#BoycottMulan: il nuovo Mulan della Disney è un flop

Il nuovo live action Disney di Mulan ha registrato un flop senza precedenti per diverse ragioni.

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Il nuovo Mulan costa troppo ed è diverso dall’originale

Negli ultimi mesi la suspense sull’arrivo di Mulan 2020 è cresciuta giorno dopo giorno: prima perché l’uscita nelle sale continuava a essere rimandata, poi perché, col passare dei mesi, sono state rilasciate notizie che hanno fatto nascere molti disaccordi tra i fan. Tra le varie obiezioni, naturalmente, troviamo anche quelle economiche, in quanto il live action uscito il 4 settembre sulla piattaforma di Disney+ è stato venduto al pubblico come un vero e proprio film in sala, alla cifra di 21,99€, aggiuntivi all’abbonamento base mensile di 6,99€.

Inoltre, il film non è molto fedele alla storia originale. Molti personaggi sono stati cancellati dalla trama, tra i quali Mushu e il capitano Li-Shang; quest’ultimo, in particolare, è stato eliminato perché la sua storyline non è stata ritenuta adatta nell’era del #MeToo. Il suo personaggio è stato diviso in due: lo troviamo nel comandante Tung, una sorta di padre surrogato di Mulan, nonché suo mentore, e in Honghui, guerriero di pari grado. Il produttore Jason Reed, infatti, ha affermato che “avere un ufficiale comandante che è anche l’interesse sentimentale e sessuale della protagonista sarebbe molto scomodo e abbiamo pensato che non fosse appropriato”.

Mulan in Cina ha registrato un flop clamoroso

Aldilà delle rivisitazioni narrative poco congrue, il film è stato considerato immediatamente un flop, a partire dagli incassi, decisamente al di sotto delle aspettative. La Disney puntava molto sull’uscita in Cina di Mulan, ma gli incassi del lungometraggio sono stati deludenti anche nel Paese asiatico. Per la realizzazione del film sono stati spesi più di 200 milioni di dollari e la stima degli analisti prevedeva nel fine settimana di apertura tra i 20 ed i 25 milioni di dollari d’incasso. In realtà, il film ne ha ottenuti meno di 20. I motivi che hanno portato a tutto ciò sono diversi: tra questi c’è anche la campagna di boicottaggio fatta al film attraverso l’hashtag #BoycottMulan.

#BoycottMulan e altri motivi del flop

#BoycottMulan nasce come una protesta portata avanti dagli attivisti di Hong Kong, ma negli ultimi giorni si sono uniti al boicottaggio anche gli attivisti della Thailandia e di Taiwan. L’hashtag ha avuto origine dalle affermazioni dell’attrice protagonista Yifei Liu, che, nell’agosto 2019, ha pubblicato sui social un messaggio di sostegno alla polizia cinese, mentre le proteste contro la legge sull’estradizione infuriavano a Hong Kong:

Io sostengo la polizia di Hong Kong. Potete anche attaccarmi adesso. Che vergogna per Hong Kong.

Quel che ha fatto più scalpore del film è stata la realizzazione di molte scene nello Xianjang, dove si stima che oltre un milione di cinesi musulmani Uiguri siano stati mandati nei campi di rieducazione. La cosa viene esplicitata negli screenshots dei credits: normalmente i produttori dei film ringraziano le autorità degli Stati che hanno permesso loro di girare le scene in determinati luoghi e nel film viene ringraziato il Publicity Department of CPC Xinjiang Uyghur Autonomous Region Committee (dove si troverebbero appunto i campi di rieducazione) e l’Ufficio di Pubblica Sicurezza di Turpan, municipalità nello Xinjiang, responsabile della produzione di propaganda di Stato nella regione.

Il perimetro di quello che viene considerato un campo di detenzione per musulmani nello Xinjiang

Interpellato sulla reazione alle riprese del film nello Xinjiang, il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha ribadito la posizione di Pechino che nega l’esistenza di campi di lavoro forzato nella regione, definendole istituzioni professionali e rieducative, accusando le forze anticinesi di diffamare la sua politica nello Xinjiang.

Autore

Nata il 18 gennaio 1998, stesso giorno di Inter/Bari 0-1. Ma in realtà non mi piace il calcio. Sono un’appassionata di cinema, ma non ho mai visto Titanic. La mia filosofia di vita è “lo faccio dopo”. Tante cose mi rendono felice: una giornata al mare, una serata al cinema, una birra a San Lorenzo, una partita a burraco, ma sopratutto una teglia di lasagna con la crosta bruciata quando fuori piove. Letta così potreste pensare che sono una settantenne nel corpo di una ventenne. E magari avete anche ragione voi.

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