LE RIPRESE DI THE ODYSSEY NEL SAHARA OCCIDENTALE NORMALIZZANO DECENNI DI OCCUPAZIONE MAROCCHINA

Le riprese del nuovo film di Christopher Nolan si sono spostate a pochi chilometri da Dakhla, città situata nel territorio occupato del Sahara Occidentale.

0% Complete

Sarebbe incredibile se Nolan girasse un film nella tua città.
Essere svegliati da enormi luci di enormi proiettori. Intasati da metri e metri di pellicola 70mm che sembra scorrerti nelle vene.
Sarebbe incredibile avere megastar internazionali sotto casa tua e imponenti scenografie che modificano lo stradario del quartiere in cui sei nato. Ospitare milioni di dollari e mostrare la tua terra a tutto il mondo. Sarebbe incredibile avere tutto questo, ma non ancora il diritto all’autodeterminazione.
Si, sembra incredibile, ma è questa l’ultima beffa ai danni di una terra costantemente sfruttata e ignorata.

In questi giorni le riprese di The Odyssey, nuovo film di Christopher Nolan, si sono spostate a pochi chilometri da Dakhla, città situata nel territorio occupato del Sahara Occidentale. Questa zona ha una storia sanguinosa, ferita da continui abusi e sfruttamenti.

1975: l’occupazione marocchina.

Dopo la colonizzazione Spagnola del 1884, il Marocco di Hassan II si è imposto con un’occupazione illegale nel 1975, militarizzando l’area e costruendo un muro di sabbia (berm) lungo 2.700km, che divide da nord a sud la regione. Da una parte la terra occupata, dall’altra (circa un terzo del territorio) le zone liberate dal Movimento di liberazione nazionale saharawi. L’enorme berma è controllata da 100.000 truppe marocchine e radar finanziati dall’Europa.
Ed è un muro particolarmente penoso per i saharawi, abituati da sempre a spostarsi nelle loro terre seguendo le nuvole.

Berm, il muro di sabbia di quasi 3000 km nel Sahara Occidentale.

La Repubblica Araba Saharawi Democratica, promossa dal Fronte Polisario, riconosciuta come legittimo rappresentante del territorio dalle Nazioni Unite e dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, lotta da mezzo secolo per la sua autodeterminazione. E lotta con le armi, costretta da violente repressioni e costante trascuratezza internazionale.

Un po’ come Tom Hanks in The Terminal o peggio, come i gazawi in quello che rimane della Striscia o i palestinesi in Cisgiordania, i saharawi sono costretti in una sala d’attesa costantemente sorvegliata; attraversata da tutti e visti da nessuno. E sono ancora oggi aggrappati a un referendum promosso dall’ONU in stallo dal 1991, boicottato in principio dalle forze marocchine per invalidarlo.

Hollywood contro il diritto all’autodeterminazione del popolo Saharawi.

La loro storia, una storia di infinita resistenza e rivendicazione, continua a essere scritta tra l’indifferenza generale, soprattutto di media e enti diplomatici internazionali. A nessuno importa cosa accade in quell’angolo di terra dimenticata, ma tutti sono interessati alle sue bellezze naturali, caratterizzate soprattutto da estesissime dune bianche, e alle sue ricchezze nascoste. Specialmente da quando nel 1963 è stata scoperta la riserva di fosfati più grande al mondo.

L’ultimo grande tassello del feroce abuso del Sahara occidentale è la presenza di Christopher Nolan e le sue megastar per le riprese dell’ultima sfida del regista britannico, The Odyssey, trasposizione cinematografica del classico di Omero. Un film che poteva usare ambienti simili, come Algeria o Tunisia, e che invece prende una scelta consapevole e politica, ignorando il grido di aiuto dei saharawi, vittime di continui soprusi, torture e violenze.

Ovviamente i media marocchini hanno festeggiato l’arrivo delle star, tra cui Zendaya e Matt Damon, con grande entusiasmo e merito. L’entusiasmo è giustificatissimo: la scelta di questa location contribuisce alla normalizzazione dell’insediamento illegale e alla repressione del popolo saharawi. In parole povere riconosce la sovranità marocchina nel territorio del Sahara occidentale. La realtà è che il suo processo di decolonizzazione, lungo, umiliante e violento, è ancora incerto.

