Come funziona Leonardo SpA, la più grande azienda di armi italiana: un’intervista ad Antonio Mazzeo

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La Leonardo S.P.A è da diverso tempo una delle aziende partecipate dallo stato più al centro del dibattito pubblico, anche grazie alle mobilitazioni studentesche universitarie, che, ben prima del 7 ottobre 2023, hanno denunciato l’ampia collaborazione di molte università con l’azienda che esporta armi e dispositivi da guerra in tutto il mondo. Sappiamo infatti che la stessa, per il tramite di società estere controllate, collabora massicciamente con Israele e con altri stati, fornendogli un concreto supporto bellico e logistico. Dal momento che politiche di questo tipo non sono solamente innocui “scambi commerciali” ma fanno parte dell’attuazione della politica estera, è corretto chiedersi come e perché la governance pubblica dell’azienda non metta in discussione queste politiche e, anzi, le avvalli. A conferma di questo quadro, che non è certo una teoria del complotto, si pone il rifiuto di un’ingente donazione dell’azienda all’ospedale “Bambin Gesù”, di proprietà del Vaticano.

[Abbiamo già scritto qui quello che sappiamo della Leonardo]

Ma per capirci ancora di più, abbiamo voluto intervistare un esperto di questo argomento, ovvero il giornalista Antonio Mazzeo, da sempre impegnato nella denuncia degli affari e delle politiche belliche di stati e multinazionali, che progressivamente minacciano sempre di più il ripudio della guerra come principio che dovrebbe guidare le democrazie.

Quali sono i principali affari che compie Leonardo? Con quali soggetti collabora?

«I principali affari di Leonardo SpA? La produzione e la commercializzazione di sistemi di morte: cannoni, missili, cacciabombardieri, aerei da trasporto di militari e munizioni, satelliti, ecc. Buona parte dei fatturati sono generati dalla vendita e dall’esportazione all’estero di sistemi d’armamento o da sistemi cosiddetti dual, che cioè possono essere impiegati in ambito civile o militare e securitario, ma che hanno come conseguenza diretta la militarizzazione di sempre più ampie aree produttive, della società e della ricerca. Leonardo ha venduto armi a innumerevoli paesi coinvolti in sanguinosi conflitti o all’indice perché violano sistematicamente i diritti umani. Tra i suoi maggiori clienti c’è il Pentagono, onnipresente in tutti gli scacchieri di guerra internazionali.

Tra i clienti “eccellenti” ci sono le forze armate di Francia, Regno Unito, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Nigeria, Egitto. Partnership strategiche sono state sottoscritte con le aziende del complesso militare industriale di Israele e Turchia. E crescono le collaborazioni nel settore della ricerca e dello sviluppo con centri di ricerca nazionali e internazionali, università, start up. A Torino, la Città dell’aerospazio promossa in partnership con il Politecnico interagirà con Diana, il megaprogetto finanziato dalla NATO per “accelerare” l’elaborazione di nuovi sistemi di distruzione bellica».  

In che modo lo stato, per mezzo del MEF, può influenzare la governance dell’azienda? E come lo sta facendo?

«Il ministero dell’Economia e delle Finanze controlla il 30,2% circa del capitale di Leonardo SpA: è, cioè, l’azionista di riferimento ed esercita i poteri di governance che ne derivano. In vista dell’ultima assemblea ordinaria degli azionisti della società tenutasi l’8 e 9 maggio 2023 a Roma, il MEF ha proposto la lista dei candidati a membri del Consiglio di amministrazione, del nuovo presidente e del nuovo amministratore delegato del gruppo. Basta scorgere i nomi in elenco per rendersi conto che è il governo, anzi le forze politiche a capo dell’esecutivo, a decidere chi amministrerà e deciderà gli obiettivi strategici di Leonardo SpA. Tra i “candidati” c’era l’ex ministro Roberto Cingolani poi effettivamente nominato Ad di Leonardo, l’ex ambasciatore Stefano Pontecorvo (oggi presidente), la direttrice di Farmindustria Enrica Giorgetti, moglie dell’ex ministro di Forza Italia Maurizio Sacconi, anche lei oggi nel Cda della holding delle armi.

Ma il governo fa molto di più per promuovere i prodotti di morte di Leonardo. Innanzitutto è il ministero della Difesa a fare da importante committente del gruppo. E con sempre più frequenza, ministri e sottosegretari affiancano i manager di Leonardo nelle loro missioni all’estero per sponsorizzare nuove commesse o compartecipare alle fiere armiere internazionali. Accordi di cooperazione bilaterale vengono sottoscritti con altri paesi con l’obiettivo di favorire l’acquisizione dei prodotti di Leonardo e le stesse forze armate sono divenute vere e propri vetrine ambulanti del made in Italy. L’Aeronautica Militare è formalmente partner di Leonardo nella realizzazione e gestione delle due grandi scuole dei piloti di aerei da guerra, a Galatina (Lecce) e a Decimomannu in Sardegna. Gli addestramenti dei top gun (tra essi, immancabilmente, quelli che provengono da Arabia Saudita ed Emirati Arabi, due paesi ignobilmente coinvolti nei bombardamenti della popolazione yemenita), vengono realizzati con i caccia di Leonardo che poi vengono “proposti” per l’acquisto agli Stati Maggiori delle forze armate ospitate». 

