Cosa sta accadendo in Kenya, dal Kenya

In Kenya, si torna a manifestare contro il governo, anche se il vero sottointeso, rimane l’aumento dei costi. Il leader dell’opposizione, Odinga, è pronto a lanciare una nuova ondata di proteste antigovernative. Nel frattempo, nello slum, la vita continua con i prezzi alti e con i salari che si abbassano.

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Il Kenya, dall’anno scorso, ha un nuovo presidente: William Ruto. Ha ottenuto la presidenza con il 50,5% dei voti, nonostante le contestazioni dovute ad una poca chiarezza di alcuni conteggi, in quattro commissari elettorali. La campagna elettorale si era concentrata sul Piano economico che si voleva approvare per contrastare l’aumento del costo della vita, con un’inflazione che aveva toccato l’8,32%.

A giugno, Ruto ha varato la nuova legge finanziaria: che prevede il raddoppio dell’imposta sul valore aggiunto della benzina e la controversa tassa dell’1,5% sugli alloggi di proprietà, per cercare di combattere l’inflazione. Venerdì 7 luglio, dal quartiere Kamukunji, nella zona centrale del Paese, sono partite le prime proteste in contemporanea in diverse parti della nazione: dal Kenya centrale, ad altre parti della Rift Valley, fino a Nakuru, Thika, Kirinyaga e Laipika, dove il partito di opposizione Saba Saba di Odinga, è stato affiancato dai partiti Jubilee e Narc Kenya.

Odinga ha affermato che è solo l’inizio di una serie di manifestazioni che dovrebbero arrivare ad obbligare il Presidente in carica, Ruto, all’abolizione della legge finanziaria, nella quale, come si è detto, è stato riscontrato un importante aumento delle tasse: “Ruto ci sta imponendo tasse senza il nostro consenso e facendo leggi il cui effetto netto è quello di rendere la vita sempre più difficile. Siamo qui perché la situazione fiscale nel paese e le ingiustizie che ne comporta non possono più essere accettate.” ha affermato Odinga.

Lo slum, dove non si protesta, perché si combatte ogni giorno

Vivere in uno slum significa combattere, ogni giorno. Ora che i prezzi sono raddoppiati, è veramente una lotta alla sopravvivenza, quotidiana. Secondo una testimonianza raccolta nel quartiere di Lucky-Summer, prossimo allo slum di Korogocho, il lavoratore G. ci racconta: “Un pacco di Unga, fino ad un anno fa, costava circa 160 scellini; ora ne costa più di 200. E Ruto ci aveva promesso che il costo sarebbe sceso a 100 scellini. Facciamo un altro esempio. Il costo dello zucchero è raddoppiato: un pacco costava 200 scellini, ora ne costa 400. Per non parlare del costo della benzina.”

Slum di Korogocho, foto di Paola Viola.

E tutto questo avviene al di sotto del controllo dello Stato. Cosa accade, invece, nei territori dove lo Stato non esiste? Arriviamo così a parlare degli slum, addentrandoci nel cuore dello slum di Korogocho.

Cosa vuol dire essere un abitante dello slum

Korogocho è uno slum nella periferia di Nairobi. Si trova a ridosso della discarica più grande dell’Africa orientale, la discarica di Dandora. Si capisce di essere al centro di uno slum dalla consistenza delle case: non esistono abitazioni permanenti, ma cumuli di lamiera e materiali leggeri. In uno slum, non si possono costruire delle vere case. Il piano regolatore, qui, lo detta la mafia locale. Il nostro accompagnatore, nonché preside della scuola in cui l’associazione con cui mi sono recata qui, Una Mano per un Sorriso for Children opera, ci racconta: “Ora, mentre venivate, avrete incontrato persone che chiedevano soldi. Questa è la zona: qualcuno vende alcol e marijuana. Questo fa parte della realtà di questo posto. In questo lato dello slum, non ci sono case con il bagno. Alle persone interessa solamente avere una casa: il bagno non è una loro priorità. La priorità è avere una stanza come questa. Il bagno diventa un tuo problema, l’elettricità diventa un tuo problema e l’acqua è un tuo problema. Devi vedere tu come gestire questi tre aspetti.”

