“Sapete una cosa? Ogni storia a Belfast comincia così…ma non questa.” (dal film “Kneecap” di Rich Peppiatt [Irlanda del Nord, 2024]
Da qualche giorno, grazie alla provvidenziale intuizione della società di distribuzione italiana Europictures, anche nelle nostre sale cinematografiche è arrivata una delle pellicole più discusse dell’ultimo anno, trionfatrice a sorpresa dell’ultima edizione dei BAFTA Awards britannici (sette premi ricevuti, per un film non girato principalmente in inglese e dalle accentuate sfumature antibritanniche, un paradosso nel paradosso) e applaudita al Sundance Film Festival (un premio ricevuto) e all’ultimo Giffoni Film Festival.
Basta una parola per descrivere tutto questo, meglio ancora se accompagnata da della musica hip-hop cantata in gaeilge (il gaelico irlandese): “Kneecap”, questo il nome dell’irriverente e provocatorio film autobiografico incentrato sull’omonimo trio di rapper nordirlandesi di Belfast che con la sua musica sta dando vita ad una rinascita contemporanea della lingua irlandese.
Un successo travolgente, quello degli Kneecap, più forte della censura verso una lingua considerata (erroneamente) morente che è stato ulteriormente amplificato sulla scena internazionale nel corso dell’ultimo anno e mezzo, quando il trio è balzato all’onore delle cronache per il loro sostegno senza compromessi alla causa palestinese (al punto di dover affrontare un processo per terrorismo – ancora in corso – nel Regno Unito e di scatenare la furia di Israele, di una larga fetta della società statunitense e di Sharon Osbourne dopo il loro “scandaloso” concerto al Coachella Festival).
A Roma, dopo essere già passato pochi giorni fa alla Villetta Social Lab, “Kneecap” è stato proiettato in un evento speciale al Madison Cinema con una proiezione in lingua originale con sottotitoli in italiano, grazie al contributo organizzativo dell’IRISH FILM FESTA, una rassegna cinematografica attiva dal 2007 che rappresenta una vera e propria istituzione nella città per quanto riguarda la promozione del cinema “all-Ireland” (Éire e Irlanda del Nord).
La trama del film

“Kneecap”, di Rich Peppiatt (Irlanda del Nord, 2024)
Fonte immagine: Europictures / Facebook
Diretto nel 2024 dal regista britannico Rich Peppiatt (che ha salutato il pubblico presente in sala con un videomessaggio), “Kneecap” racconta in poco meno di due ore la nascita e l’ascesa del gruppo di Belfast tra il 2017 e il 2022, unendo e mischiando delle licenze artistiche alla realtà delle vite di Liam, Naoise e JJ – diventati famosi con i nomi di Mo Chara, Móglaí Bap e Dj Próvai – e del contesto sociale di West Belfast.
La forte identità repubblicana presente nelle vite di Liam e Naoise, eredi della generazione dei c.d. Troubles e degli “Accordi del Venerdì Santo”, e la voglia di riscatto sociale in un contesto ancora fortemente problematico come quello della capitale nordirlandese incontrano la strada di JJ, un insegnante di musica nato a Derry, in circostanze poco fortuite (un arresto in un rave party clandestino e un interrogatorio svolto in lingua inglese che ha richiesto l’intervento di un interprete, ovvero lo stesso JJ).
L’incontro ha l’impatto esplosivo di una bomba al semtex piazzata sotto una macchina e libera l’anima gaelica e ribelle nelle rime dei due giovani – a lungo rinchiusi in una gabbia “come dei dodo” e ora liberi di volare e di esprimersi – e nei beat del loro deejay “più grande”, che grazie a loro riaccende la propria passione sopita per troppo tempo.
La musica come espressione e forma d’arte ma anche di riscatto personale e di protesta politica, che diventa letteralmente virale perché portata avanti in lingua gaelica.
“Sesso, droga e hip-hop”…ma non solo!
Le parole del regista Rich Peppiatt possono descrivere solo una parte del suo lungometraggio: prendendo in prestito la definizione data dalla Direttrice Artistica dell’IRISH FILM FESTA Susanna Pellis nella sua introduzione alla pellicola, “Kneecap” rappresenta infatti un’opera “politicamente oltraggiosa” nel suo essere esplicitamente controcorrente.
