui Pinocchio non muore, ancora, ma diventa un bambino vero. Cioè un umano. Cioè uno che è destinato a morire.

La solfa non cambia di molto. Ma i genitori dei bambini che non accettavano tale conclusione, e hanno spinto l’autore a modificare l’epilogo, per lo meno potevano ricominciare a mascherare il fatto che si vada tutti in quella direzione con la storia del romanzo di formazione.

Secondo i critici è stato proprio Benedetto Croce ad accostare Pinocchio alla parabola della formazione: il legno da cui è plasmato, che peraltro è già vivo, deve intraprendere un noviziato spirituale non appena entra nella vita. Ma come suggerisce Garroni nel suo libro Pinocchio uno e bino «Pinocchio non si sceglie mai come libertà, si lascia piuttosto scegliere non senza astratti pentimenti e diafani alibi di buone intenzioni […] Così Pinocchio – dato che non si ribella fino in fondo, né può modificarsi e neppure a rigore piegarsi non può fare altro che morire. Come puntualmente accade».

Barbie (Margot Robbie) di Greta Gerwig

Ora, il film di Gerwig si apre proprio con l’epico commento di Barbie, che mentre balla nella sua casa perfetta, nella sua vita perfetta, in cui giorni perfetti ed eterni si susseguono, fa una constatazione inusuale e perversa. Margot Robbie urla: «Avete mai pensato di morire?», e la musica si ferma facendo crescere gli sguardi accusatori delle altre Barbie. Tutte le bambole ritengono inammissibile che mentre ci si diverte, mentre si balla e si vive la propria vita incredibile, si rovini tutto con un pensiero di morte.

La morte fa da innesco narrativo nel film di Greta Gerwig

Da quel momento in poi Barbie stereotipo dovrà scendere dal piedistallo e constatare che non è più la stessa. Ma è la morte che fa da innesco narrativo. È l’idea della morte che crea il portale tra Barbieland e il Mondo Reale. E anche durante le vicissitudini che la vedono attraversare i due mondi e trovare delle aiutanti umane, America Ferrera e sua figlia Ariana Greenblatt, non potrà non ignorare gli indizi. Dall’anziana che legge il giornale, rappresentante per antonomasia dell’essere umano più prossimo alla morte, a Ruth. O meglio, il fantasma di Ruth. Forse le tinte colorate e l’apparente dimensione allucinatoria da sogno a occhi aperti, alla maniera del Club di mangiatori di hashish di Gautier, in cui bastano un paio di pattini per arrivare a Venice Beach, riescono a nascondere un messaggio più tormentato. Ma il senso non si annulla.

Teatro in video. Carmelo Bene, Pinocchio - Teatro e Critica
Carmelo bene in Pinocchio

Forse la rilettura del Pinocchio di Carmelo Bene è ciò che più si avvicina a quello che sto cercando di dire. È morire che ti rende umano. Da subito la messa in scena dello Spettacolo della Provvidenza nella sua ultima versione ha tinte fosche e inquietanti, in cui i protagonisti sono deformati dalle maschere. Diventano marionette da film horror che si muovono nella scuola-tribunale allestita sul palcoscenico. Probabilmente la vera protagonista è la spaventosa Bambina dai Capelli Turchini, con la voce di Lydia Mancinelli e il corpo di Sonia Bergamasco. Proprio lei ricopre il ruolo di tutti gli altri personaggi, semplicemente ridotti a maschere che possono essere scambiate. Lo stesso meccanismo a specchio sussiste in Barbie, che è Barbie Presidente, Barbie Fisica, Barbie Dottoressa, Barbie Premio Nobel per la Letteratura, Barbie Pensieri Depressivi Catastrofici di Morte, Barbie Stramba, Barbie Normale…

La Bambina dai Capelli Turchini (Sonia Bergamasco) tratto dalla messa in scena di Pinocchio di Carmelo Bene

La Bambina dai Capelli Turchini cercherà di distogliere Pinocchio dalla missione di diventare un bravo ragazzo. D’altronde, a metà spettacolo la sua la voce inquietante dichiarerà a Pinocchio che:

«In questa casa non c’è nessuno sono tutti morti», allora Carmelo Bene la supplicherà, dirà «Aprimi almeno tu». Lei proferirà: «Sono morta anche io!», ma Pinocchio incredulo le domanderà «Morta? E allora che fai costì alla finestra?». La Bambina concluderà: «Aspetto la bara! Che venga a portarmi via!». La Bambina dai Capelli Turchini ride e si prende gioco dei protagonisti, ed è il personaggio che più si avvicina a Barbie, accusata dallo stesso Ken di averlo preso in giro per tutto il tempo. Ma indirettamente incriminata anche dalle nuove generazioni di donne forti e indipendenti, di aver dettato degli standard di bellezza inarrivabili e insulsi. A cui lei stessa non riesce più a conformarsi. Perché nel mondo reale si fa presto a sentirsi brutte e tristi. Perché nel mondo reale si fa presto a morire. E non solo gli umani combattono con la consapevolezza che moriranno, talvolta desiderano morire prima del tempo. Perché vivere è più difficile.

Margot Robbie e Barbie

E se anche la storia della Barbie di Gerwig è una narrazione di rapporti tra madri e figlie, forse questo non fa che avvalorare la tesi per cui è parente della Bambina Turchina di Carmelo Bene. Quest’ultima, infatti, cambia costantemente tono, incapace di sintonizzarsi su un’età. Perché la bambina è predestinata ad essere madre e la madre che è stata bambina un giorno morirà: si decreta un ciclo di successione delle età strano e incontrollabile, che ricorda le tre età menzionate in Menzogna e Sortilegio di Elsa Morante. Rappresentate da figlia, madre, nonna. Tutti archetipi presenti anche nel film. D’altronde, il tempo non è forse uno strumento della morte? Più passa e più ce l’avvicina. Ma la Bambina di Bene sa che anche le bambine possono morire. Per questo il suo delirio è angosciante, inscenando una gravidanza immaginaria mima l’uccisione del feto pugnalandosi l’addome.

La Bambina dai Capelli Turchini e Il Grillo Parlante (Sonia Bergamasco) tratto dalla messa in scena di Pinocchio di Carmelo Bene

La donna è libera solo nella morte, solo nel più angosciante e imperdonabile crimine immaginabile. Come quello della Medea di Euripide.

I pensieri di morte di America Ferrera sono quelli che si impossessano di Barbie e nel dialogo finale con Ruth sembra quasi che stia per dire che sceglie di voler morire. Ma non lo dice. Greta Gerwig ci tende lo stesso tranello che aveva teso Collodi accettando di buon grado che Pinocchio non morisse (almeno non subito), per lasciarlo diventare un bambino vero. Barbie va a vivere nel mondo reale, può sentire, percepire.

In altre parole, accetta di essere mortale.

Lasciano il tempo e li guardiamo dormire,/ si decompongono e il cielo e la terra li disperdono./ Non abbiamo creduto che fosse così:/ ogni cosa e il suo posto,/ le alopecie sui crani, l’assottigliarsi, avere male,/ sempre un posto da vivi./ Ma questo dissolversi no, e lasciare dolore/ su ogni cosa guardata, toccata./ Qui durano i libri./ Qui ho lo sguardo che ama il qualunque viso,/ le erbe, i mari, le città./ Solo qui sono, nel tempo mostrato, per disperdermi.

Mario Benedetti, da Umana gloria

Autore

Sono pugliese ma ho studiato fuori. Sto imparando a prendere le cose fragili con le mani bagnate. Ho scritto due libri di poesie. Amo la letteratura e una volta ho litigato con un prete.

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