Un passo indietro per capire come Bari è cambiata con il sindaco Antonio Decaro

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Ospite della trasmissione “Di Martedì” su La7, Elly Schlein, segretaria del Pd, annuncia di star costruendo le liste in vista delle prossime elezioni europee previste a giugno e conferma le previsioni: a guidare la lista del Pd al sud sarà la giornalista Lucia Annunciata, seguita dal sindaco Antonio Decaro. 

Il sindaco del capoluogo pugliese è al centro dell’attenzione in questi giorni in seguito al provvedimento di accesso ispettivo, nei confronti del comune di Bari, firmato dal ministro dell’Interno Piantedosi. Il provvedimento ha nominato una commissione incaricata di verificare un’eventuale ipotesi di scioglimento del Comune e arriva a distanza di un mese della conclusione dell’inchiesta denominata “Codice interno” che ha portato a 130 arresti tra cui la consigliera comunale Maria Lorusso (eletta nel 2019 con la lista di centrodestra “Di Rella sindaco” e poi passata tra le file della maggioranza) e il marito Giacomo Olivieri, che avrebbe procacciato voti per la moglie in cambio di accordi con organizzazioni di stampo associativo mafioso. L’inchiesta ha fatto emergere inoltre infiltrazioni della criminalità organizzata nell’Amtab, municipalizzata del trasporto pubblico urbano, ora in amministrazione giudiziaria. 

Decaro parla di “atto di guerra” a meno di tre mesi dalle comunali che si terranno tra l’8 e il 9 giugno in 61 comuni pugliesi e risponde con un “atto di autodifesa legittimo” richiamando alla memoria l’attività di contrasto svolta da quando si è insediato. La sua amministrazione si è costituita «parte civile contro i clan 19 volte». E dichiara: «Se c’è anche un solo sospetto di infiltrazione della criminalità nel comune di Bari io rinuncio alla scorta. Sono sotto scorta da nove anni, torno a vivere.»

Esattamente un anno fa su Internazionale, la giornalista Sarah Gainsforth tratteggia una bozza del cambiamento di Bari negli ultimi anni e per farlo ripercorre gli interventi urbanistici, i progetti futuri attuabili e quelli che invece, potrebbero continuare a prendere polvere chiusi in un cassetto. Si parla del Nodo verde ferroviario, del progetto di parco costiero Costa sud, la riqualificazione dell’ex Manifattura tabacchi e la strategia di rigenerazione che verte attorno alle sette “eliche”: i punti di un programma che tende alla realizzazione di una completa transizione ecologica dentro uno spazio vivibile e raggiungibile, una città in cui tutti i servizi possano essere a massimo 15 minuti di distanza. 

Per comprendere la portata del progetto di intervento di rinnovamento urbano basta guardare alla strategia “Bis Libertà” che prende in esame il quartiere Libertà come oggetto di un esperimento trasformativo, a cui il Fondo nazionale per l’innovazione sociale ha destinato ingenti somme a titolo di finanziamento. Questo quartiere è sempre stato croce e delizia delle varie amministrazioni che si sono susseguite a Bari e per spiegare il legame simbiotico con la lotta alla criminalità del primo cittadino Decaro ha senso fare un passo indietro e ripercorrere uno degli episodi che lo hanno eretto a simbolo antimafia.

È il 2020 e Antonio Decaro è al suo secondo mandato come sindaco della Città metropolitana di Bari, dopo aver vinto le elezioni comunali nel 2019 al primo turno portando a casa il 66,27% dei voti contro l’avversario di centrodestra Pasquale di Rella. Era già sotto scorta da quattro anni, dal 2016, quando aveva iniziato una feroce azione di contrasto al commercio abusivo.

