La resistenza verso il congedo mestruale segnala che la strada verso la normalizzazione è ancora tanta: per molte (troppe) persone, infatti, le mestruazioni sono un tabù inesplorabile, dominato da vergogna, senso di inadeguatezza e spesso disgusto, che ne bloccano il processo di validazione e normalizzazione.
La dismenorrea e quelle ragazze che saltano l’ora di educazione fisica
Quante volte ci è capitato di sminuire o guardare parecchio storto quella compagna di classe che, durante l’ora di educazione fisica, usava la “scusa” del ciclo per saltare ginnastica? Comincio io: sì, l’ho fatto e più di una volta. Mi è spesso capitato di banalizzare i dolori da ciclo delle mie compagne, pensando che esagerassero o che utilizzassero le mestruazioni come giustificazione per evitare attività faticose, soltanto perché io stessa non provavo lo stesso dolore.
Ebbene, quel dolore ha un nome: dismenorrea, termine medico utilizzato per indicare i dolori mestruali, che consistono in uno spettro di sintomatologie e gravità, partendo da crampi dolorosi al basso ventre che possono acutizzarsi e sommarsi ad altri sintomi, come mal di schiena, diarrea, nausea e svenimenti.
Ho trovato divertente (anche se si tratta di amare risate) il risultato di un esperimento effettuato in Canada su un campione di uomini utilizzando un simulatore di crampi mestruali, costituito da una serie di elettrodi da applicare a livello del ventre. Ciò che emerge dalla simulazione è che la maggior parte degli uomini non è in grado di sopportare il livello 4 di dolore, su una scala da 0 a 10. Al di là delle reazioni, il test ha consentito agli uomini non solo di comprendere la tipologia di sofferenza fisiologicamente sopportata dalle donne mestruate, ma ha anche contribuito ad abbattere lo stigma che ruota attorno al dolore mestruale, dimostrandone gli effetti invalidanti.
Tornando seri3, secondo i dati forniti dalla Società di Ostetricia e Ginecologia, la dismenorrea è una condizione patologica ed invalidante molto diffusa, che affligge in maniera negativa circa un terzo delle donne mestruate e, in particolare, ne soffre circa il 70% delle donne con età compresa tra i 15 e i 25 anni.
Secondo uno studio condotto in Olanda e pubblicato sul Britsh medical journal nel 2019, la popolazione di persone con utero perde circa 9 giorni di lavoro o di scuola all’anno a causa dei dolori mestruali, che comportano un calo di produttività e concentrazione assolutamente non trascurabile.
A causa degli effetti che i dolori hanno sul fisico e sulla mente delle donne, la dismenorrea può determinare una seria inabilità temporanea al lavoro e allo studio, assolutamente comparabile ad altre patologie invalidanti e normalmente riconosciute. Al contrario di altri disturbi, però, la dismenorrea è oscurata da un velo di reticenza e banalizzazione che condanna ad una perenne svalutazione, sia da parte della società (cioè la maggior parte di noi, persone mestruate e non, che non soffriamo dolori da ciclo) che dagli stessi medici, che sminuiscono la sofferenza delle donne, costringendole, nella maggior parte dei casi, alla rassegnazione di essere eternamente banalizzate nel loro dolore.
Malattie invisibili (e il mantello di Harry Potter non c’entra)
Questo atteggiamento disinteressato si manifesta in maniera eclatante quando si ha a che fare con malattie correlate al ciclo mestruale e definite, in maniera paradigmatica, “invisibili”, proprio per la noncuranza con cui la società si approccia a questa tipologia di disturbi fisiologicamente femminili.
Tra queste ritroviamo la vulvodinia, la neuropatia del pudendo e l’endometriosi, di cui Giorgia Soleri, attivista e scrittrice, si fa portavoce essenziale, con lo scopo di diffondere e sensibilizzare la società a questa tipologia di malattie estremamente invalidanti.
A maggio 2022, è stata presentata in Parlamento per la prima volta una proposta di legge per il riconoscimento di Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo nei LEA, cioè i Livelli Essenziali di Assistenza del Sistema Sanitario Nazionale. Consentendone sia un riconoscimento ufficiale che, soprattutto, la possibilità di essere inserite in percorsi terapeutici e poter beneficiare di servizi da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), senza dover più ricorrere obbligatoriamente a visite e terapie erogate in forma privata con dei costi esorbitanti.