Tra occupazione ed ecocidio: il capitalismo vince sull’autodeterminazione dei popoli.

Proprio come Netanyahu intende fare con Gaza, il Marocco ha negli anni trasformato Dakhla in un grande polo turistico, nascondendosi dietro ad esclusive pratiche sportive e progetti di energia rinnovabile che contribuiscono in realtà a estrazioni minerarie che arricchiscono solo l’élite: aziende europee e statunitensi; banche internazionali e politici. I soliti, insomma.
Il termine giusto da usare è “colonialismo verde”, ossia l’infame abuso “pulito” delle aree naturalistiche per normalizzare e giustificare gli sfregi perpetrati a una terra oppressa. Questa pratica privatizza l’estrattivismo e, nel caso del Sahara Occidentale, contribuisce alla vendita illegittima di pesce, fosfati e sabbia alle compagnie internazionali, tra i mercati più proficui al mondo.
La pagina Saharawivoice, gestita da giornalisti saharawi, scrive: “Se la soluzione non è anticolonialista, non è una soluzione. E’ parte del problema.”

C’è però un altro tipo di resistenza che il popolo saharawi porta avanti da anni. Una resistenza non meno “disperata” di quella armata del Fronte Polisario.
La resistenza culturale nasce nei campi profughi algerini, popolati da più di 150.000 tra uomini e donne e bambini fuggiti dalle violenti incursioni marocchine (e mauritane) del 1975.
Si tratta del Sahara International Film Festival, chiamato FiSahara. Sono soprattutto loro ad alzare la voce e fanno dunque un appello diretto a Nolan.

FiSahara: un festival di resistenza.

Il festival, creato nel 2003 dai rifugiati stessi, si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica sul conflitto ignorato del Sahara occidentale e di educare il popolo saharawi alla coscienza cinematografica come forma autoespressiva. Questo anche grazie a una scuola di cinema aperta nel 2011, che permette alla nuova generazione di cineasti saharawi di raccontare le loro storie di finzione, di resistenza, di amore, di tutto. E questi film indipendenti e personali e assolutamente veri si fanno fionda di una resistenza che mira e lancia e sicuramente colpisce. Ed è così che si crea un movimento culturale e politico nel mezzo del deserto, con proiezioni e workshop e dibattiti che risultano particolarmente stimolanti per rifugiati e ospiti spesso internazionali. Così si raccoglie una grande eredità e nasce una grande speranza.

E’ il forte senso di dignità dei saharawi che ha portato il FiSahara a scrivere un manifesto in cui chiedono ufficialmente a Universal Pictures, Syncopy e Christopher Nolan di riconoscere e ammettere che non avrebbero dovuto girare scene di The Odyssey a Dakhla. Gli organizzatori sono certi che “se comprendessero appieno le conseguenze di girare in un territorio i cui popoli indigeni fanno fatica a realizzare i propri film sulle loro storie sotto occupazione, Nolan e il suo team ne sarebbero inorriditi”.

Sempre tramite il manifesto, il FiSahara invita Nolan ad interfacciarsi direttamente con cineasti e giornalisti del posto e utilizzare la sua potente influenza artistica per far luce sulla vile violazione dei diritti umani che si consuma in quei luoghi.

E sono migliaia le firme che appoggiano queste richieste. Tutti lavoratori dello spettacolo e giornalisti e cittadini. Tra cui spicca la firma di Javier Bardem, attore spagnolo notissimo e attivista che nel 2012 ha realizzato un documentario sull’argomento: “I figlie delle nuvole: l’ultima colonia”.

Autore

Daniele De Marco

Daniele De Marco

Redattore

Sono tra i primi del 2000 e incapace di pensare. Cresciuto davanti un aeroporto e forse è per questo che respiro male e ci sento poco.

Collabora con noi

Sede di Generazione Magazine Sede di Generazione Magazine Sede di Generazione Magazine Sede di Generazione Magazine

Se pensi che Generazione sia il tuo mondo non esitare a contattarci compilando il form qui sotto!

    Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

    Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

    Chiudi