Sfatiamo il mito: Dedalo e Icaro, un volo irrealizzabile

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Questa storia ci racconta l’espressione “fare il volo di Icaro”: sfidare e non riconoscere i propri limiti, rischiando la vita. Un gesto di disperazione e follia, che un padre, forte dell’esperienza e dell’ingegno, raccomanda al figlio di eseguire nel modo più attento. Eppure la giovinezza, l’imprudenza, e quel pizzico di insolenza – in greco hybris, quel sopravvalutare le proprie capacità contro il volere divino – portarono il giovane Icaro a un triste destino. A volte ci sentiamo invincibili e in realtà siamo soltanto giovani; a volte troppo convinti, spavaldi e temerari che finiamo per bruciarci al sole. E poi accade che di colpo tutto quello che ci resta è il nulla, perché avendo osato troppo e ragionato poco, si cade dalle nuvole, letteralmente; e quel che ci rimane è lo scotto eterno di non aver ascoltato abbastanza chi voleva proteggerci, non limitarci.

Ma l’entusiasmo, l’affaccio ad una nuova vita – un cielo meraviglioso e soleggiato, nel caso del mito – spesso trascinano gli occhi ingenui oltre i limiti che sono imposti, con un’energia che supera ogni moderazione. Ma Dedalo, che da padre e da uomo adulto molto aveva potuto imparare, non poté fare altro che avvisare di essere prudente mentre costruiva quelle ali di cera, mentre il figlio prese in parola Tananai e il suo «lascia pure che ti sciolga come fanno le boyband».

Dedalo, scultore senza rivali

Dedalo era un uomo ateniese, pronipote di Eretteo, re della città. Egli dedicò l’intera vita all’architettura e alla scultura, riuscendo ad essere uno tra i più eccellenti uomini dediti a quest’arte. Si raccontava infatti che le sue statue apparissero come vive, reali, a tal punto da confondere chiunque le guardasse: i loro occhi si aprivano e chiudevano, muovendo le palpebre. Talento di incredibile creatività, si tramanda che proprio lui fosse l’inventore del trapano, dell’ascia e della sega, raccogliendo intorno a sé una cerchia di seguaci pronti ad imparare. Fra questi, il nipote Calos, figlio di sua sorella. Egli fu l’allievo più abile e volenteroso, tanto che riuscì a superare in poco tempo la fama del maestro, che per invidia non esitò ad ucciderlo. Un gesto di tale gravità costrinse lui e il giovane figlio, Icaro, all’esilio dalla città, trovando rifugio a Creta, dove vennero accolti benevolmente dal re Minosse.

Tra moglie e marito non mettere il D..edalo

Minosse incaricò subito Dedalo, divenuto suo artista di fiducia, di costruire meravigliosi palazzi e stanze per il proprio regno. Fra queste straordinarie realizzazioni, anche il leggendario labirinto di Cnosso. Un luogo intricato, costituito da gallerie, vie e stanze, con il fine di rinchiudervi il mostruoso Minotauro, nato dall’unione della moglie di Minosse con un toro. Il re non poteva accettare che la cara moglie, Pasifae, avesse dato alla luce un mostro di tale forza dopo essersi accoppiata con un animale. Ma in realtà, proprio riguardo a questo insolito tradimento, anche qui Dedalo svolse un ruolo decisivo, compiendo un’azione vile alle spalle del re: costruendo una vacca di legno affinché la regina potesse congiungersi segretamente alla bestia, ha permesso in questo modo che venisse soddisfatto il suo desiderio d’amore, portando alla nascita del Minotauro.

Il mito incontra il mito: Teseo e Arianna

E come in ogni serie Netflix che si rispetti, ecco che improvvisamente la trama dell’episodio si arricchisce di personaggi con una storia a sé tutta da vivere: Teseo e Arianna.

Nel labirinto costruito da Dedalo viene dunque rinchiuso il Minotauro, abominevole creatura che si cibava di carne umana. Poiché il re di Creta non era affatto un uomo rancoroso, decise che gli ateniesi – macchiati dalla colpa di aver ucciso uno dei figli di Minosse, Androgeo, dopo che egli ottenne troppe vittorie ai giochi olimpici – ogni nove anni avrebbero dovuto inviare come tributo sette fanciulle e sette giovani da sacrificare al mostro. Teseo, figlio del re ateniese, decise di partire verso Creta per uccidere il Minotauro e interrompere definitivamente questa usanza. Giunto sull’isola, il giovane e la figlia di Minosse, Arianna, si innamorarono perdutamente. La fanciulla volle aiutarlo per sconfiggere la bestia e si rivolse a Dedalo per un consiglio. L’artista, ingegnoso e brillante, le suggerì di impiegare per orientarsi dentro il labirinto un gomitolo, affinché potesse ritrovare il percorso verso l’ingresso. E così accadde: Minotauro ucciso, innamorati congiunti che lasciano il regno e poi l’abbandono di lei su un’isola, il lamento disperato, l’apparizione di Bacco... ma questa è un’altra storia.

«Se ti fai male, dopo ti do pure il resto»

E mentre Arianna fu sensibile al consiglio di Dedalo, ascoltandolo con cura, ecco che il figlio non ci pensò due volte a fare l’esatto opposto.

Il re Minosse, scoperta l’uccisione del Minotauro e l’abbandono della bella figliuola scappata con l’ateniese, andò su tutte le furie. Decise dunque di punire Dedalo perché complice della loro fuga, imprigionandolo insieme al figlio proprio nel labirinto che egli stesso progettò. Il luogo, così intricato e caotico, sarebbe stato impossibile da evadere perfino per loro che ne furono gli artefici; eppure Dedalo, sempre astuto e brillante, trovò una via di fuga più immediata delle altre: il cielo. Con l’aiuto del figlio iniziò a raccogliere piume di ogni dimensione, e unendole fra loro con uno spago, le fissò insieme grazie alla cera. Ecco che il grande artista riuscì a fabbricare delle ali, avvisando immediatamente Icaro di fare attenzione a due cose: troppo vicine alle onde del mare si sarebbero bagnate, diventando pesanti; troppo vicine al sole, la cera si sarebbe sciolta, e se ti fai male, dopo ti prendi anche il resto, da bravo genitore.

Dedalo spiccò il volo e dietro di lui lo seguiva Icaro, incredulo da tanta meraviglia e ingegno. Tutto sembrava proseguire per il meglio, quando il figlio, estasiato dalla visione della terra dall’alto e sicuro di sé e delle proprie capacità di controllo, si avvicinò troppo al sole. Dedalo non poté intervenire di fronte all’ultimo gesto di Icaro mentre precipitava verso il mare: le braccia si agitavano per tenersi forte al padre, per abbracciare ancora la vita, per aggrapparsi al vuoto. Ma finì come in tutte le discussioni in cui pensiamo di aver ragione contro un nostro genitore, che ne sa sempre più di noi: «te l’avevo detto».

Autore

Aurora Rossi

Aurora Rossi

Autrice

Roma, lettere moderne, capricorno ascendente tragedia. Adoro la poesia, tifo per l’inutilità del Bello, sogno una vita vista banchi di scuola (dal lato della cattedra, preferibilmente). Non ho mezze misure, noto i minimi dettagli, mi commuovo facilmente e non so dimenticare. Ma ho anche dei difetti.

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