Sfatiamo il mito: Apollo e Giacinto

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Il mito viene raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio e mostra l’amore fra due giovani e splendidi uomini: il dio Apollo e il principe spartano Giacinto. Una vicenda che rientra nel filone degli amori infelici, spazzati via da gelosie esterne e contingenze sfavorevoli, che hanno portato al dolore più profondo, quello della perdita. Un amore, il loro, non toccato dal pregiudizio di una società che non conosceva etichette e discriminazioni, ma come spesso capita ad ogni creatura vivente, vittima di un tragico destino.

Zefiro, dio del vento, non accettava il sentimento di Apollo verso lo stesso uomo che tanto amava e che per ben due volte lo aveva rifiutato, dunque preferì togliergli la vita. Giacinto divenne così un fiore, dal colore rosso intenso per la ferita che lo aveva colpito. Morto per l’invidia altrui, di chi non tollera e lascia vivere un sentimento tanto puro. Perché la mitologia non è semplice racconto, ma riflesso di ideologie comuni che nella classicità non concepisce differenze quando si parla di sentimenti e resta comunque una lezione universale.

Tra tutti gli spasimanti, Apollo gode

Giacinto era il principe di Sparta, giovane di straordinaria bellezza e dedito all’attività fisica, tanto da voler partecipare alle prestigiose Olimpiadi che si tenevano nel mondo greco. Per via del suo meraviglioso aspetto molti furono i suoi spasimanti, tra cui Zefiro, Borea e Tamiri, divinità che tentarono in ogni modo di conquistare l’animo impavido del bel principe.

Il primo, dio del vento che soffia da Ovest, fu così colpito da Giacinto che non si arrese nemmeno dopo il primo rifiuto, perseverando nel suo desiderio. Eppure, sfortunatamente per l’innamorato, nella vicenda subentrò presto Apollo: dio del sole, della musica, delle arti, della medicina, delle scienze, delle case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale e chi più ne ha, più gli metta. Un curriculum niente male, che ben presto catturò l’attenzione di Giacinto, pronto finalmente a concedergli del tempo. Ma Apollo di impegni ne aveva, e si racconta, infatti, come tutte le sue principali attività venissero spesso tralasciate per accompagnare costantemente il giovane, addirittura arrivando, in alcune versioni del mito, all’abbandono di ogni dovere per diventare suo servo e seguirlo ovunque– in questo caso, per Giacinto, meglio un amaro che un amore.

La vendetta è un Vento che va servito freddo

La passione si accende in fretta e i due non fanno altro che vivere a pieno il loro amore. Un giorno, in preparazione ai giochi olimpici cui Giacinto voleva assolutamente partecipare, i due innamorati decisero di recarsi in uno splendido bosco per allenarsi insieme. Si spogliano, si ungono d’olio per tutto il corpo e si sfidano in una gara di lancio col disco: tutto assolutamente nella norma, se non fosse per l’improvviso vento. Ma non quella brezza inaspettata che un po’ incanta e un po’ infastidisce, non quell’aria forte che scuote i rami degli alberi e ci lascia interdetti per qualche momento: era Zefiro, rilassato, calmo come un attentato. Apollo, innocentemente, tira il disco nella direzione del suo amato, con gli occhi pieni di ammirazione e gioia, in attesa di riprenderlo indietro. Giacinto però, per via di una deviazione di traiettoria causata dal Vento, viene colpito bruscamente alla tempia.

Un fiore dal dolore: Giacinto

La ferita si rivela mortale, nonostante i numerosi tentativi di Apollo per salvarlo, in balia della sua disperazione. Il dio pianse ogni lacrima sul corpo dell’amato, non rassegnandosi ad una morte così crudele e beffarda, voluta dal rivale Zefiro. Decide, dunque, di trasformare l’amato in un fiore che portasse il suo stesso nome, rendendogli giustizia con un ultimo, estremo, profondissimo gesto di delicatezza. Rosso intenso come il sangue che ha perso per via della ferita e con due suoni incisi sui petali, affinché il dolore provato dal dio rimanesse vivo in eterno, nel caos di quel vento.

Perché l’amore, se ostacolato dall’invidia e dalle ingiurie, può morire di morte ingiusta. E Zefiro, splendido dio del vento che per tradizione porta la primavera, si rivela in realtà spietato, crudele, occhio esterno di un inverno gelido che guarda e annienta, solo perché non comprende la purezza del sentimento che vorrebbe vivere. Così decide lui per i due innamorati, sposta la direzione della corrente e manipola in questo modo il loro destino: non possiamo scegliere di essere Apollo o Giacinto, ma possiamo decidere quale stagione portare. Essere quel Zefiro che fa crescere i fiori.

Autore

Aurora Rossi

Aurora Rossi

Autrice

Roma, lettere moderne, capricorno ascendente tragedia. Adoro la poesia, tifo per l’inutilità del Bello, sogno una vita vista banchi di scuola (dal lato della cattedra, preferibilmente). Non ho mezze misure, noto i minimi dettagli, mi commuovo facilmente e non so dimenticare. Ma ho anche dei difetti.

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