Mentre la guerra lungo la Striscia di Gaza non accenna minimamente a fermarsi e si avvicina drammaticamente all’obiettivo prefissato nelle ultime settimane da Israele (l’occupazione totale del territorio gazawi) e mentre le truppe israeliane avanzano verso il centro di Gaza City, gli Stati Uniti d’America infliggono un altro duro colpo alle ambizioni della Palestina di raggiungere il proprio riconoscimento internazionale: attraverso un comunicato reso noto nella tarda serata di ieri dal Dipartimento di Stato statunitense guidato da Marco Rubio (in basso a destra, NdA), l’amministrazione di Donald Trump ha infatti revocato i visti diplomatici alle delegazioni dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e dell’Autorità Palestinese (AP) – un’ottantina i componenti tra cui spicca il nome della guida del governo palestinese, Mahmoud Abbas – in vista dell’ottantesima sessione dell’Assemblea Generale ONU che avrà inizio il prossimo 9 settembre al Palazzo di Vetro di New York.
Una decisione drastica, che priva la Palestina della propria rappresentanza politica (ma non di quella diplomatica già residente nel territorio statunitense) in una giornata potenzialmente dal grande valore politico in virtù delle già annunciate dichiarazioni di riconoscimento dello Stato palestinese in occasione dell’Assemblea Generale ONU da parte di Francia, Australia e Malta, a cui potrebbero aggiungersi anche il Regno Unito e il Canada (sebbene da Londra e da Ottawa la decisione sarebbe vincolata al raggiungimento di determinate condizioni).
“L’ultimatum” di Marco Rubio

Il Segretario di Stato statunitense Marco Rubio.
Fonte immagine: U.S. State Department/Flickr (opera di dominio pubblico)
Le motivazioni addotte e presentate dal Dipartimento di Stato statunitense rasentano l’ultimatum imposto alle autorità palestinesi: “È nell’ottica degli interessi per la nostra sicurezza nazionale che riteniamo l’OLP e l’AP responsabili di non aver mantenuto i propri impegni e per aver minato le prospettive per la pace”, ha dichiarato Rubio aggiungendo come sia necessario per le due entità che “ripudino sistematicamente il terrorismo […] incluso il massacro del 7 ottobre” e, nel caso dell’Autorità Palestinese, che “cessi i propri tentativi di aggirare i negoziati attraverso campagne legali internazionali, come gli appelli alla Corte Internazionale di Giustizia e al Tribunale Penale Internazionale, e gli sforzi per il riconoscimento unilaterale di uno Stato palestinese ipotetico”.
Elementi questi ultimi che – a dire degli Stati Uniti – “hanno contribuito materialmente al rifiuto da parte di Hamas di rilasciare gli ostaggi e alla rottura dei colloqui per il cessate il fuoco a Gaza”.
L’intervento statunitense è un altro chiarissimo messaggio sull’orientamento e sulle intenzioni della Casa Bianca in merito alla situazione della Palestina, quello di un sostegno ancora più netto e granitico di Israele rispetto a quanto già mostrato e portato a termine dal tycoon newyorkese nel suo primo mandato presidenziale.
Nonostante il rumoroso dissenso presente tanto all’interno della stessa base MAGA (Make America Great Again) del Grand Old Party repubblicano quanto nella sempre più crescente platea globale che richiama a gran voce la “comunità internazionale” attorno agli evidenti crimini di guerra perpetrati dal governo di Benjamin Netanyahu, gli Stati Uniti continuano a proteggere Israele dalla c.d. “guerra legale” (lawfare) che la vede imputata, a qualunque costo: Marco Rubio infatti aveva già provveduto negli ultimi mesi a imporre sanzioni pesantissime contro quasi la metà dei giurati della Corte Penale Internazionale a partire dal suo procuratore capo Karim Ahmad Khan (13 febbraio), per poi proseguire contro Kimberly Prost, Nicolas Guillou, Nazhat Shameem Khan e Mame Mandiaye Niang (20 agosto) senza dimenticare l’azione che ha coinvolto la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati, Francesca Albanese, colpita dalle stesse sanzioni lo scorso 10 luglio.
Sostegno e rabbia per la decisione degli Stati Uniti
La decisione statunitense è stata accolta in modo diametralmente opposto dall’alleato israeliano e dalle autorità palestinesi: da una parte il governo israeliano, attraverso il proprio Ministro degli Affari Esteri Gideon Sa’ar ha accolto con grande apprezzamento l’intervento dell’amministrazione Trump applaudendo al coraggio portato avanti “nel restare ancora una volta al fianco di Israele“.
Le autorità palestinesi hanno invece condannato duramente la revoca dei visti diplomatici alle delegazioni dell’OLP e dell’Autorità Palestinese, con il presidente Mahmoud Abbas che ha dichiarato come la decisione del Dipartimento di Stato statunitense e dell’amministrazione Trump “contraddica il diritto internazionale”.
Da ultimo è intervenuta anche l’ONU attraverso il proprio portavoce Stéphane Dujarric il quale, dopo essere venuto a conoscenza della decisione di Rubio attraverso gli organi di stampa, ha dichiarato che le Nazioni Unite si confronteranno presto a riguardo con il governo statunitense.
Fonte immagine di copertina: Mojnsen/Wikimedia Commons (opera propria, licenza d’uso CC BY-SA 4.0)