Qui, per risolvere il problema del bagno hanno inventato il “flying toilet”. Durante il giorno, le famiglie utilizzano un sacco o una piccola scatola dove fare i propri bisogni. Quando arriva la sera, lo getti via: ecco il motivo del nome di “toilet volante”. Non è un problema se colpisce qualcosa, qui si sa che funziona così. Passiamo ora al problema dell’elettricità e dell’acqua. Non è mai successo che il governo venga qui a staccare la corrente, se non vengono pagate le bollette. Il motivo? È vero che lo slum è sul territorio del governo ma, allo stesso tempo, si sa che la sua gestione è in mano alla mafia. Sono loro le persone che provvedono alla luce e, su richiesta, all’acqua. Da un lato ,questo posto ha molti vantaggi perché, non avendo servizi, tutto costa molto meno. Eppure come si vedrà ora, non basta ancora. La famiglia che abbiamo incontrato lo dimostra.

Una storia per capire

I genitori della famiglia che abbiamo incontrato lavorano entrambi in discarica. Abitano in una stanza, dove c’è tutto: dal letto matrimoniale, una piccola cucina  e un divano, mentre il resto della famiglia dorme per terra, dove c’è un telo che copre il pavimento e l’eventuale fango che potrebbe formarsi dalla pioggia.

Per dare solo un senso pratico di quello che voglia dire vivere in uno slum, durante una crisi economica: questa famiglia paga 1500 scellini per l’affitto e 300 scellini per elettricità. Uno dei compiti dei lavoratori è quello di raccogliere i rifiuti in plastica. Per sapere di più di cosa voglia dire lavorare nella discarica di Dandora, leggi qui. I sacchi di plastica vengono raccolti fino a pesare un chilogrammo. A quel punto, viene consegnato al referente di quella zona della discarica, detto chief, parte integrante della mafia. È un processo: prima si raccoglie e si raggruppa; poi si lava, si pesa e infine si consegna. Un kilogrammo, prima della crisi, veniva pagato 5 scellini, ora il costo si è ridotto a 2 scellini. L’intero processo dura una settimana: al termine della quale devono essere stati raccolti i 100kg richiesti.

Un incontro in casa di una famiglia, che vive nello slum di Korogocho. L’associazione Una Mano per un Sorriso for children ogni anno va ad incontrare le famiglie dei suoi studenti e delle sue studentesse.

Se si fa un breve calcolo, la raccolta di 100kg di sacchetti di plastica prevede il guadagno, per il lavoratore, di 200 scellini. Riprendendo quanto affermato prima, con una settimana di lavoro, la mamma non riesce neanche a pagare la retta dell’elettricità. L’acqua, invece, viene comprata a tanica, di solito il sabato, quando si lavano i vestiti. Per cercare di rendere ancora una volta il senso di povertà di Korogocho, il preside della Smiling School ci dice: “Qui non si mangia il cibo, ma aniona,”. Aniona sono i pacchi di briciole di cibo, gli scarti del cibo.

Tutto va avanti, nulla cambia

Quando abbiamo chiesto come stia la mamma, ha sorriso. Dice che, se dovesse rispondere sinceramente, dovrebbe lamentarsi di tutto. C’è però una frase che conclude l’incontro: “Anche se la tua vita è miserabile, puoi sempre aiutare.” E così, mentre in città oggi pomeriggio si protesta, i lavoratori della discarica, chini sui rifiuti, continuano la loro raccolta, sperando che qualcosa cambi eppure consapevoli, che se anche qualcosa dovesse succedere, per loro non cambierebbe nulla.

Autore

Cresciuta nella campagna piemontese, a Rivalba, ( ti giuro, esiste! ), con la scusa di studiare lettere ho vissuto nella calorosa Roma e nella raffinata Parigi. Scrivo grandi storielle letterarie, ma scrivere il presente e il suo divenire, beh, quella sí che è una gran bella storia che vi vorrei raccontare.

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