Sex Workers: il dovere di riconoscerne i diritti

I sex workers aumentano notevolmente andando a costituire una nuova frontiera del mercato lavorativo internazionale. Problema o soluzione?

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Ci hanno insegnato a scuola che i più importanti settori dell’economia italiana sono tre: il primario, il secondario e il terziario. Oggi, se ne aggiunge un quarto: il sesso.

Sì, perché, per chi non lo sapesse, il sesso è a tutti gli effetti un motivo di lavoro per una buona fetta della popolazione mondiale: sono tra i 40 e i 42 i milioni di persone impiegati nel settore, l’80% dei quali è composto da donne. Per molte persone, dunque, quella del sesso rappresenta una vera e proprio frontiera economica e di sostentamento. 

Che cosa intendiamo quando parliamo di sex workers?

Lo scenario di oggi è sicuramente diverso rispetto a quello degli anni ’60. Infatti, se prima con il termine “lavoratori del sesso” si intendeva principalmente il mondo della prostituzione in strada e quello delle escort, oggi migliaia di nuove realtà si sono aperte a chi fosse interessato a lavorare in questo settore. Quella delle cosiddette cam girls è solo una di queste possibilità e si stima che in Italia abbia un incremento di crescita pari al 1000%. 

La piattaforma più utilizzata ad oggi dalle web cam girls di tutto il mondo è Only Fans e conta circa 150 milioni di utenti iscritti e 1 milione di content creators

Proprio la richiesta di contenuti in continuo aumento ha reso lavoro delle cam girls uno dei più preziosi sul mercato mondiale, arrivando a permettere di guadagnare fino a 30/40 euro l’ora. 

Inoltre, durante la pandemia di Covid-19, lo strumento dell’online ha permesso a numerose lavoratrici di non rimanere disoccupate, ma di continuare ad esercitare la propria professione con ricavi fissi mensili. Durante i recenti lock-down, sono state molte anche le nuove iscrizioni, sia da parte dei fruitori di contenuti, sia da parte dei creators, come raccontano le centinaia di testimonianze rilasciate da donne ritrovatesi senza lavoro a seguito della crisi sanitaria e obbligate a “reinventarsi” per riuscire a sostenere i costi di vita minimi.

I sex workers hanno bisogno di essere tutelati

I lavoratori del sesso non sono certamente una categoria protetta dalle leggi della maggior parte dei paesi mondiali. L’International Committee on the Rights of Sex Workers in Europe (Icrse) denuncia l’inefficienza e la trascuratezza dell’Europa nel riconoscere i diritti di un mondo che oggi va chiedendo a gran voce rispetto e tutele. Data l’impossibilità di veder riconosciuto il proprio statuto di lavoratori, oggi i sex workers di tutto il mondo vanno incontro a numerose difficoltà amministrative e finanziarie, prima tra tutte il diritto ad avere un’assicurazione sanitaria sul lavoro, ma anche il riconoscimento dei contributi ai fini pensionistici, l’accesso a visti lavorativi per chi è straniero e la previdenza sociale. Racconta una sex worker francese all’Osservatorio dei diritti:

Molte volte vai con clienti cattivi che abusano di te e tu non puoi reagire perchè è difficile. A volte ti attaccano quando non te lo aspetti. Non ti danno il denaro, vogliono che tu gli dia il tuo e che faccia sesso con loro. Alcune volte li affrontiamo, l’altra volta mi sono spezzata il braccio e la gamba, ma non sono andata in ospedale perché avevo paura di essere denunciata.

Roma 01.02.2006 – Prostitute sulla via Salaria. ALESSANDRO DI MEO

Nascondere la polvere sotto il tappeto

Sono numerose le obiezioni di coloro contrari alla parificazione dei lavoratori del sesso alle altre categorie di lavoratori. Una delle argomentazioni più ricorrenti è che, così facendo, lo Stato si renderebbe complice della prostituzione e dell’oggettivazione del corpo della donna. Tuttavia, continuando ad ignorare questa categoria di persone e continuando a nascondere la polvere sotto il tappeto, si rischia di rendersi ugualmente complici della prostituzione (e per di più, della prostituzione mafiosa) e di non difendere i diritti di una minoranza.

Il libero arbitrio è posto a fondamento delle nostre democrazie occidentali e non può mai prescindere dall’esercizio della legge. Vendendo tabacchi, ad esempio, lo Stato si rende complice dei danni fisici legati al fumo e, tuttavia, non può obbligare i suoi cittadini a non compiere azioni che costituiscono l’esercizio della libertà personale di ciascuno di noi.

Autore

Maria Chiara Cicolani

Maria Chiara Cicolani

Vice Direttrice

Mi sono laureata in Filosofia a Roma. Ho vissuto per un po’ tra i fiordi norvegesi di Bergen e prima di questa esperienza mi reputavo meteoropatica, ora non più. Mi piace la montagna, ma un po’ anche il mare. Il mio romanzo preferito è il Manifesto del Partito Comunista e amo raccontare le storie.

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