I rifiuti di plastica e il diritto alla casa sono due fra i temi più rilevanti del nostro tempo, specialmente in quei paesi ancora troppo poco sviluppati per disporre di sistemi di riciclo adeguati o case efficienti per la popolazione. È questo il punto di partenza del lavoro di Othalo e Julien De Smedt Architects, che, attraverso la considerazione dei problemi della nostra contemporaneità, danno luogo ad un progetto che si propone di generare una comunità globale più equa e risolvere gli squilibri territoriali. Proprio partendo da queste due questioni essenziali il gruppo belga-norvegese tenta di trovare una risposta architettonica efficace per i territori dell’Africa Sub-sahariana, non solo capace di utilizzare plastica riciclata nei sistemi di costruzione tradizionali o generare nuovi spazi per la comunità, ma anche di mantenere e sviluppare l’importanza delle tradizioni e dei bisogni locali.
Collaborare per il bene comune
Othalo è una start-up norvegese fondata nel 2019 con una triplice missione: risolvere le crisi abitative, riutilizzare rifiuti di plastica e creare posti di lavoro a livello locale. Il loro mercato di riferimento è il mondo in via di sviluppo, dove il bisogno di case a prezzi accessibili, centri per rifugiati o strutture di aiuto per disastri e situazioni di emergenza è enorme. Il progetto di Othalo non potrebbe tuttavia prendere il via senza un effettivo contributo architettonico o ingegneristico che si occupi di tradurre le idee della start-up in materiali e tecnologie abitative. Julien De Smedt, architetto belga e fondatore dello studio JDS Architects, particolarmente conosciuto per le sue collaborazioni con i grandi studi internazionali OMA, Rem Koolhaas o BIG, è il braccio esecutore del progetto. A garantire l’effettiva fattibilità dei progetti di Othalo e De Smedt sono i clienti e partner, ovvero i governi e le associazioni umanitarie: a questo riguardo, UN-Habitat ha lanciato nel mese di ottobre una collaborazione con la start-up norvegese per combattere contemporaneamente i problemi dell’inquinamento e del diritto alla casa.
Dalla bottiglia alla casa
Utilizzata da decenni per il basso costo di produzione e l’elevata versatilità, la plastica è ormai da molto tempo il materiale preferito di moltissime aziende in tutto il mondo. Ogni minuto vengono acquistate globalmente un milione di bottiglie usa e getta, ma delle 9 miliardi di tonnellate di plastica prodotte dagli anni Cinquanta ad oggi solamente il 9% è stato effettivamente riciclato. Non è più sconvolgente svelare gli effetti disastrosi che questo materiale ha sul nostro ambiente e quanto sia necessaria un’alternativa ed un riciclaggio efficace. Nella nostra penisola sono stati compiuti passi da gigante sul fronte della raccolta differenziata, con una percentuale di recupero dei rifiuti in plastica che sfiora l’80%; allo stesso modo, in Europa sono moltissime le politiche adottate negli ultimi anni in materia. Cosa significa questo però per i paesi in via di sviluppo?
In molte nazioni africane l’inquinamento da materie plastiche è decisamente più evidente, a causa di sistemi di raccolta dei rifiuti spesso poco efficienti o inesistenti. Ad aggiungersi alle questioni climatiche è anche il problema della casa che riguarda purtroppo ancora molti paesi del cosiddetto “Terzo Mondo”: nella sola Africa sub-sahariana, il bisogno immediato di alloggi a basso costo è di 160 milioni di unità abitative, valore che vedremo molto probabilmente duplicare nei prossimi 30 anni. Essendo i metodi di costruzione tradizionali non efficienti, economici o sufficientemente sostenibili, una tecnologia che consenta il riciclaggio industriale dei rifiuti e la produzione di abitazioni in serie è essenziale per soddisfare le attuali esigenze.
Il progetto di Othalo e De Smedt
L’idea di Othalo è quella di estendere il progetto includendo non solo alloggi, ma intere unità di stoccaggio mobili a temperatura controllata per cibo e medicine, rifugi per rifugiati e edifici modulari più grandi, come scuole e ospedali. La loro produzione deve inoltre avvenire in loco, attraverso materie prime del posto, creando posti di lavoro a livello localee naturalmente utilizzando plastica riciclata. «Nel pensare a nuovi ambienti – dichiara Julien De Smedt -, porremo la nostra attenzione verso la co-creazione di condizioni di vita in collaborazione diretta con le comunità locali e gli utenti finali. Ciò che troviamo particolarmente edificante nel nostro approccio come azienda e come architetti è il desiderio di collegare il mondo manifatturiero con quello dell’artigianato e della cultura locale».
I primi progetti per le case presentano una varietà di spazi coperti interconnessi, logge e terrazze che forniscono uno spazio esterno riparato e aggiungono eterogeneità alle case ed all’intero quartiere. «Parte di questa idea deriva dal clima, che consente la vita all’esterno, ma richiede anche schermatura solare e ventilazione», ha detto De Smedt. L’architetto ha inoltre affermato che il team prevede di ospitare una serie di collaborazioni creative in luoghi diversi: in questo modo, la volontà di creare strutture che siano allo stesso tempo replicabili ma diversificate, il bisogno di costruire attraverso materiali e tradizioni locali, si fondono con l’intento di creare posti di lavoro e contribuire al progresso dei paesi in cui il team agisce.
La vera innovazione e unicità del progetto, tuttavia, sta proprio nella capacità di riciclo e costruzione attraverso i rifiuti in plastica. Una casa Othalo di 60 metri quadrati ricicla 8 tonnellate di rifiuti di plastica: ciò significa che con i rifiuti di plastica di oggi è possibile costruire più di 1 miliardo di case. Inoltre, questi sistemi di costruzione fabbricati sono progettati per essere flessibili e possono essere modellati per soddisfare infinite possibilità. I progettisti di Othalo hanno creato una serie di moduli singoli che funzionano soprattutto se congiunti, consentendo di realizzare un’ampia varietà di edifici da questi componenti principali. Nei prossimi 18 mesi Othalo svilupperà la sua prima serie di elementi costruttivi e progetti per case a basso costo, con la previsione di iniziare la produzione di massa all’inizio del 2022.
Autore
Stefano Mastromarino
Autore
22 anni e mezzo, mezzo architetto, mezzo pianista. Dopo il liceo classico, il conservatorio, un anno a Rotterdam ad infornare pizze, trascorro tre anni fra Roma, Dortmund e Torino dove mi laureo in architettura al Politecnico. Mi interesso particolarmente di pianificazione urbana e politiche territoriali e sogno una carriera nella ricerca. Per ora sono a Londra, domani chissà.