Nel quartiere Libertà, in occasione della festa della Candelora, si celebra un rito che tradizione vuole in essere da più di 50 anni, il 2 febbraio. Funziona così: via Nicolai viene parzialmente chiusa al traffico con un paio di bidoni dell’immondizia, dopodiché Gesù bambino viene adornato con gioelli sfarzosi ed è portato in processione con al seguito una banda che anima la via. Non mancano cibo e bevande per i residenti, luminarie decorative e sul finale una lunga batteria di fuochi d’artificio. Sembrerebbe una tradizione religiosa come molte altre, se non fosse che il rito non è mai stato autorizzato.

Quell’anno però la festa viene rovinata da Decaro che denuncia il rito come totalmente illegale e fa smontare le luminarie. Tra l’altro il motivo religioso sembra pretestuoso, la pratica illegale richiama i rituali mafiosi e i festeggiamenti sembrano essere rivolti al capostipite di uno dei clan mafiosi della città; infatti, la famiglia che si occupa dell’organizzazione in quell’isolato sembra essere molto vicina al clan. Come raccontava lo stesso sindaco al Fatto quotidiano, le modalità per esercitare controllo nel quartiere spesso passano attraverso riti che strumentalizzano il sacro, prendono il simbolismo cattolico e lo asservano ai rituali di affiliazione, ai “battesimi”, ai favori che richiedono “grazie” e a tutto un mondo che, anche terminologicamente, prende in prestito l’incedere liturgico per consolidare gerarchie di potere e un generale senso di fede, da cui le organizzazioni mafiose traggono legittimazione sociale. 

Leonardo Messina, parlando della formula di giuramento che l’iniziato deve ripetere dopo la “punciuta” (puntura, nome del rito di iniziazione per i membri di Cosa Nostra) di un dito della mano destra, ricordava che ad essere bruciato subito dopo è un santino della Madonna dell’Annunziata: «Come carta ti brucio, come santa ti adoro. Come brucia questa carta deve bruciare la mia carne se tradisco Cosa Nostra»

Ora che di anni sotto scorta ne sono passati nove, la risposta al provvedimento del ministro Piantedosi con l’ipotesi di rinunciare alla scorta in caso di sospetti sulla coerenza del suo operato ha fatto presa su quanti gli sono stati accanto in questi anni difficili. E senza dover appellarsi a santi e santini per credere alla sua estraneità ai fatti ci sono due atti giudiziari che meglio lo assolvono. Infatti, nelle intercettazioni del febbraio 2019, in cui due esponenti del clan Parisi che avrebbero raccolto voti durante le amministrative del 2019 per la consigliera Maria Lorusso affermano: «Decaro non dà niente» riferendosi al denaro che avrebbero potuto ottenere in quell’occasione. Lo scorso ottobre poi è stata disposta l’archiviazione di un procedimento alcune dichiarazioni di un pentito – su fatti risalenti a 14 anni fa – che non hanno trovato riscontro.

La commissione è entrata in funzione pochi giorni fa ed è composta da tre funzionari che passeranno in esame il fascicolo della Dda e il dossier prodotto dall’amministrazione comunale. I tre commissari hanno tre mesi di tempo, prorogabili a sei, per fare una relazione da consegnare al Prefetto che dovrà formulare una proposta al ministro dell’Interno. Quindi lo scioglimento, semmai dovesse esserci, ricadrebbe sul prossimo Consiglio comunale. In totale sono 15 i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose dal Governo Meloni (4 centrodestra, 3 centrosinistra, 8 liste civiche) e nonostante le tempistiche innegabilmente sospette per questo accesso ispettivo, è giusto che venga svolto un lavoro capillare a seguito di un’inchiesta di così grande portata. Il dibattito, nel frattempo, si è riacceso su una città che non può e non deve essere in prima pagina solo quando i fumi dell’inquinamento mafioso si levano alti. C’è di più della Peroni ghiacciata, più della focaccia sul lungomare, si stanno ridisegnando i lineamenti di un nuovo centro meridionale. È ora di volgere lo sguardo anche lì.

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