Louis Aragon, poeta e intellettuale francese del XX secolo, associato al movimento surrealista e al Partito Comunista Francese vedeva la donna come protagonista dell’avvenire. «La femme est l’avenir de l’homme», scriveva Aragon, e mai come oggi questa affermazione sembra porsi al centro di un dibattito urgente.
Sebbene l’intento dell’intellettuale sia poetico, però, i dati parlano chiaro: nel mondo del lavoro, della letteratura e dell’arte, le donne continuano a lottare per una rappresentanza equa. Ma procediamo per gradi.
Il verso incriminato risale a un poema chiamato Zadjal (ou Poème) de l’avenir pubblicato nel 1963 all’interno del suo libro Le Fou d’Elsa. Si ispira alla tradizione andalusa dello zadjal, celebra la donna come simbolo di speranza e rinnovamento per l’umanità. Zadjal, come chiarisce lo stesso Aragon, è una forma poetica popolare di origine araba. Esso è caratterizzato da una struttura specifica di rime. Si avvicina per contenuto all’ideale dell’amore cortese europeo, creando un ponte culturale tra il mondo arabo e quello occidentale.
Un inno alla donna così non basta
Qualche anno più tardi, la visione poetica di Aragon ha ispirato Jean Ferrat, che nel 1975 ha cantato Aragon.
Il brano del cantautore impegnato e poeta della chanson française, si inserisce in un contesto in cui il femminismo stava guadagnando terreno in Europa, ma il suo tono non è militante. Ferrat celebra la donna come forza di cambiamento, come chiave per un futuro migliore. La sua interpretazione della frase di Aragon è romantica e idealizzata: la donna è vista come il simbolo di speranza e rinnovamento, capace di redimere l’umanità dai suoi errori. L’enfasi cade anche sul verso che l’artista ha deciso di estrapolare per intitolare la sua canzone: la donna è il futuro dell’uomo.
Proprio qui si insinua il primo inganno. Infatti, il suo approccio, per quanto poetico, rischia di relegare la donna a un ruolo astratto e simbolico, più che riconoscerla come soggetto pienamente presente e attivo nel presente.
Molto spesso, pur essendo celebrata, la donna subisce un processo di “deificazione” che rischia di confinare la figura femminile in un ruolo subordinato.In effetti, la donna in Aragon e Ferrat è spesso vista come “la salvezza” dell’uomo, ma rimane comunque definita attraverso il suo impatto su di lui, non come individuo autonomo.
Certo, da un lato potrebbe essere che questi intellettuali abbiano deciso di celebrare l’emancipazione femminile in questo modo. Ciononostante, possiamo dire che sia sufficiente questa promessa a costruire una società davvero equa?
La canzone di Ferrat è bella, e l’intento nobile. I versi di Aragon vengono considerati tra i più belli della poesia francese. E tutto considerato, la poesia di Louis Aragon è una riflessione profonda sul significato dell’esistenza umana. Aragon dipinge l’uomo come un essere votato al sogno, al sacrificio e alla costruzione di un domani che trascenda la propria esistenza. L’uomo è definito dalla sua capacità di donarsi, di superarsi e di lasciare un’eredità che altri potranno raccogliere e far fiorire.
Il futuro, per Aragon, è una lotta contro la morte, un’opera collettiva che si costruisce passo dopo passo, come un flusso continuo di progresso e trasformazione. Malgrado ciò, quest’opera non può compiersi senza la donna, che rappresenta il colore, la voce e l’anima dell’uomo. Senza di lei, l’uomo di Aragon è incompleto, sterile, incapace di creare o di amare.
Per questo la donna diventa il simbolo del futuro stesso. Perché viene considerata il centro di una rivoluzione umana e spirituale che trasforma il mondo antico in un regno di vita condivisa, di amore e di armonia. La visione di Aragon si nutre di un idealismo in cui l’uomo e la donna costruiscono insieme il futuro, unendo sogni, sacrifici e amore in un cammino verso un mondo rinnovato. Eppure, questo non basta.
Un’altra donna angelo
Sembrerebbe che la donna portatrice di un futuro migliore dipinta da Aragon e ripresa da Ferrat, sia un’altra donna-angelo. O almeno la cugina nata nei tempi in cui gli uomini hanno provato a immaginare un futuro più equo. E infatti, secondo questa visione proposta, si trasforma la donna in un’utopia: un ideale lontano.
Era stato proprio Benedetto Croce a sottolineare che, per esempio,
La poesia stilnovista, pur nella sua elevata idealizzazione, rischia di allontanarsi dalla realtà concreta, trasformando la figura femminile in un’entità astratta e irraggiungibile.
Benedetto Croce, La poesia di Dante (1921), Bari, Laterza
Questo simbolismo, dunque, che è lo stesso utilizzato da Aragon e Ferrat, può dirsi superato. Persino il romanticismo dovrebbe aggiornarsi. Infatti, per quanto possa sembrare genericamente poetico pensare alla donna come salvezza, alla sua bellezza, alla luce che emana, al suo essere tanto gentile e tanto onesta, questo messaggio non si attiene al contemporaneo.
