Una nuova rottura agita il già turbolento scenario politico mediorientale con il riacutizzarsi della contrapposizione politica tra la Turchia e Israele: nelle ultime ore si susseguono, infatti, i rilanci delle parole con le quali il Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha annunciato ufficialmente la rottura immediata dei rapporti economici e diplomatici tra Ankara e Gerusalemme e – come diretta conseguenza – il divieto di transito e accesso nello spazio territoriale e aereo turco per navi e aerei israeliani.
La decisione segna un’altra brusca frattura nelle relazioni a più livelli tra i due Stati, già interrotte con altrettanta veemenza nel recente passato salvo poi essere faticosamente riallacciate in un contesto caratterizzato comunque da una profonda diffidenza, riscontrabile nell’altalenante rapporto tra il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
A compromettere ulteriormente i già pesantemente deteriorati rapporti turco-israeliani, ridotti ai minimi in seguito alle operazioni militari condotte dalle forze israeliane in Palestina lungo la Striscia di Gaza e nei restanti Territori Occupati (in più occasioni definite dalle autorità turche come “crimini di guerra”), sono stati il duplice attacco al Nasser Hospital di Khan Younis a Gaza dello scorso 25 agosto (venti morti – tra cui cinque giornalisti e corrispondenti locali per Reuters, Associated Press ed Al Jazeera – vittime di “un attacco deliberato alla stampa” da parte israeliana) e, da ultimo, l’annuncio del riconoscimento del genocidio armeno da parte dello stesso Netanyahu in un’intervista dello scorso 27 agosto (la Turchia, che non lo riconosce, ha descritto le sue parole come “un cinico tentativo di strumentalizzare tragedie del passato per ragioni politiche”).
Una mossa, quella del Primo Ministro israeliano, che per la Turchia è stata la classica “goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
“Azzerate le relazioni con Israele” – L’intervento del Ministro Fidan
Nell’intervento di questa mattina durante la riunione straordinaria dell’Assemblea Nazionale turca, il Ministro Hakan Fidan (in basso a destra, NdA) ha dichiarato che la Turchia “ha deciso di interrompere completamente i rapporti economici e commerciali con Israele” in segno di protesta contro gli ultimi attacchi israeliani a Gaza, definiti come crimini di guerra commessi “con il sostegno incondizionato degli Stati Uniti”.
La reazione della politica israeliana non si è fatta attendere, con il Ministro della Sicurezza Nazionale del gabinetto di guerra di Netanyahu Itamar Ben-Gvir che attraverso i social media ha pubblicato una fotografia del presidente Erdogan con il defunto leader di Hamas Ismail Haniyeh, seguita dalla formula “Turchia = Hamas”.

L’incontro dello scorso 25 marzo tra il Segretario di Stato statunitense Marco Rubio e il Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan (fotografia di Freddie Everett).
Fonte immagine: U.S. Department of State/Flickr (opera di pubblico dominio)
Il precedente: la strage della “Mavi Marmara”
Non è la prima volta che la Turchia interrompe i propri rapporti politici con Israele e, per ritrovare il precedente, non si deve tornare nemmeno troppo indietro nel tempo.
Il punto più basso nelle relazioni recenti tra le due nazioni, infatti, ha portato a una vera e propria crisi diplomatica durata sei anni che, in quel caso, esplose in seguito a un drammatico fatto di sangue nell’ambito di un’iniziativa globale portata avanti dalla Freedom Flotilla per rompere il blocco navale israeliano lungo le acque costiere della Striscia di Gaza.
Nella notte del 31 maggio 2010 le unità navali delle IDF (tra cui la c.d. “Shayetet 13”, un commando d’élite della Marina israeliana) abbondarono cinque delle sei imbarcazioni della Flotilla in viaggio nel Mar Mediterraneo, riuscendo a dirottarle verso i porti israeliani di Haifa e Ashdod.
Nella più grande tra queste, la comorense “Mavi Marmara” (in basso, NdA), le truppe israeliane si scontrarono contro l’equipaggio e gli attivisti presenti, aprendo il fuoco contro di loro e uccidendo dieci attivisti turchi e americo-turchi (nove di loro morirono quella notte, il decimo si spense dopo quattro anni di coma).
Tra le fila dei soldati israeliani, invece, si contarono dieci feriti di cui uno in condizioni più serie.
Le reazioni “immediate”? Gli ambasciatori dei due paesi richiamati dai rispettivi stati, la Turchia che richiedeva l’apertura di un’indagine internazionale da parte della Corte Internazionale di Giustizia per possibili “crimini di guerra” (con l’aggravante che l’attacco si fosse verificato in acque internazionali), la pubblicazione della prima parte del c.d. “Rapporto Turkel” da parte israeliana e, da ultimo, la creazione di una commissione d’inchiesta da parte delle Nazioni Unite allora guidate dal Segretario Generale Ban Ki-Moon e culminata con il c.d. “Rapporto Palmer” del 2011.
L’elemento in comune tra i due rapporti? Entrambi i documenti, nelle loro corpose argomentazioni, esoneravano lo stato ebraico dalle responsabilità più rilevanti non solo in merito all’assalto della Mavi Marmara ma in una prospettiva più ampia anche nel quadro dello stesso conflitto israelo-palestinese, senza tenere conto delle numerose prove e documentazioni fornite da organizzazioni non governative come Amnesty International.
In seguito alla pubblicazione del rapporto delle Nazioni Unite, la Turchia rifiutò le conclusioni del documento ritenendole “squilibrate” e “viziate da posizioni favorevoli” alla controparte israeliana, e formalizzò l’espulsione dell’allora ambasciatore israeliano Gabby Levy dal territorio turco.
Soltanto nel 2016, in seguito al raggiungimento di un accordo tra la Turchia e Israele con il quale lo stato ebraico accettava il pagamento di un risarcimento alle famiglie delle vittime pari a venti milioni di dollari in cambio della protezione dei militari israeliani da azioni legali intentate in Turchia, vennero riavviati i canali diplomatici tra i due paesi con la riapertura delle rispettive ambasciate.

La “MV Mavi Marmara” in uno scatto fotografico del 2010.
Fonte immagine: Free Gaza movement/Flickr (licenza d’uso CC BY-SA 2.0)
NdA: L’immagine di copertina è stata realizzata con l’utilizzo di software di creazione immagini IA di Dezgo su input testuale dell’autore del presente articolo.