Domani, lunedì 24 gennaio, inizieranno le elezioni per il nuovo Presidente della Repubblica. Abbiamo sentito tanti nomi: qualche volto noto, qualche outsider, o ascoltato l’amico che la sa lunga che dice che il nome di chi verrà eletto non è neppure stato menzionato tra i (o le?) papabili dai media.
Prima di capire però quali possano essere i potenziali nomi per il prossimo Presidente della Repubblica, è bene fare qualche specifica preliminare, per non fare l’errore di considerare, di una vicenda politica, solo l’epilogo.
Come si è detto in apertura, quindi, domani inizieranno le sedute. Il Parlamento, in seduta Comune (quindi Camera e Senato), sarà dunque così composto: 315 senatori, 6 senatori a vita e 630 deputati, ai quali si aggiungeranno 58 delegati regionali, 3 per ogni regione (fa eccezione della Valle d’Aosta, che ne ha uno), che voteranno con scrutinio segreto. Per un totale di 1.009 grandi elettori.
Il Presidente della Repubblica, per essere eletto, deve raggiungere nei primi tre scrutini il quorum dei due terzi dei membri: quindi, 673 voti. Dal quarto scrutinio in poi, invece, sarà sufficiente la maggioranza assoluta, ovvero 505 voti.
Per l’elezione del tredicesimo Presidente della Repubblica, ci sono almeno un paio di questioni molto interessanti – le più immediate, perlomeno. La prima: attualmente ci sono 26 deputati e 9 senatori positivi al Covid19 o in uno stato di quarantena, per cui impossibilitati a recarsi al voto. Proprio in queste ore, infatti, per ovviare al grave problema, Roberto Fico sta ventilando la possibilità di una sorta di drive-in elettorale nel parcheggio della Camera. Un po’ come il tampone drive-in, il vaccino drive-in… Insomma, sembrerebbe, in continuità con questo anno, l’anno del drive-in.
L’altro dato interessante riguarda, invece, gli schieramenti politici e i rapporti di forza che ci sono tra i partiti.
Chi ha più Grandi elettori?
Attualmente è il Movimento 5 stelle ad avere più Grandi elettori: ne ha 236. Seguono Lega (212), Partito Democratico (152), Forza Italia (136), gruppo misto (116) e Fratelli d’Italia (63). Ciò significa che nessuno schieramento, né quello di centrodestra né quello di centrosinistra, ha i numeri per eleggere il Presidente della Repubblica, nemmeno dal quarto scrutinio in poi.
Ecco allora che subentra l’importanza dei gruppi più piccoli, l’ago della bilancia che può spostarsi grazie a chi ha sì pochi numeri, ma quelli che bastano per raggiungere il quorum: pensiamo, per portare un esempio concreto, al caso di Matteo Renzi e del suo partito Italia Viva, che può contare su 44 elettori e che, in una situazione del genere, potrebbero risultare decisivi.
C’è molta curiosità sulle varie posizioni: proprio in queste ore si infittiscono gli incontri (a proposito di Renzi, c’è stato un incontro con Enrico Letta per esprimere un nome “super partes”) e l’esito del summit del centrodestra ha confermato quanto già si vociferava, ovvero che Berlusconi ha ufficialmente ritirato la sua candidatura.
L’elezione del Presidente della Repubblica, però, a causa della sua votazione che avviene in forma segreta, porta con sé una folta presenza di franchi tiratori, ovvero di chi esprime un voto diverso da quello del proprio gruppo di appartenenza. Si pensi solo al 1971: per l’elezione dell’allora Presidente, furono necessarie 23 votazioni e alla fine vinse Giovanni Leone.
Nella storia di queste elezioni, gli unici Presidenti eletti nei primi tre scrutini sono stati due: Cossiga nel 1985 e Ciampi nel 1999. Il Presidente che poté contare sul maggior numero di consensi fu Sandro Pertini: ottenne 832 voti su 995 presenti; il più basso, invece, lo ottenne Giovanni Leone, nell’elezione ricordata poco fa: quella del 1971, alla fine, si concluse col 52% dei consensi.
Cenni dal passato e qualche nome per il futuro
Sappiamo che uno dei poteri del Presidente della Repubblica è lo scioglimento delle Camere – salvo che negli ultimi sei mesi del suo mandato. Nella storia, 5 presidenti le hanno sciolte: Leone (1972 e 1976), Pertini (1979 e 1983), Cossiga (1987), Scalfaro (1994 e 1996) e Napolitano (2008 e 2012). Dopo il varo della Costituzione, invece, si sono succeduti 67 governi – 64, se si considerano quelli nati dopo l’entrata in vigore della Costituzione – il cui Presidente del Consiglio è nominato dal Presidente della Repubblica.
Un altro dato interessante riguarda l’età media dei Presidenti della Repubblica al momento dell’elezione: 73 anni. Se il più giovane è stato Cossiga, a 57 anni, il più anziano è stato Giorgio Napolitano che, all’inizio del suo secondo mandato – primo presidente nella storia della nostra Repubblica ad eseguire un doppio mandato – aveva 88 anni.
Questo è interessante soprattutto per una questione di prospettiva: Napolitano, ad esempio, avrebbe concluso il suo secondo mandato a 95 anni, essendo la carica lunga 7 anni; la interruppe infatti dopo due anni, anticipatamente.
In molti sostengono che, arrivati alla tredicesima elezione, sia arrivata ora di eleggere una donna: i nomi più caldi sembrano essere quelli di Maria Elisabetta Alberti Casellati e Marta Cartabia, che sarebbe anche la candidata più giovane (58 anni). Smentita da lei stessa in un’intervista per La Repubblica, invece, la candidatura di Emma Bonino, mentre alcuni giornali rilanciano anche il nome di Rosy Bindi. Per gli uomini, invece, non si esclude Mario Draghi, ma anche Paolo Gentiloni e Giuliano Amato, ma crescono le quotazioni anche per Pierferdinando Casini. Senz’altro, quello che è stato più oggetto di discussione, nonostante l’esito dell’incontro del centrodestra che si è ricordato prima, è stato Silvio Berlusconi.
Rimane quindi lo stallo. Al netto di clamorosi capovolgimenti, comunque, un fatto sembra chiaro: non sarà Mattarella – bis. «Sono vecchio» – aveva detto lo scorso maggio – «tra pochi mesi, potrò riposarmi».
Autore
Francesco, laureato in Lettere, attualmente studio scienze dell'informazione, della comunicazione e dell'editoria. Approfitto di questo spazio per parlare di politica e di dinamiche sociali. Qual è la cosa più difficile da fare quando si collabora con un magazine? Scrivere la bio.