Congedo mestruale: i pro e i contro
Una delle manovre sicuramente più utili nel tentativo di ottemperare le difficoltà incontrate quotidianamente dalle donne mestruate, è senz’altro quella del congedo mestruale, introdotto da legge in pochi paesi a livello mondiale. Il congedo può essere applicato sia a livello scolastico che lavorativo e consiste nella possibilità di poter effettuare un numero definito di assenze giustificate ogni mese da parte delle donne mestruate, allo scopo di garantire il diritto di potersi prendere cura di loro stesse, evitando (o almeno tentando di ridurre) che il dolore mestruale possa inficiare negativamente sulla loro vita scolastica e professionale.
È stata la Spagna, lo scorso febbraio, il primo paese europeo ad introdurre un congedo di 3 giorni al mese per le persone che soffrono di dolori mestruali, riconosciuto sulla base di un certificato medico. Come anticipato, la misura si inserisce all’interno di una complessa riforma su salute sessuale ed interruzione di gravidanza, che include anche la distribuzione gratuita di prodotti per l’igiene mestruale.
Per quanto riguarda la nostra cara Italia, dopo la proposta fallimentare di un ddl sul congedo mestruale ormai datato 2016 (che sì, sono ben 7 anni fa) e mai approvato, il dibattito pubblico in merito alla questione si è riacceso a seguito delle prese di posizione di alcune scuole superiori, in particolare il Liceo Severini di Ravenna ed il Liceo Albertelli di Roma. I due istituti infatti, in maniera del tutto autonoma, hanno deciso di introdurre la possibilità, per le persone che soffrono di dismenorrea o altre patologie connesse alle mestruazioni, di assentarsi fino a 2 giorni al mese dalle attività scolastiche, previa presentazione di certificato medico che ne attesti i dolori mestruali.
Non ha poi tardato la risposta da parte della politica (anche se, in realtà, abbiamo tutt3 un bel jet lag decennale in merito all’argomento): sempre a febbraio, l’alleanza Verdi e Sinistra Italiana ha presentato una proposta di legge per l’introduzione del congedo mestruale e la contraccezione gratuita, sulla scia delle manovre spagnole, consentendo alle donne mestruate la possibilità di assentarsi in modo giustificato da scuola o da lavoro, sempre in presenza di adeguata certificazione medica.
Il quadro complessivo sembrerebbe positivo, ma c’è un MA. Come spiega Antonella Giachetti, presidente delll’Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda, a Valigia Blu: “Il congedo mestruale rischia di avere un effetto boomerang, rafforzando la mentalità secondo cui è meglio assumere un uomo invece che una donna”. C’è quindi chi sostiene che l’introduzione di un congedo mestruale possa, in realtà, risultare controproducente. Il rischio è quelle di acuire il gender gap tra uomini e donne sul piano lavorativo, disincentivandone l’assunzione ed alimentando, così, le discriminazioni imperanti sul mercato del lavoro, ricalcando quanto già accade per il congedo di maternità.
Comunque sia, date le carte in tavola, si tratta di un rischio che ci sentiamo di correre ma che sarebbe sicuramente evitabile se decidessimo di eliminare e ridefinire l’organizzazione attualmente fallocentrica del mondo del lavoro: l’ambiente lavorativo, così come la società nei suoi aspetti più generali, è infatti tarato sull’uomo, non sulla donna, ed è proprio introducendo misure come quella del congedo mestruale che è possibile ridurre il gender gap, tendando di raggiungere un’uguaglianza sostanziale tra i due sessi in ogni aspetto della vita sociale e professionale.
Andare a tartufi e comprare degli assorbenti non sono la stessa cosa
Come già accennato, un’altra delle misure introdotte dalla riforma spagnola riguarda la distribuzione gratuita di prodotti igienici femminili, come coppette, tamponi ed assorbenti, nel tentativo di contrastare ed abbattere la period poverty, intesa come la difficoltà economica subita dalle persone con utero di potersi garantire una corretta igiene durante l’intero periodo mestruale, mediante l’utilizzo prodotti e servizi sanitari adeguati.
Sarebbe bello dire che le mestruazioni non sono un lusso né uno stigma che le donne sono costrette a portarsi dietro, se non fosse che il mondo in cui viviamo (e che ci siamo costruiti) ci dimostra l’esatto contrario: l’IVA sugli assorbenti in Italia è ancora al 10% e milioni di donne nel mondo non sono in grado di reperire i prodotti indispensabili a curare la propria igiene intima durante il mestruo. La causa? Avere un ciclo mestruale mensile e biologico che lo Stato non riconosce come parte imprescindibile del tuo essere donna.