Sapegno lo dice benissimo in una delle sue critiche, «La donna-angelo degli stilnovisti è un ideale costruito da una prospettiva maschile, che non tiene conto della complessità psicologica e sociale delle donne reali» (Sapegno, N. (1955). Storia della letteratura italiana, Vol. 1. Firenze: La Nuova Italia). Con questo, conviene anche Contini. Una donna costruita così, perde autenticità.
«Le idealizzazioni femminili nella letteratura medievale e rinascimentale, come la donna-angelo, hanno contribuito a perpetuare ruoli di genere limitanti, escludendo le donne dalla sfera pubblica e intellettuale», spiega Kelly-Gadol, J. (1977) in Did Women Have a Renaissance? La risposta è no. Probabilmente le donne non hanno mai avuto un Rinascimento o un’epoca in cui sia stata rappresentata la loro autenticità, per renderle protagoniste.
Questo grazie anche alla costruzione di una letteratura bellissima, ma non abbastanza rappresentativa, perché privata delle voci femminili. Si tratta di una letteratura che ha dipinto le donne come proiezioni delle volontà maschili. Dei poeti.
Le rappresentazioni simboliche delle donne nella cultura occidentale, come la donna-angelo, tendono a trasformarle in icone sacre o angeliche, privandole di un’identità autonoma e complessa
Kristeva, J., Etrangers à nous-mêmes (1987), Paris, Fayard
Che fare del messaggio di Aragon?
Aurélie Biancarelli Lopes, in un articolo su Progressistes, discute l’interpretazione di Aragon, sottolineando che il femminismo non è una lotta isolata, ma parte integrante di una prospettiva umanista per una società democratica ed emancipata. Probabilmente bisognerebbe rileggere le parole di Aragon in chiave storica, poiché per i comunisti, all’inizio del XXI secolo, le lotte femministe sono state al centro della lotta contro il capitalismo e per l’emancipazione umana. L’autrice è una di quelle che ci crede. Le donne daranno un contributo essenziale per il futuro. In questo senso, si erge Aragon a profeta che non ha smesso di avere ragione sul fatto che la donna è il futuro dell’uomo.
Ma ne abbiamo davvero la certezza? Prendiamo il caso italiano. Secondo i dati dell’Istat, solo il 28% delle posizioni dirigenziali in Italia è occupato da donne, nonostante rappresentino il 47% della forza lavoro complessiva. Questa disparità si accentua nei settori tradizionalmente dominati dagli uomini, come la finanza e l’ingegneria. Tuttavia, iniziative come le quote di genere nei consigli di amministrazione hanno portato a un incremento della rappresentanza femminile dal 5% nel 2008 al 36% nel 2023.
Inoltre, sembra che le donne continuino ad essere poco pubblicate. Un’analisi del Consiglio Nazionale delle Ricerche evidenzia che, nel panorama editoriale italiano, solo il 35% delle opere pubblicate tra il 2020 e il 2023 è stato scritto da donne. Nonostante il crescente riconoscimento di autrici nei premi letterari, persistono stereotipi che confinano le donne a generi considerati meno prestigiosi, come la narrativa romantica o per ragazzi.
Nel mondo dell’arte, invece, le donne rappresentano il 51% dei laureati in discipline artistiche, ma meno del 20% degli artisti esposti nei principali musei italiani. Secondo il report “No Women No Panel” del CNR, le artiste sono spesso sottorappresentate nelle grandi esposizioni e nei cataloghi, con una marcata disparità rispetto ai colleghi uomini.
L’illusione del futuro
Un vecchio saggio chiamato Orazio esortava tutti a cogliere l’attimo, nel suo tentativo di celebrare il presente. Quasi nessuno ricorda che la sua frase più celebre continua dicendo “quam minimum credula postero” e cioè carpe diem, ma confidando il meno possibile nel domani. Il sogno in cui la donna è l’avvenire dell’uomo è carino, ma ancora poco realistico.
Si tratta più che altro di un’idealizzazione. Simone de Beauvoir, ne Il secondo sesso, sottolinea quanto le donne siano spesso ridotte a ruoli definiti dagli uomini, e private della loro autonomia. Questa idea di avvenire sembra un ulteriore modo per rimandare il riconoscimento delle capacità delle donne.
Piuttosto, la donna deve essere riconosciuta nel presente: non solo come forza potenziale (sorry not sorry Aristotele), ma come soggetto attivo e partecipe nella costruzione del mondo qui e ora.
Dovremmo iniziare a immaginare relazioni autentiche tra i generi, basate sul riconoscimento reciproco già adesso, e non a partire da domani. Non è più possibile aspettare. «La donna è il futuro dell’uomo» è poetico, ma non basta.
Autore
Sono pugliese ma ho studiato fuori. Sto imparando a prendere le cose fragili con le mani bagnate. Ho scritto due libri di poesie. Amo la letteratura e una volta ho litigato con un prete.