È giunta al termine la 79° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, a novant’anni dalla sua prima edizione: tra polemiche, influencer e presunti sputi il cinema fortunatamente rimane protagonista. È stata un’edizione intensa di emozioni, ricca di tematiche controverse e film differenti. Ben 23 film in concorso e cinque film italiani in gara che hanno creato tante aspettative. Ripercorriamo insieme tutto ciò che è successo!
Apre la 79esima edizione della Mostra di Venezia Noah Baumbach con il suo film White Noise (disponibile su Netflix dal 30 dicembre 2022), tratto dall’omonimo romanzo di Don DeLillo. Un romanzo che nessuno avrebbe mai pensato potesse essere adattato ad un racconto cinematografico in quanto dominato da una rappresentazione astratta e filosofica, ma che in realtà il regista trasporta fedelmente con il linguaggio cinematografico. In questo racconto si scava nella profondità di una società americana nel pieno tardocapitalismo riportando alla luce gli effetti negativi dell’iperconsumismo e del progresso tecnologico attraverso la quotidianità di una famiglia. Il film di Baumbach, nonostante sia tratto da un romanzo del 1985, risulta molto attuale nella sua visione apocalittica riportandoci sia al periodo vissuto in pieno Covid che all’imminente emergenza climatica.
La 79esima edizione della Mostra di Venezia è tutta al femminile, dichiarata fin da subito con la scelta dell’immagine Manifesto: una Leonessa d’oro sostituisce il Leone di Venezia. Emerge da questa decisione l’eleganza, la creatività e la leggerezza. La Leonessa è simbolo di speranza, lontano dall’aggressività e dalla ferocia, ci spiega Lorenzo Mattotti, illustratore e autore italiano che firma per il quinto anno l’immagine Manifesto ufficiale. È dunque un Festival al femminile: Julianne Moore è Presidente della Giuria Internazionale del Concorso, il Premio Mastroianni va ad una giovane attrice emergente, Taylor Russell e il Leone d’Argento Gran Premio della Giuria ad Alice Diop per Saint Omer. Indiscutibile e prevedibile il premio Volpi per la miglior interpretazione femminile alla straordinaria Cate Blanchett per Tár e tanto discusso il Leone d’Oro per il miglior film a Laura Poitras con All the Beauty and the Bloodshed considerato scolastico e poco provocatorio dalla critica.
È stata un’edizione intensa di emozioni, ricca di tematiche controverse e film differenti. Film autobiografici e strettamente personali, film autoriali e politici carichi di denuncia sociale, film provocatori e ironici ma soprattutto film coraggiosi, così come è stata definita coraggiosa l’intera edizione nel discorso di chiusura della madrina di Venezia 79, Rocio Munoz Moralez.
Coraggio, perché fare cinema significa questo. Significa osare e mettere in discussione l’intero sistema e denunciarlo quando serve. Significa lottare per la libertà anche a costo di mettere in gioco la propria, significa rompere gli schemi, provocare, scuotere i pensieri, mobilitare le masse. Il cinema è la più alta forma di denuncia sociale e i cineasti in quest’edizione lo hanno ben mostrato. Il regista iraniano Jafar Panahi non ha potuto essere presente alla Mostra in quanto privato (nuovamente) della sua libertà personale, ma il suo film Kehrs Nist (Gli orsi non esistono) e il suo pensiero sono stati protagonisti: dal flash-mob organizzato dalla Biennale prima della proiezione del suo film per mostrargli piena solidarietà, al discorso durante la cerimonia di chiusura di Luca Guadagnino: «Fare film è sempre stata la mia vita. Da quando avevo 8 anni e facevo i primi esperimenti. L’ho sempre fatto in libertà e nel rischio. Voglio dedicare questo premio a Jafar Panahi e Mohammad Rasoulof che sono stati arrestati dal governo iraniano per sovversione. Viva a loro, viva alla sovversione e viva il cinema».
Ed è proprio Guadagnino a ricevere il Leone d’Argento per la miglior regia per il suo film tanto atteso, poi tanto discusso, Bones and All (nelle sale da novembre 2022). Un horror sentimentale che si intreccia al teen drama riportando in tutto e per tutto la poetica del suo regista: siamo negli anni 80 e due giovani sono destinati a incontrarsi e a condividere la loro natura mostruosa. Anche in questo film di Guadagnino i giovani e i marginati trovano spazio e diventano protagonisti: la solitudine e la risposta ad essa da parte dei personaggi sono forse la chiave di lettura del film. Bones and All può essere considerato anche un dramma familiare perché vede nei rapporti familiari il motore che innesca l’azione dei personaggi. Tuttavia, Bones and All fa affidamento ad una sceneggiatura debole su alcuni punti (quello che sembrava l’obiettivo principale della protagonista, trovare la figura materna, diventa uno dei tanti elementi messi a caso nella trama) ma soprattutto sul finale un po’ forzato quanto confuso. Sicuramente l’obiettivo di Guadagnino era quello di disturbare il pubblico e non risultare banale, obiettivo del tutto riuscito.
A concludere quest’importante edizione è il film The Hanging Sun di Francesco Carrozzini (in sala dal 12 settembre) con Alessandro Borghi e Jessica Brown Findlay, tratto dal romanzo Sole di Mezzanotte di Jo Nesbø. Un film freddo, così come è fredda la sua ambientazione, lento e profondo così come lo sono le sue inquadrature e la sua fotografia. John (Alessandro Borghi), scappato da un passato violento e da una figura paterna manipolatrice, si nasconde in un villaggio nel nord della Norvegia. Nonostante la freddezza e la poca ospitalità degli abitanti, John viene accolto da Caleb, un giovane ragazzo molto caloroso con il quale crea un legame particolare di amicizia, e sua madre Lea, una donna vittima di violenza. The Hanging Sun è un film riuscito ed equilibrato, un thriller sentimentale che fa affidamento su una grande sceneggiatura: un inizio turbato e oscuro si conclude con il trionfo della stabilità e la speranza verso il futuro.
Autore
Parlo tanto e quando capita scrivo pure. Laureata in comunicazione e media, master in produzione televisiva e cinematografica. Guardare film e serie tv è la cosa che mi riesce meglio, amo Kubrick e sono simpatica.