COP26: non parliamo di accordo, parliamo di compromesso

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Nel dizionario, alla voce “Accordo” si trova: «Concordia, armonia di sentimenti in una o più cose». Risulta a questo punto difficile parlare di accordo, se il suo promotore, vale a dire il Presidente della Cop 26, Alok Sharma, si commuove di fronte al mondo, nel suo discorso conclusivo, affermando: «Sono profondamente dispiaciuto. Davvero». 

Procediamo con ordine

La Cop 26, la ventiseiesima edizione della Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC) si è tenuta a Glasgow, in Scozia, dopo due anni di fermo dovuto alla pandemia, dal 31 ottobre al 12 novembre, anche se l’accordo finale è arrivato solo sabato 13, alla sera.  

Se i primi giorni della Conferenza gli occhi sono puntati sui capi di stato (quelli che si sono presentati) e le loro dichiarazioni; dal 3 all’11 novembre, ogni giornata è dedicata a discussioni e interventi su un tema specifico: dalla finanza, all’energia, dai giovani all’empowerment femminile, fino ai temi dell’adattamento e i danni causati dal cambiamento climatico. Ogni momento può essere sfruttato per una possibile trattativa, per un confronto. Il multilateralismo gioca un ruolo centrale: si lavora giorno e notte, per assecondare richieste e per esigere nuovi sforzi. Il 12 novembre si sarebbe dovuto presentare il documento finale. In assenza di accordo, si sarebbe proseguito fino ad un’intesa di massima, spesso al ribasso. E così è stato, anche questa volta, proprio all’ultimo minuto. 

I due grandi temi, i due grandi obiettivi prefissati non sono stati raggiunti: una data unica per l’uscita globale dal carbone e la stipulazione di un accordo di 100 mld all’anno, a supporto dei paesi del sud del mondo. I fondi, da parte dei paesi ricchi, dovrebbero finanziare la transizione di quelli più poveri, vale a dire coloro che hanno meno contribuito all’inquinamento del pianeta e che saranno probabilmente i primi a soffrire a causa dei cambiamenti climatici. Il mancato fondo per il Loss & Damage rappresenta una mancanza di aiuti per coloro che subiscono una crisi che non hanno causato. Per quanto riguarda, invece, il primo obiettivo, l’uscita dal carbone, non solo non si è decisa una data, ma non si è neanche deciso di abbandonare del tutto il carbone. Pochi minuti prima del discorso quasi in lacrime di Sharma, l’India, probabilmente con il sostegno nascosto della Cina, affonda il capitolo sul tema con un emendamento che richiede, all’ultimo minuto, di utilizzare phase down al posto di phase out: diminuzione al posto di rinuncia del carbone. Greta Thunberg twitta: «La Cop 26 è finita. Ecco un breve riassunto: Blah, blah, blah».

Ci sono stati dei passi avanti, importanti. E sarebbe ingiusto negarli o minimizzarli. Finalmente sono state chiuse le regole che mancavano per attuare gli accordi di Parigi stipulati ben sei anni fa, con un mercato del carbonio mondiale e con una rendicontazione unica delle emissioni, richiesta perentoria dopo l’inchiesta pubblicata qualche giorno fa dal Washington Post

Finalmente in un documento sul clima si citano i fossil fuels. Finalmente si ha un impegno intermedio con la decisione di un taglio del 45% della CO2 entro il 2030 e si parla anche di gas serra con l’invito a ridurli entro la stessa data. Ci sono, inoltre, accordi importanti tra gruppi di paesi come la lotta alla deforestazione, lo stop al sostegno ai combustibili fossili all’estero, e la nuova alleanza climatica tra Pechino e Washington. Infine, l’ultimo risultato positivo è la decisione di rivedere già l’anno prossimo i propri Ndc, vale a dire gli sforzi di ciascun paese per il taglio di emissioni. 

Ma si può parlare di un accordo? «Di un’armonia di sentimenti in una o più cose»? Il termine “compromesso” viene utilizzato anche da Antonio Guterres, il segretario generale dell’Onu. Forse quello che si è sbagliato, fin dall’inizio, è stato creare un’incredibile aspettativa su questa Cop, che sembra preparare le carte senza entrare veramente nel gioco. Le mette in tavola, segna alcune parti del regolamento che non erano chiare, ma il gioco non inizia. Si sa che per vincere la partita bisogna rimanere sotto il +1,5°C. Possiamo dire che ora siamo pronti a giocare, ma non ci hanno ancora chiaramente detto come vincere. 

Autore

Cresciuta nella campagna piemontese, a Rivalba, ( ti giuro, esiste! ), con la scusa di studiare lettere ho vissuto nella calorosa Roma e nella raffinata Parigi. Scrivo grandi storielle letterarie, ma scrivere il presente e il suo divenire, beh, quella sí che è una gran bella storia che vi vorrei raccontare.

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