La rappresaglia iraniana colpisce le basi USA nel Golfo Persico

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Dopo l’attacco statunitense avvenuto ieri notte contro le centrali nucleari iraniane, le forze di Teheran hanno risposto con un’operazione di rappresaglia diretta verso le basi militari statunitensi presenti nell’area del Golfo Persico.

Nella notte locale – quando in Italia erano le prime ore della sera – le sirene sono risuonate a Doha (Qatar) come all’interno della vicina base militare di Al Udeid mentre dieci missili lanciati dall’Iran si dirigevano verso l’obiettivo (alla fine colpito da sei di questi).
Stando alle prime dichiarazioni rilasciate dalle parti coinvolte, comunque, non si sono registrate vittime o danni all’interno della base che, al momento del bombardamento, risultava essere vuota.
Un attacco che risulterebbe dunque essere dal mero valore simbolico ma non per questo meno funzionale nell’assetto delle strategie iraniane, in quella che rappresenta la più grande base militare statunitense del Medio Oriente (con all’attivo un contingente militare stimato in oltre diecimila soldati) nonché la sede dello US Central Command (CENTCOM).


Un’operazione “annunciata”? Cosa è emerso finora dall’attacco a Al Udeid

Basta però attendere alcune ore per trovare ulteriori dettagli sull’attacco iraniano alla base statunitense in Qatar: stando infatti alle dichiarazioni di tre ufficiali iraniani raccolte dal New York Times e in seguito da altri analisti, sembra che l’operazione militare iraniana sia stata preventivamente comunicata alle controparti di Stati Uniti e Qatar, con dinamiche che in parte ricorderebbero quanto avvenuto nel gennaio 2020 in seguito all’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani presso l’aeroporto iracheno di Baghdad (3 gennaio 2020) [1].

Una ricostruzione del susseguirsi degli eventi che è stata infine confermata dallo stesso presidente statunitense Donald Trump: in una serie di messaggi pubblicati all’interno della sua piattaforma sociale Truth, infatti, il presidente ha tenuto a “ringraziare” tanto il Qatar quanto, a modo suo, la stessa nazione iraniana “per averli avvisati in anticipo” dell’attacco “alquanto debole”.


Note e ulteriori riferimenti

[1] Nei giorni successivi alla morte di Qassem Soleimani, tra il 7 e l’8 gennaio 2020, l’Iran lanciò una rappresaglia per l’attacco mirato ordinato da Trump contro il generale iraniano. All’incirca una dozzina di missili iraniani colpirono le basi militari statunitensi di Al-Asad e Erbil in territorio iracheno, causando danni alle infrastrutture e ferendo centodieci soldati statunitensi (un dettaglio per molto tempo taciuto o minimizzato dal presidente Trump prima che un rapporto del Pentagono lo confermasse).

Fonte immagine di copertina: Lara Jameson / Pexels

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