«Tutto o niente» e «Tanto ormai»: due espressioni da bandire

Smettere di autopunirsi e imparare a perdonarsi per uscire dal circolo vizioso malato

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⚠️ Attenzione, messaggio importante: è severamente vietato pronunciare queste frasi! ⚠️

Tralasciando gli scherzi, queste due espressioni («Tanto ormai» e «Tutto o niente») e la mentalità legata ad esse sono il modo perfetto per distruggere ogni chance di guarigione e successo. Lo scopo di questo articolo è proprio quello di spiegare cosa si cela dietro a queste frasi pericolose e proporre delle riflessioni che aiutino ad eliminarle o a trasformarle in altre più positive e associate al giusto mindset propositivo.

Analisi delle due espressioni

«Avevo una dieta ferrea da seguire e mi sono mangiata un biscotto fuori dal piano… Tanto vale ormai finire tutto il pacchetto». Che tradotto significa: ormai hai fallito, tanto vale mandare tutto all’aria. Queste frasi sono dei chiari sintomi di qualcosa che non funziona in modo corretto nei pensieri di chi le sente risuonare nella propria testa.

Un senso di colpa incredibile che sale velocemente non appena qualcosa sfugge al controllo maniacale della persona malata. Perché sì, avere un disturbo alimentare significa essere ossessionati dal controllo e dalla perfezione e qualunque cosa non rientri perfettamente in queste barriere rigide che ingabbiano il pensiero diventa un ostacolo insormontabile.

Uno sfizio, un dolcetto viene considerato alla pari di un’abbuffata e quindi da quel biscotto proibito si arriva a svuotare tutta la dispensa.  

Nel momento in cui si osa cedere si diventa automaticamente un fallimento per sé e di conseguenza il senso di colpa è così insopportabile da spingere la persona a lasciarsi andare completamente. È una sensazione strana: sembra quasi di essere comandati da qualcuno di esterno a sé stessi, una perdita di controllo totale, una sorta di “vocina cattiva” che manipola il cervello facendo compiere le azioni che desidera. 

Mangiare qualcosa di imprevisto non sarebbe un problema, ma lo diventa quando lei urla che non vale più la pena trattenersi e che quello sfizio equivale ad una sconfitta. Come si fa a zittirla e concentrarsi sulla propria voce invece che su di lei? Per imparare a farlo serve un percorso molto lungo di introspezione e soprattutto di perdono

«Da domani basta!»

Questa è la tipica promessa che ci si fa in quei momenti: «Mangio tutto ora e da domani basta, digiuno per compensare». Un patto con sé stessi che non fa altro che alimentare un circolo vizioso fatto di digiuni, abbuffate, compensazioni. Dal quale è molto complicato uscire. 

Esso sta alla base del meccanismo malsano perché il corpo, nel momento in cui vedrà del cibo lo bramerà e, avendo paura che questo gli verrà tolto presto per essere messo a digiuno, cercherà di ingurgitarlo anche come una sorta di “istinto di sopravvivenza”. L’organismo in allarme ha paura di rimanere senza nutrimento e vedrà quel piatto come un bisogno. 

Per queste ragioni è fondamentale non dare avvio a quell’effetto domino malato facendo comprendere al corpo che il cibo gustoso che vede sotto ai suoi occhi non sparirà, che il giorno successivo sarà ancora nell’armadio a disposizione in caso lo desiderasse. Bisogna imparare a prendersi cura del proprio corpo facendogli arrivare il messaggio che non si vuole fargli più del male, che si è disposti a dargli le energie di cui ha bisogno tutti i giorni e non solo di tanto in tanto. 

La chiave: perdonarsi

Spesso queste espressioni dall’esterno vengono percepite come mancanza di forza, di autocontrollo, una debolezza d’animo… ma non è così! Si tratta di uno dei sintomi della malattia e per questo deve essere trattato come tale, con delicatezza e assenza di giudizio.

La chiave è proprio uno switch mentale: passare dalla punizione al perdono. L’essere umano è portato a commettere errori ad avere delle piccole debolezze, tutto ciò fa parte della sua natura.

Fare uno sbaglio è normale, la differenza sta nel come lo si affronta; ci sono due alternative: o ci si autoinfligge una punizione data dalla mancanza di accettazione del “fallimento” oppure se ne prende atto, lo si accoglie, si fa pace con sé stessi e si ricomincia. Il trucco sta proprio qui, nel saper riprendersi e ricominciare.

Queste difficoltà rientrano in quella che può essere chiamata “sindrome del perfezionista”, di colui che vuole tutto subito e assolutamente perfetto, ma ciò è utopico: gli ostacoli fanno parte del percorso e anzi, a volte possono rivelarsi utili nel conoscere parti profonde del proprio io o per contemplare alternative diverse a quelle prese fino a quel momento. Sii gentile con te stesso, te lo meriti.

Autore

Animenta è un’ associazione nata con l’obiettivo di raccontare per sensibilizzare sui disturbi del comportamento alimentare. Animenta nasce per creare momenti di ascolto, confronto e accoglienza per chi ha affrontato o sta affrontando un disturbo del comportamento alimentare e nasce per portare un cambiamento reale in un settore lasciato nell’ombra per troppo tempo. Grazie ad Animenta viene fatta informazione e sensibilizzazione con i ragazzi del liceo e delle università, si creano di momenti di confronto e discussione su tematiche ancora troppo poco affronta e attraverso raccolte fondi, l’associazione vuole supportare in futuro le famiglie che affrontano queste malattie.

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