5 tappe tra Pasolini e Geppetti
Quando, quasi 10 anni fa, la sorte mi fece incontrare l’archivio fotografico di Marcello Geppetti non avevo idea di che tipo di viaggio stavo per affrontare.
Oltre un milione di negativi, un paio di registri sommari, alcune foto celebri e qualche aneddoto.
Di Marcello Geppetti si conosceva la sua attività di paparazzo ma pian piano che il mondo che aveva impresso sulla pellicola usciva fuori dall’archivio quell’uomo diventava meno nitido.
Rullo dopo rullo cominci ad immaginare il pollice che carica e l’indice che scatta e dà il ritmo al pensiero fino a creare una storia in cui l’uomo, la sua arte e i luoghi sono una sola cosa.
“Non sprecare mai uno scatto” ripeteva ai collaboratori e al figlio così dietro ogni scatto c’era un motivo, che fosse pragmatico o estetico ma sempre un motivo, per caricare e scattare.
E quell’istante di buio nel mirino, quando il fotografo non vede più, è proprio il momento in cui l’istante non visto viene impresso.
Mi stupisce questa cosa, in fondo i fotografi di quegli anni non hanno mai visto il “momento” che hanno fotografato.
Così giorno dopo giorno sono emersi migliaia di momenti in un gigantesco collage della vita di Roma dal 1958 al 1998.
In questi 40 anni gli scatti diventano gradatamente meno pieni di contenuto, la tecnica necessaria è minore e lo sfondo ha spesso un sapore decadente. Certo Geppetti riusciva a cogliere gli spasmi di ribellione, ma il destino è segnato.
“Che tipo di uomo vuole il nuovo potere?
Non vuole più un buon cittadino, un buon soldato.
Non vuole un uomo onesto, previdente, non lo vuole tradizionalista, e nemmeno religioso. Al posto del vecchio tipo d’uomo, il nuovo potere vuole semplicemente un consumatore.”
Scriveva Pasolini e Geppetti non poteva che fotografare quello che aveva davanti.
I due si accorgono del cambiamento e lo mostrano, ognuno con i suoi mezzi. Pasolini con la sua lirica lucidità e Geppetti con la sua interminabile striscia di attimi essenziali.
Da qui l’idea di raccontare alcuni luoghi e alcune situazioni che entrambi hanno vissuto e che hanno raccontato. Qualche volta non sono gli stessi luoghi ma sono le stesse anime quelle che raccontano. Qualche volta i due si incrociano e Geppetti scatta.
Alzare un dito e abbassare l’altro, Alzare un piede e abbassare l’altro. Movimenti contrapposti ma necessari per l’avanzamento. A Pasolini piaceva usare la bicicletta anche se a Roma tutti i ragazzi sognavano la motoretta e a Geppetti il gesto di caricare la pellicola rimase sempre caro anche se tutti i fotografi desideravano un motore per trascinare una pellicola infinita.
Anche quando Pasolini salirà su una fiat 600 e Geppetti cambierà la sua vecchia macchina fotografica a pozzetto il loro modo di osservare rimarrà sempre lo stesso.
Dall’archivio ho scelto cinque fotografie di Geppetti tra le centinaia che incrociano Pasolini e il suo mondo, cinque tappe per sentirne ancora forte la presenza o, sarebbe meglio dire, l’assenza.
Prima Tappa – In seicento per donna Olimpia
Per preparare Le notti di Cabiria, Federico Fellini esplora la periferia romana in compagnia di Pier Paolo Pasolini a bordo di una Fiat Seicento che Fellini ha fatto comprare dalla produzione apposta per Pasolini. Con quella vettura girano di notte per le periferie di Roma tra Tiburtino Terzo, Pietralata e l’idroscalo con la preoccupata riprovazione di Giulietta Masina. Pasolini fu uno degli sceneggiatori del film insieme a Pinelli e Flaiano.
Ma frequentare Fellini e un mondo così diverso dalle sue borgate non lo allontanò dai suoi amici della zona di Donna Olimpia anzi, ogni tanto, tornava a trovarli con Seicento e la parcheggiava con gli sportelli aperti e i tasconi con qualche moneta dentro in modo che i ragazzi potessero andare a prenderle.
Poi per Pasolini arrivò la fama e la Fiat 600 lasciò il posto a una Giulietta GT, inaugurando un amore fatale con le Alfa Romeo.

Seconda Tappa – Porta San Paolo e i tempi bui dell’accattone.
Nell’estate del 1960 l’atmosfera è rovente. C’erano stati scontri durissimi di piazza con molti morti e feriti. A Roma, il 6 luglio, fu organizzato un comizio a Porta San Paolo, i manifestanti furono immediatamente caricati, con sciabole e manganelli, dalla polizia a cavallo comandata dall’olimpionico Raimondo D’Inzeo.
Il film L’Accattone di Pasolini si ispira a questi “tempi bui” che raccontano il lato oscuro della ”Dolce Vita” e del “Boom” economico.

Terza Tappa – Un tavolo da non dimenticare.
Via Veneto. È il 1962 e si gira Mamma Roma.
Ad un tavolo sono seduti Moravia, Anna Magnai e Pasolini. Tutti e tre sono consapevoli di essere monumenti italiani.
Possiamo riavere un tavolino simile oggi? Le tre sedie rimangono inesorabilmente vuote. Forse, mi dico, abbiamo un problema.

Quarta tappa – Le Più belle Marane del Mondo.
Le marane (Luoghi dove stagionalmente si formano pozze d’acqua abbastanza ampie da poterci fare il bagno) romane sono diventate celebri con “il Facce Tarzan” chiesto ad Alberto Sordi dai bambini di borgata nel film “Un giorno in Pretura”, ma in tutte le prime opere di Pasolini sono presenti, come gioco o come dramma.
Gli stessi ragazzi che facevano il bagno a Donna Olimpia o a Pietralata però non esitavano a calare in centro ed entrare in ben altre pozze d’acqua per rimediare qualche soldo. Una Marana vale l’altra…

Quinta tappa – L’ultimo giro
Pasolini è morto da poche ore. La pietà della donna che lo trovò cadavere pianta a terra una croce improvvisata vestita di un mazzetto di fiori. Alcuni amici perimetrano con delle pietre il luogo del ritrovamento quasi a difendere, finalmente, la diversità di quel pezzo di terra.
Ora quel monumento provvisorio non c’è più, normalizzato dall’iconografia di stato.

Pier Paolo, Eduardo de Filippo, 1975
“Non li toccate quei diciotto sassi che fanno aiuola con a capo issata
la «spalliera» di Cristo. I fiori,
sì,
quando saranno secchi, quelli toglieteli,
ma la «spalliera», povera e sovrana,
e quei diciotto irregolari sassi, messi a difesa
di una voce altissima, non li togliete più!
Penserà il vento
a levigarli,
per addolcirne
gli angoli pungenti; penserà il sole
a renderli cocenti, arroventati
come il suo pensiero; cadrà la pioggia
e li farà lucenti, come la luce delle sue parole;
penserà la «spalliera» a darci ancora
la fede e la speranza in Cristo povero.”
Fotografie di Marcello Geppetti – (c) Marcello Geppetti Media Company srl