Presentato alla Libreria Horafelix l'”Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2025″

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Un nuovo e interessante incontro dedicato all’approfondimento sulla geopolitica si è tenuto ieri pomeriggio presso la Libreria Horafelix di Roma, dove ha avuto luogo la presentazione dell’undicesima edizione dell’ ”Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2025”, pubblicato lo scorso giugno da Bordeaux Edizioni e frutto del lavoro dell’OSMED – Osservatorio sul Mediterraneo e dell’Istituto di Studi Politici “S.Pio V” in collaborazione con i principali curatori dell’opera, il professor Andrea Ungari, docente di Storia Contemporanea presso l’Università “Guglielmo Marconi” e il professor Francesco Anghelone, coordinatore scientifico dell’OSMED e dell’Area di ricerca storico-politica dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.

Se agli inizi di quest’anno avevamo avuto modo di dedicare uno spazio di rilievo alla scoperta della geopolitica attraverso prestigiose pubblicazioni come l’Atlante Geopolitico Treccani, il corposo volume presentato ieri alla Horafelix pone la propria attenzione sul ruolo geopolitico del Mar Mediterraneo, offrendo al pubblico un’opera panoramica e ricca di contenuti con cui aggiornare i lettori sui mutamenti in corso attorno al nostro “mare interoceanico”, un’area che è stata “culla di religioni, culture e popoli diversi tra loro” e che al contempo rappresenta un patrimonio millenario che travalica la Storia e l’attualità politica.

Il focus dell’analisi fornita nel volume, grazie alla presenza di schede dettagliate e di utili saggi di approfondimento, riguarda principalmente l’area del Medio Oriente, del Nord Africa e della Turchia, ma si proietta anche in una dimensione globale dedicando spazio alle dinamiche geopolitiche poste in essere nell’area dalle superpotenze (Stati Uniti, Cina, Russia) ma anche all’interesse delle petromonarchie arabe del Golfo Persico verso il Mediterraneo e lo stesso continente europeo.


Fotografie geopolitiche dall’area “MENA” – Dialogo tra i curatori dell’opera

Il pubblico presente all’incontro di ieri ha potuto assistere con grande interesse a un dialogo denso di spunti e argomenti trattati dai curatori dell’opera e dal moderatore dell’evento, il Dott. Pierpaolo Naso (dottore di ricerca dell’Università “Guglielmo Marconi”).

Gli interventi hanno portato delle “fotografie” provenienti dai principali paesi di quella che – in ambito geopolitico – viene indicata come area “MENA” (acronimo inglese per Medio Oriente e Nord Africa) come il Marocco, la Tunisia, l’Egitto e la Libia, senza dimenticare di evidenziare la catastrofe degli ultimi due anni di guerra tra Israele e la Palestina e – da ultimo – la Turchia e la Siria.
Nazioni, quelle menzionate dai relatori, dalle quali gli stessi hanno presentato
numerosi spunti che hanno stimolato il dibattito attorno ai grandi mutamenti di natura geopolitica avviati nel corso dell’ultimo decennio come eredità delle fallimentari “primavere arabe” e del successivo “grande inverno” nella regione, ormai dominata da una sempre più evidente “instabilità politica”.

Partendo dal Marocco – che il professor Francesco Anghelone (in basso, NdA) ha descritto a riguardo come “esempio migliore di instabilità politica” si passa alla Tunisia, un paese in cui si osserva la differenza socioculturale tra la popolazione che abita nelle zone costiere (come nel caso della capitale Tunisi) e quella più vicina all’entroterra desertico, ovvero tra le aree più inclini a un processo di secolarizzazione e quelle maggiormente ancorate alle tradizioni religiose.

Da sinistra verso destra, il professor Francesco Anghelone (OSMED, Istituto di Studi Politici “S.Pio V”) assieme al dottor Pierpaolo Naso (Università “Guglielmo Marconi”)

Queste sono soltanto alcune delle analisi riportate nel corso dell’incontro ma che servono – stando alle parole del professor Anghelone – a riflettere sulla necessità sempre più impellente di “guardare alla realtà dell’area attraverso lenti nuove” rispetto alla lettura dei singoli contesti nazionali dell’area che viene offerta all’opinione pubblica, troppo spesso semplicistica e legata a schemi concettuali divenuti oramai obsoleti.
Uno scenario che si può riscontrare anche quando si parla dell’Egitto di
Abdel Fattah al-Sisi che, con la stessa facilità con cui ha stroncato la breve “parentesi democratica” della Fratellanza Musulmana di Mohamed Morsi emersa dopo l’autocrazia di Hosni Mubarak, struttura la propria politica d’influenza nell’area con spirito alquanto pragmatico, oppure quando si parla della Libia da lungo tempo divisa de facto in due distinte entità politiche in seguito alla rimozione di Mu’ammar Gheddafi portata a compimento dalla “comunità internazionale” e per la quale – a dire del professor Andrea Ungari – “non si può parlare di Stato in quanto soggetto privo di stabilità”.