Quali sono i punti oscuri, se ci sono, nella gestione dell’azienda? E perché un settore così importante come la vendita di armi che dovrebbe riguardare la politica estera, passa costantemente fuori dal dibattito pubblico?

«Ammetto di non conoscere eventuali punti oscuri nell’amministrazione e gestione delle aziende. Ricordo però che ci sono state diverse inchieste giudiziarie in Italia e all’estero che hanno visto coinvolti amministratori e manager delle aziende del gruppo Leonardo per varie ipotesi di reato. Ammetto poi che quasi sempre le inchieste si sono perse tra le nebbie delle procure oppure si sono concluse in sede processuale con le assoluzioni. Una dolorosa costante, direi, a livello internazionale nelle relazioni tra giustizia e industrie militari. Il complesso militare-industriale-finanziario e accademico è un sistema inestricabilmente legato alla vita politica, sociale ed economica dello Stato. E per la ragion di Stato o in nome della difesa del segreto di Stato vigono i principi non scritti dell’immunità e dell’impunibilità. Anche forse per questo le forze parlamentari hanno deciso, sempre e quasi tutte, di abdicare alle loro funzioni costituzionali di indirizzo, controllo, regolamentazione e limitazione della produzione ed export di armi. Le oltre trenta missioni internazionali in corso da parte delle nostre forze armate, decise dai governi alternatisi alla guida del Paese e votate a larghissima maggioranza dalle Camere, hanno la funzione di preservare e rafforzare il “sistema Italia”, cioè gli interessi delle grandi holding di casa nostra, Leonardo, ENI, Fincantieri in primis».

Quale può essere un’alternativa all’attuale stato di cose?

«Tra le alternative che vedo ci sono la riconversione a fini civili, senza se e senza ma, del comparto militare industriale e finanziario nazionale; il divieto assoluto per università e centri di ricerca di avviare studi e progetti a fini militari e/o in partnership con le aziende armiere; la rottura di ogni legame tra politica ed economia di guerra; il rifiuto della delega e il protagonismo diretto di ogni cittadino nelle scelte di ordine politico, sociale ed economico. L’affermazione della Pace deve tornare ad essere l’obiettivo fondamentale della mobilitazione di ognuno di noi. Soprattutto oggi che rischiamo come non mai la deflagrazione di un conflitto globale e totale e l’olocausto dell’umanità».

Qual è il piano di comunicazione che Leonardo adotta, le donazioni e le collaborazioni con le università possono costituire da questo punto di vista una strategia?

«Sì, lo dicevo prima. Il mondo accademico e della ricerca, ma adesso anche quello degli istituti scolastici sono divenuti il terreno di conquista di Leonardo SpA e delle fondazioni create ad hoc per la penetrazione e la contaminazione ideologica del sistema universitario, scolastico ed educativo del Paese. Penso in particolare al pressing soffocante esercitato dalla Fondazione Leonardo Civiltà delle Macchine presieduta dall’ex magistrato ed ex parlamentare Luciano Violante e dalla Fondazione Leonardo Med-Or dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti. L’Osservatorio nazionale contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha avuto il merito di analizzare e denunciare l’inaccettabile opera di cooptazione di rettori, presidi e docenti universitari a fini di legittimazione e propaganda dell’apparato bellico. E’ stata lanciata una campagna nazionale per chiedere che i rettori delle università italiane si dimettano immediatamente e pubblicamente dalla Fondazione Med Or di Leonardo. L’Osservatorio ha chiesto altresì a tutti i rettori degli Atenei italiani di impegnarsi a non aprire collaborazioni con fabbriche di armi o con Enti che forniscano strumenti militari anche informatici, in applicazione e difesa dell’art.11 della Costituzione italiana e dei valori della pace, del disarmo e della cooperazione tra i popoli su cui si dovrebbe fondare la vita stessa delle università. Anche questa mi sembra una strada seria e percorribile contro il devastante processo di militarizzazione della società e per provare a limitare lo strapotere dell’apparato bellico industriale».

Autori

Classe 2001, ma mi sento molto più vecchio. Studente di Giurisprudenza a Roma, aspirante giornalista (infatti mi piace molto scrivere), ma anche suonare la chitarra. E questo è quanto.

Delia Starace

Delia Starace

Autrice

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