Un racconto dove l’arte e la musica (anche l’hip-hop di cui – a titolo personale – riconosco di conoscere molto poco), la storia e la politica (il contesto dei Troubles nordirlandesi fino ad arrivare agli anni più recenti e alla crescita esponenziale del peso politico dello Sinn Féin) e – ultimo ma non per importanza – la cultura gaelica si mescolano e creano un risultato coinvolgente.
Un film dai ritmi incalzanti (un commento non limitato al solo piano musicale, anche se di certo aiuta una colonna sonora che alterna le canzoni del trio a pezzi celebri dei The Prodigy e a degli omaggi alla jungle e alla drum and bass) e capace di essere irriverente grazie al suo spiccato senso dell’umorismo che in più occasioni ha fatto ridere animatamente la sala durante la proiezione, anche con delle battute dissacranti che volutamente non andrò ad anticiparvi.

Un fotogramma dal film “Kneecap” di Rich Peppiatt (Irlanda del Nord, 2024)
Fonte immagine: Europictures
Che non si parli in alcun modo di “musicarello”: il focus è incentrato sì sui tre artisti e sulle loro storie, raccontate “senza filtri di sorta” dal regista britannico (che prima di poterlo girare ha impiegato ben sei mesi – con annesse bevute – per farsi “accettare” dal gruppo, con il quale è poi nata una profonda amicizia), ma soprattutto sulla loro musica e sul messaggio che la loro forma d’arte è riuscito a dare dapprima in Irlanda del Nord (o “Nord dell’Irlanda”, questione di sfumature) e quindi a livello globale.
Quale? La forza della musica come forma d’espressione e veicolo di protesta contro l’oppressione britannicapermeata anche a livello comunicativo,contro la censura (quella che portò la RTÈ a bloccare l’uscita del loro primo singolo “C.E.A.R.T.A.” nelle radio locali, dopo un contratto firmato, per i suoi testi) e contro la lenta morte del gaeilge (sulla quale in tutta l’isola sono da anni attivi e finanziati progetti per mantenerla viva).
Il resto del cast vede la partecipazione di altri nomi molto noti nel cinema irlandese tra i quali Josie Walker (Belfast), Jessica Reynolds (un episodio della serie Outlander), Fionnuala Flaherty e Simone Kirby, senza dimenticare il celebre Michael Fassbender nel ruolo di Arlo Ó Cairealláin, il padre di Naoise con un passato nell’IRA.
Un film da godere appieno…in lingua originale!
C’è chi lo ha descritto come “Michael Collins che incontra Straight Outta Compton” e sebbene il paragone possa rivelarsi un po’ azzardato, ciò che è certo è che ”Kneecap” riuscirà a farvi ridere e riflettere allo stesso tempo.
Un invito alla scoperta di un trio senza dubbio “originale” nel suo modo di assorbire e fare proprio un genere musicale così “distante” all’apparenza come l’hip-hop che non vi lascerà delusi: tra “trip sensoriali” (in tutti i sensi), momenti alquanto comici (l’inseguimento di Mo Chara, ripreso a campo largo e al rallentatore, da parte di una banda musicale di lealisti protestanti nordirlandesi è stata per me una delle parti più divertenti) e sequenze che si possono comprendere solo nel caso in cui ti immergi nel contesto “stupefacente” della pellicola (rientra in questa categoria il “cameo lisergico” del leader storico dello Sinn Féin Gerry Adams), vi ritroverete infatti all’interno di un’ esperienza cinematografica fresca e dalla grande potenza politica.
Se negli ultimi tempi avevamo osservato come “la musica di protesta è ancora quella irlandese”, la visione di questo film non solo conferma e ribadisce questa lettura, ma riesce anche ad offrire una prospettiva musicale nuova da cui poter apprendere e apprezzare qualcosa di nuovo.
Un film assolutamente consigliato con un’unica, all’apparenza, controindicazione: per poter essere apprezzato nel suo pieno potenziale, si consiglia infatti la visione in lingua originale sottotitolata (il doppiaggio, in questo caso, rischia seriamente di smorzare il tutto!)
“Stories are built from language.
Nations are built from stories.
This is our story.” (dal film “Kneecap” di Rich Peppiatt [Irlanda del Nord, 2024])
Fonte immagine di copertina: Europictures