Comprendere l’attualità con una lente geopolitica

Tanto nell’evento di presentazione del volume avvenuta nella serata di ieri quanto nella lettura dell’“Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2025”, il fine auspicato è quello di poter far comprendere al lettore il profondo e complesso legame tra gli avvenimenti del recente passato e quelli dell’attualità nell’area del Mar Mediterraneo attraverso l’ausilio di una lente geopolitica che possa risultare dettagliata e al contempo fruibile da tutti.

Per poter comprendere quanto sta avvenendo attualmente nelle Nazioni lungo l’altra sponda del Mediterraneo è infatti necessario poterne conoscere la Storia ma anche le dinamiche socio-culturali, quelle economico-politiche e – soprattutto – gli interessi che muovono questi attori (nella terminologia politologica, gli Stati) nelle dinamiche locali e in quelle più ampie a livello internazionale.

Le dinamiche tra passato, presente e futuro che ruotano attorno al Mar Mediterraneo sono capaci di muovere ogni Nazione presente nell’area verso direzioni che, nel nome del raggiungimento dei propri interessi e delle proprie strategie, possono coincidere o divergere del tutto con quelli altrui.
Ci si può per esempio ritrovare ad analizzare come la monarchia del sovrano Muhammed VI cerchi di portare avanti una politica ambivalente nei confronti dell’Europa (e in particolar modo della Spagna, tralaltro “confinante” nella zona delle enclavi iberiche di Ceuta e Melilla) e al contempo regola a modo proprio la questione riguardante il c.d. Fronte Polisario del popolo Sahrawi sostenuto attivamente dall’Algeria, oppure lo stato delle relazioni politico-diplomatiche tra l’Egitto e Israele nel corso degli ultimi due anni in cui, accanto al sostegno formale alle rivendicazioni della popolazione palestinese, hanno continuato a ruotare gli enormi interessi ambivalenti per i giacimenti di gas naturale presenti nei territori delle due nazioni (rispettivamente i giacimenti Nour e Zohr e quello del Leviathan), o anche il ruolo in continua evoluzione assunto dalla Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, una nazione e un leader in continuo oscillamento tra le mai sopite ambizioni neo-ottomane e la propria postura internazionale consolidata che la rende attivamente coinvolta non solo nell’area mediorientale (es. Palestina, Siria e – in chiave più estesa – la competizione con l’Arabia Saudita), ma anche nel sostegno ai propri alleati (es. Azerbaijan) e nei confronti tanto della NATO e della stessa Unione Europea.

Da sinistra verso destra, Il professor Francesco Anghelone (OSMED, Istituto di Studi Politici “S.Pio V”), il dottor Pierpaolo Naso (Università “Guglielmo Marconi”) e il professor Andrea Ungari (Università “Guglielmo Marconi”)


Quale ruolo hanno l’Unione Europea e l’Italia nell’area mediterranea?

Nella grande complessità delle dinamiche geopolitiche nel Mar Mediterraneo, la fotografia offerta dagli autori del volume attorno al ruolo e al peso dell’Unione Europea e – da ultimo – del nostro Paese è al momento critica.
Citando un passaggio dell’intervento del professor Anghelone,
“i rapporti tra l’Europa il Nord Africa sono cambiati” e i tempi in cui l’Unione Europea poteva giocare un ruolo di assoluto dominio negoziale (es. l’elargizione di aiuti e finanziamenti vincolati ai “rapporti di condizionalità”) sono oramai passati, dal momento che l’intero continente può da tempo volgere il proprio sguardo anche altrove, allettato dalle opportunità provenienti da attori ancora più influenti (Cina e Russia in primo luogo, senza dimenticare la rilevanza crescente assunta dal gruppo multipolare dei BRICS+).

Inoltre, come osservato in più occasioni dal professor Ungari, la staticità politico-militare dell’Unione Europea (che soltanto di recente – e “con netto ritardo”ha posto in essere la questione di rimilitarizzare gli Stati membri) all’avanzare dei teatri bellici globali nel recente passato e nell’attualità l’ha resa un’entità dal ruolo marginale nello scenario internazionale.
“In un’era in cui prevale la Realpolitik” – hanno convenuto entrambi i relatori – è necessario un deciso cambio di passo da parte europea nella competizione globale che coinvolge appieno lo stesso Mar Mediterraneo, per cercare quantomeno di ritardare quella che è una constatazione sia per il professor Ungari quanto per il professor Anghelone: mantenendo infatti le attuali dinamiche in essere, “gli stati nazionali europei sono destinati a soccombere”.

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