É “Tampon Tax” il nome con cui ci si riferisce all’imposta relativa ad assorbenti ed altri prodotti igienici necessari ad un salubre ciclo mestruale. È vero, grazie al lavoro di molte donne e alla pressione esercitata da innumerevoli circoli femministi ed altri centri favorevoli ad un consumo giusto e sostenibile, gli assorbenti non compostabili hanno subito un taglio dell’iva dal 22 al 10%, introdotto nella manovra di bilancio del Governo Draghi dal 2022. È un taglio indubbiamente importante, ma non può e non deve bastarci.
Disclaimer: gli assorbenti compostabili attualmente hanno un’IVA del 5% in italia, ma i loro prezzi restano comunque (in linea generale) maggiori rispetto a quelli non compostabili, non riuscendo così ad ammortizzare adeguatamente il costo dell’igiene intima.
Negli ultimi anni, in seguito ad una direttiva dell’Unione Europea che dal 2007 incentiva la riduzione della Tampon Tax, alcuni Paesi membri hanno deciso di abbassare l’IVA sui prodotti igienici femminili fino ad una soglia del 5%. Altri Stati invece hanno preferito mantenere sugli assorbenti un’aliquota molto alta, appartenente alla stessa fascia di quei prodotti ritenuti “non indispensabili”.
In tal senso, gli sconcertanti risultati che emergono da una ricerca condotta da Plan International UK parlano chiaro: la Period Poverty è un problema reale che affligge mediamente il 25% delle donne mestruate. Secondo lo studio, condotto su un campione di 1000 ragazze di età compresa tra i 14 e i 21 anni, il 10% non può permettersi di comprare dispositivi sanitari adeguati mentre il 14% è costretto a chiederli ad amiche perché troppo costosi. É stato calcolato infatti che una donna spende 8 sterline (circa 9 euro) al mese in prodotti per il ciclo: la presenza di una tassa così elevata su questi beni di prima necessità non fa altro che testimoniare l’esistenza di un gender gap permeante ogni ambito della vita e che arriva ad inquinare anche i nostri rapporti sessuali (per approfondire, leggi qui Gender pleasure gap)
Ma se in Italia gli assorbenti sono ancora tassati al 10%, quali sono allora i prodotti davvero indispensabili? E perché proprio i tartufi? Per quanto possa essere paradossale, avete capito bene: in Italia, il tartufo fresco ha infatti un’aliquota del 5%, la stessa applicata a servizi e prodotti ritenuti “essenziali”, in cui non rientrano gli assorbenti.
Alla luce di questo, non si può negare che abbiamo un bel problema col ciclo e ne siamo tutt3 responsabili.
Le recenti offese e l’allontanamento della senatrice keniota Orwoba, che si è presentata in senato con i pantaloni macchiati di sangue mestruale in segno di protesta, dovrebbero farci comprendere che la strada verso la normalizzazione è ancora tanta: per molte (troppe) persone ancora, le mestruazioni sono un tabù inesplorabile, dominato da a vergogna, senso di inadeguatezza e spesso disgusto, che ne bloccano il processo di validazione e normalizzazione.
Il primo passo per combattere la Period Poverty e costruire un rapporto sano con il proprio corpo è senza dubbio quello di cominciare a trattare le mestruazioni come un evento fisiologico della donna che, in quanto tale, è necessario supportare sul piano economico ed accettare su quello sociale.
L’introduzione di un’educazione alla sana sessualità e all’igiene intima è un passo fondamentale per promuovere stili di vita salubri e rompere i tabù legati ad un processo naturale come lo sono le mestruazioni. Per questo motivo, lo Stato ha l’onere di riconoscere come indispensabili i dispositivi igienici necessari a garantire che il proprio mestruo avvenga in condizioni igieniche accettabili, e questo sarà realizzabile solo abbattendo lo scalino economico della Tampon Tax ed il muro sociale relativo al suo stigma.
Autore
Mi chiamo Alice e c’ho un’anima un po’ scissa. Tra le altre cose, sono una neuroscenziata della Scuola Normale. Nel tempo libero oscillo tra attivismo, femminismo intersezionale e misantropia disillusa. Odio gli indifferenti e credo che dovremmo proprio smetterla di imporre inutili confini al nostro animo in continua espansione.