La fame mangia i bambini: il nuovo rapporto sulla malnutrizione infantile

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Ad ottobre Save the Children ha pubblicato il nuovo rapporto sulla malnutrizione infantile, lanciando la campagna “La fame mangia i bambini”. Nel 2023 la fame ha colpito circa 733 milioni di persone. Sempre nel 2023 più di 17,6 milioni di bambini sono nati in condizione di fame. Nonostante i progressi registrati in questo ambito dal 2000 in poi, non è stato osservato un miglioramento continuo, anzi i livelli di fame nel mondo sono oggi superiori a quelli registrati prima della pandemia. In particolare la malnutrizione acuta nei bambini è aumentata del 20% tra il 2020 e il 2022. Siamo quindi indubbiamente distanti dal secondo Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, “Fame Zero”.

Le conseguenze della malnutrizione sulla crescita dei bambini includono una maggiore esposizione a gravi malattie e possono comportare ritardi nello sviluppo cognitivo. Per quanto riguarda invece le cause principali, il rapporto parla di “policrisi” e ne identifica tre: crisi economiche, cambiamenti climatici e conflitti armati. 

Le crisi economiche sono forse la causa più ovvia, ma non per questo da sottovalutare. In particolare il rapporto parla del mix di inflazione elevata e rallentamento dell’economia globale, il quale rende sempre più difficile acquistare il cibo di cui si ha bisogno. Basti pensare che circa 2,8 miliardi di persone non si sono potute permettere una dieta sana nel 2022. La malnutrizione resta quindi, anche nei paesi più sviluppati, una conseguenza della povertà.

La seconda causa racchiude tutti quei fenomeni riconducibili ai cambiamenti climatici, i quali impattano pesantemente sui sistemi alimentari determinando la perdita dei raccolti e il degrado dei suoli. Questo provoca l’aumento dei prezzi dei pochi alimenti disponibili, il che contribuisce ad alimentare il circolo vizioso di povertà, insicurezza alimentare e malnutrizione. Si cita qui il caso della Somalia, classificata come il secondo Paese più vulnerabile ai cambiamenti climatici con un’alternanza di ricorrenti siccità e inondazioni. 

L’ultima causa è rappresentata dai conflitti armati. Questi determinano, tra le altre cose, spostamenti forzati per cui le popolazioni sono costrette ad abbandonare l’agricoltura. Inoltre l’uso di particolari armamenti, come mine e agenti chimici, contamina i terreni e rende difficile se non impossibile che le colture tornino ad essere floride dopo la fine delle ostilità. Non si può non menzionare in questo ambito la drammatica situazione a Gaza, dove al momento si registra il più alto tasso di malnutrizione infantile al mondo. Diverse organizzazioni, tra cui Save the Children, si impegnano per fornire assistenza alla popolazione. Tuttavia, come denunciato dal rapporto stesso, troppo spesso gli aiuti alimentari sono bloccati ai valichi dai controlli israeliani. 

In relazione ai conflitti armati occorre parlare anche del Sudan. In Sudan la guerra civile iniziata ad aprile 2023 ha portato alla più grande crisi di sfollamento interno al mondo. Secondo il Famine Review Committee dell’IPC (Integrated Food Security Phase Classification) almeno 20 milioni di persone sono in condizioni di grave insicurezza alimentare. Inoltre, in alcune parti del Nord Darfur e in particolare nel campo di Zamzam è scoppiata una vera e propria carestia. L’IPC determina l’esistenza di una carestia in un’area in base alla presenza contemporanea di tre fattori: l’estrema carenza di cibo per il 20% delle famiglie, la malnutrizione acuta di almeno il 30% dei bambini e 2 persone ogni 10.000 morte di fame al giorno. «I bambini sudanesi stanno sopravvivendo a bombe e proiettili solo per poi rischiare di morire di fame» denuncia Mohamed Abdiladif, Interim Country Director di Save the Children in Sudan.

Save the Children continua a sfidare bombe e proiettili, e nel rapporto formula alcune raccomandazioni al governo italiano e alle istituzioni sovranazionali. L’ONG consiglia innanzitutto di ottimizzare l’uso delle analisi per anticipare e prevenire le conseguenze negative delle crisi. Poi è necessario supportare le risposte locali alle crisi alimentari, facendo arrivare più finanziamenti direttamente alle comunità interessate. Infine bisognerebbe aumentare i fondi per sostenere non solo servizi di risposta alle emergenze alimentari nelle comunità più a rischio, ma anche interventi di lungo periodo per affrontare le cause della fame.

Autore

Elisa Di Fiore

Elisa Di Fiore

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