Prima Israele: il sovranismo di Meloni finisce dove inizia Tel Aviv

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Le dichiarazioni e le azioni della premier Giorgia Meloni e del ministro degli Esteri Antonio Tajani sulla missione della Global Sumud Flotilla rivelano un governo completamente allineato agli interessi geopolitici dell’Italia con Stati Uniti e Israele, privo di qualsiasi reale sovranità nazionale. Dopo aver definito “irresponsabili” gli attivisti italiani a bordo e sminuito il valore della missione umanitaria di solidarietà col popolo palestinese, l’esecutivo è arrivato a insinuare che proprio gli attivisti avrebbero ostacolato il raggiungimento del cessate il fuoco a Gaza, poiché stavano per attraccare a Gaza mentre erano in corso le discussioni sul cosiddetto “piano di Trump”. Una tesi tanto assurda quanto offensiva, che ribalta le responsabilità di un genocidio in corso su chi tenta di portare aiuti a chi lo sta subendo. 

In aggiunta, la Premier ha precisato che le spese per il rimpatrio sarebbero state interamente a carico degli attivisti, una decisione che ha reso più difficile il loro rientro. Una presa di posizione che non solo ha denigrato e abbandonato cittadini italiani impegnati in un’azione civile e umanitaria, ma ha anche messo in luce il doppio standard della politica estera italiana: un governo che si mobilita immediatamente quando i propri concittadini vengono trattenuti in paesi “nemici” o non allineati con l’Occidente, ma che resta in silenzio o addirittura si schiera con gli aguzzini quando il paese responsabile è Israele.

Durante la detenzione degli attivisti della Global Sumud Flotilla, il ministro Tajani aveva dichiarato che “gli italiani stanno bene” e che il consolato italiano era “attivamente impegnato” nel fornire assistenza e supporto al rimpatrio. Una narrazione di facciata, smentita dalle testimonianze dirette degli stessi attivisti, tra cui José Nivoi, portuale di Genova e sindacalista dell’USB, che ha denunciato un sostegno “scadente e del tutto inadeguato” da parte del consolato, “il console era sotto pressione, quasi spaventato. Le informazioni che ci portava sembravano più intimidatorie che di conforto. Abbiamo saputo della solidarietà che c’era in Italia solo grazie alla console brasiliana, non dal nostro”, ha raccontato Nivoi al suo rientro in Italia.

Gli attivisti italiani, come tutti i membri della Flotilla, hanno subito umiliazioni, maltrattamenti e violenze fisiche nelle carceri israeliane. Le istituzioni italiane, tuttavia, hanno scelto di tacere, dando priorità assoluta al mantenimento dei rapporti diplomatici con Israele invece che alla tutela dei propri cittadini.

Il paragone con la gestione del caso di Cecilia Sala è inevitabile. Quando la giornalista del Foglio è stata arrestata il 19 dicembre 2024 a Teheran, la reazione del governo è stata immediata: dichiarazioni di sdegno, richiesta di liberazione immediata, attenzione mediatica costante e pieno sostegno consolare. La liberazione di Cecilia Sala è diventata in pochi giorni una priorità dell’agenda nazionale, fino alla sua scarcerazione dopo 19 giorni di detenzione.
“La liberazione di Cecilia è stato un grande gioco di squadra, e l’abbraccio tra lei e i suoi cari ci riempie di commozione”, disse allora Giorgia Meloni in un’intervista al TG1. Anche la famiglia della giornalista raccontò di aver sentito “una costante vicinanza e un sostegno concreto” da parte delle istituzioni italiane.

Ben diverso è stato dall’atteggiamento verso gli attivisti italiani della Global Sumud Flotilla, arrestati e detenuti illegalmente nelle carceri israeliane. Nessun appello ufficiale, nessuna pressione diplomatica, nessuna dichiarazione di condanna per le violenze subite: solo silenzio e distanza. Il doppio standard messo in atto dal governo Meloni e da Tajani sottolinea ancora una volta come, quando si parla di Palestina, l’Italia abbandoni qualsiasi principio di giustizia o coerenza diplomatica. La lotta per la liberazione palestinese continua a ricevere come unica risposta istituzionale il sostegno incondizionato a Israele, persino quando a pagarne le conseguenze sono cittadini italiani. 

Gli slogan nazionalisti e suprematisti della destra italiana, tra cui il noto “prima gli italiani”, si rivelano per quello che sono: pura propaganda. Perché in questo caso, “prima” non vengono gli italiani, ma prima vengono Israele e i suoi interessi. Lo si vede non solo nella gestione della Flotilla, ma anche in episodi come l’autorizzazione concessa ai servizi segreti israeliani (Mossad) di operare sul territorio italiano in occasione della partita Italia-Israele dello scorso 14 ottobre a Udine. I servizi di uno Stato che sta commettendo il genocidio più documentato della storia contemporanea hanno avutola possibilità di esercitare potere e controllo sui cittadini italiani in casa loro. 

Tutto questo dimostra che il presunto “sovranismo” di Giorgia Meloni è una menzogna costruita per propaganda interna. La realtà è che l’Italia non è un Paese sovrano, bensì politicamente subordinato agli interessi strategici degli Stati Uniti e di Israele.

Quando Washington e Tel Aviv parlano, Roma tace o si adegua. E quando cittadini italiani vengono umiliati o detenuti da Israele, il governo preferisce abbassare la testa piuttosto che rischiare una frizione diplomatica. La verità è che il tanto sbandierato “patriottismo” della destra italiana si ferma di fronte al potere politico, militare ed economico di Israele.

Autori

Camilla Ponti

Camilla Ponti

Autrice

Camilla Ponti è una psicoterapeuta che si occupa di psicologia decoloniale e abolizionista

Dalia Ismail

Dalia Ismail

Autrice

Dalia Ismail è un'analista e giornalista palestinese indipendente

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