Cous Cous Unplugged 2024: quattro chiacchiere con Marco Della Porta, Presidente del Municipio XIV

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Le città d’estate diventano teatri a cielo aperto. Roma si riempie di arene, palchi, piccoli festival che offrono una ricchezza culturale invidiabile anche a molte città europee. C’è un solo problema: la maggior parte di questi eventi si svolgono nei centri cittadini. 

E nelle periferie cosa si fa? Spesso manca un’offerta culturale ben distribuita che tolga i quartieri più marginali dalle zone d’ombra in cui sono relegati. 

Per la seconda volta, saremo media partner di Cous Cous Unplugged, un festival organizzato da Spaghetti ART nell’ambito dell’Estate Romana e sostenuto da Periferiacapitale, il programma per Roma della Fondazione Charlemagne. 

Lo scorso anno il festival è stato un vero successo, un’occasione per il quartiere e i suoi residenti di avere un proprio “palco con dei riflettori”. Ne abbiamo parlato con Marco Della Porta, Presidente del Municipio XIV per conoscere la progettualità di questo evento. 

Ciao Marco, come è nata l’idea di fare un progetto come Cous Cous Unplugged?

«Abbiamo sempre creduto nella Cultura come strumento di crescita collettiva e volevamo portarla in tutti i quartieri del nostro Municipio, soprattutto in quelli più periferici dove non era mai accaduto nulla e dove i più giovani non avevano mai avuto nessuna possibilità di esprimersi. Questa urgenza, questo bisogno, questo desiderio hanno incontrato la squadra di Spaghetti Unplugged e insieme abbiamo dato vita al più innovativo festival giovanile della Città».

Spesso sembra che alcune cose non possano essere fatte nelle periferie, mentre Cous Cous dimostra che è possibile. Come si attiva e sostiene un progetto del genere?

«Servono tanti ingredienti, tutti estremamente importanti e fondamentali. Servono l’intuizione artistica e la capacità politica di leggere il contesto sociale, serve l’individuazione di un luogo che sia simbolico e iconico allo stesso tempo e per questo abbiamo scelto l’ingresso della scuola Pablo Neruda dove si sono formate tante generazioni del quartiere. Serve coinvolgere i ragazzi e le ragazze che il territorio lo abitano e che vogliono iniziare a viverlo da veri protagonisti attraverso i loro linguaggi. Serve far comprendere a tutti i cittadini che Cous Cous è emancipazione, orgoglio e opportunità di riscatto sociale».

Non è piaggeria, ma noi l’anno scorso siamo stati qui e abbiamo visto con i nostri occhi molte persone venire a ringraziarti per questo evento. Quanto è importante che le istituzioni si facciano carico di fare rete attraverso la cultura laddove l’interesse del privato non arriva? 

«In questo Municipio non vogliamo solo fare rete, stiamo provando con determinazione a costruire una grande alleanza per il bene comune coinvolgendo le scuole, gli studenti e i docenti, le parrocchie e i volontari, le realtà sociali, le associazioni culturali, sportive, ambientaliste, commerciali e le tante persone che credono nella rinascita del territorio. Per farlo servono credibilità e presenza, la nostra deriva dall’essere nati e cresciuti qui, nel cuore della periferia».

Spaghetti Unplugged si trasforma in Cous Cous Unplugged per promuovere l’interculturalità attraverso l’arte e la musica. Un esempio che dimostra quanto sia necessario incentivare l’integrazione con i fatti e non soltanto con le parole.

«Spaghetti Unplugged nacque quando c’era bisogno di promuovere una nuova generazione di talenti musicali, Cous Cous Unplugged nasce quando anche la musica deve fare la sua parte per una necessaria battaglia di civiltà. Tanti ragazzi e ragazze di seconda generazione sono protagonisti dal palco del festival e tanti altri partecipano ai laboratori di danza e scrittura creativa e si emozionano tra il pubblico come parte integrante di un’unica, grande comunità». 

Da Presidente del XIV Municipio, cosa significa questo appuntamento per te?

«Rappresenta un messaggio semplice, forte e chiaro alle nuove generazioni: siamo una periferia geografica ma mai ci rassegneremo ad essere una periferia come stato d’animo. Rappresenta la possibilità di ripensare i luoghi e gli spazi comuni: in questi quartieri, nati spontaneamente negli anni 70, non esiste una piazza pubblica. Con questo festival stiamo iniziando a trasformare l’ingresso della scuola nella futura piazza del quartiere, l’agorà dove tutti i ragazzi e le ragazze potranno esprimersi, incontrarsi e scrivere insieme un pezzo di futuro».

Autore

Matteo Fantozzi

Matteo Fantozzi

Direttore Responsabile

Matteo, classe 1997. Non avevo mai provato il disagio di creare una bio finché non ho dovuto scrivere la mia. Se ti dico qualcosa, credimi. Non sono un bugiardo e non voglio fare il giornalista.

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