Ritrovarsi fra amici, condurre l’asta, creare la propria squadra ideale, schierarla in campo, vincere, perdere, litigare e divertirsi. Domeniche trascorse davanti al televisore, sempre con un occhio ai voti live dei giocatori e l’altro rivolto alla chat del gruppo Whatsapp, dove imperversano pianti apotropaici, polemiche e battute. Un’altalena di emozioni che inizia il venerdì e termina il lunedì, un modo per vivere insieme la passione per il calcio. Il fantacalcio è ormai da diversi anni uno dei passatempi principali per milioni di italiani. Ma come si è arrivati a tanto? Da dove nasce tutta questa ossessione?
Come nasce il fantacalcio
Il fantacalcio nasce da un giornalista italiano, Riccardo Albini, che, ispirandosi ad un gioco basato sul baseball (Fantasy Baseball), lo progettò per la prima volta nel 1990. Alberto Rossetti e Diego Antonelli diedero un contributo significativo per la stesura ultima del gioco. Una vera spinta a questo nuovo gioco la diede La Gazzetta dello Sport, che, a partire dal 1994, tra le sue pagine, ospitò le votazioni dei singoli giocatori per calcolare i punteggi delle fanta-squadre.
Inizialmente erano previsti 10.000 partecipanti, ma durante l’anno si arrivò a 70.000. Il fantacalcio delle origini non godeva del supporto tecnologico: bastavano carta, penna e molta volontà. Ogni domenica si inviavano le foto della formazione schierata e ogni lunedi, tramite il giornale, si verificavano i voti dei giocatori per capire il risultato.
Ora è tutto più semplice e immediato: tramite alcune applicazioni è possibile gestire tutto sull’app, dalla rosa, alle formazioni, fino ai risultati finali, con tanto di voti live. Un sistema che ha reso il fantacalcio un gioco più fluido e appassionante.
L’asta: il Natale dei fantallenatori
Alla base del successo del fantacalcio c’è una ragione molto semplice: consente a ciascuno di essere allo stesso tempo presidente e allenatore di una squadra costituita da giocatori reali. Ogni fantallenatore ha la possibilità di gestire delle risorse, scegliere e comprare giocatori, schierarli come meglio crede. La componente creativa e divertente del fantacalcio emerge anche nel nome che ogni fantallenatore assegna alla propria squadra: AC Denti, Team Broglio, Aston Birra, Avellino Banfi, Celta Vino, sono solo alcuni dei nomi più curiosi nomi inventati per l’occasione.
La stagione fantacalcistica, così come quella calcistica, inizia molto presto: a giugno, terminato il campionato e tirate le somme, già si inizia a pensare alla prossima asta. L’asta, il giorno X, momento cruciale, così atteso, dai tratti mitici, condensazione di aspettative ed emozioni, nonché maratona all’insegna del divertimento.
Raccontare l’atmosfera che si respira ad un’asta di fantacalcio è difficile. Ancor più difficile è trovare e stabilire il giorno dell’asta, mettendo d’accordo tutti i partecipanti: spunta sempre un imprevisto nelle ultime ore che rischia di rimandare l’appuntamento, oppure qualcuno si ricorda di un impegno all’ultimo istante. Stabilito il quando, fondamentale è la location: generalmente si tratta di un tavolo ampio attono al quale i partecipanti siedono uno di fianco all’altro, come i membri di una setta in procinto di inziare la seduta spriritica. Sul tavolo c’è di tutto: oltre al cibo e alle bevande, si sprecano penne, matite, fogli e quaderni, dove si nascondono le segrete strategie di ogni fantallenatore. L’asta è poi una maratona per il fisico; è interminabile, mette alla prova la capacità di rimanere lucidi e concentrati.
Distribuiti i fantamilioni, l’asta può partire. Emergono pian piano i tipi fissi, ossia le categorie di fantallenatore che si possono ritrovare in quasi tutte le aste: l’esperto che commenta ogni acquisto, chi non conosce metà dei giocatori, chi si affida ad algoritmi e statistiche, chi si sbraccia per far alzare l’asta agli altri, il fantallenatore tifoso che acquista prettamente giocatori della sua squadra del cuore.
Il pianto funziona
Si è parlato del fantacalcio come di un gioco in cui la bravura, la creatività, l’ingegno del fantallenatore sono fondamentali. Falso. Sono tutti aspetti che contano, ma non fanno la differenza. È la fortuna la variabile più determinante del gioco, che si manifesta soprattutto in un calendario di partite favorevole.
I fantallenatori sono consapevoli dell’importanza che la fortuna riveste e cercano di provocarla, di richiamarla al loro fianco. Come? Con il fatidico pianto scaramantico, che, sfuggendo alla logica razionale che governa le cose, nella maggior parte dei casi funziona. Alla base della teoria del pianto c’è l’idea che mostrarsi deboli porti la Sorte dalla propria parte. Esistono principalmente due categorie di pianto: l’autocommiserazione, ossia lamentarsi della propria squadra e della propia sfortuna («Immobile non segnerà mai in casa contro il Venezia») e l’elogio altrui («Vincerai sicuramente tu, domani la doppietta di Insigne è certa»).
Cos’è Alvin482, l’algoritmo del fantacalcio che rende il voto scientifico
Abbiamo descritto il fantacalcio come un appassionante gioco fra amici. Ma un gioco è fatto anche di competitività e, proprio per questo, le polemiche sono all’ordine del giorno. Polemiche che riguardano soprattutto i voti, ago della bilancia del fantacalcio. Un 5,5 invece di un 6 può essere decisivo.
Per questo i vari portali sportivi che permettono la creazione di leghe sono costantemente alla ricerca di metodi per rendere questo gioco il più oggettivo e imparziale possibile. Prima del 2017 l’assegnazione dei voti era gestita dalle redazioni dei quotidiani sportivi o dei siti di fantacalcio. Voti partoriti da esperti del settore, ma soggettivi e facilmente contestabilii.
La svolta arriva nel 2017, quando Leghe Fantagazzetta, oggi Fantacalcio, uno dei principali portali di fantacalcio adotta il sistema Alvin482, un algoritmo sviluppato sulla base di banche dati fornite da Opta. L’aspirazione è rendere il voto del fantacalcio un prodotto scientifico. L’algoritmo legge questi dati, li mette in relazione con un indice di performace specifico per ogni ruolo, per poi tradurli in voti. Il sistema tiene conto anche di fattori contestuali come l’avversario affrontato, l’ambiente in cui si gioca, il rendimento delle ultime partite.
Nonostante questa rivoluzione, le polemiche non tendono a diminuire. Non basterà un software, per quanto preciso e oggettivo. Il calcio è bello perchè tutti ne possono parlare, tutti possono pensarla diversamente e pretendere di avere ragione: un calcio senza polemica è un buon piatto, ma leggermente sciapo.
Autori
Nasco a Roma nel 1997. Formatomi sui precetti morali del Re Leone, mi laureo in lettere e divento giornalista pubblicista. Appassionato di sport e storie di sport, nella vita faccio il centrocampista. Amo il mare e detesto il sensazionalismo quasi più degli anfibi.
Romano e romanista. Tutti mi dicono che assomiglio a Mauro Icardi, ma secondo me sono più bello. Nei viaggi con gli amici sono quello che guida, ma per passione. Laureato in Lettere, sognavo di scrivere per qualche testata giornalistica, ma per il momento mi ritrovo in Generazione: mi accontento.