«E in quel momento lì mi sono passati tanti pensieri per la testa, che io non avrei mai detto che avrei saputo pensare così tanto in un attimo. L’unico che mi è rimasto in mente è stato: se non muoio adesso non muoio mai più.»
Mentre in Romagna si contano i danni della recente alluvione, vengono stanziati 2 miliardi di euro come primo aiuto da parte del governo Meloni e viene ritrovata la sedicesima vittima in data 23 maggio, esiste una famiglia, nella zona emiliana, che vive ancora in due container.
Il 29 maggio di undici anni fa, si registravano ulteriori scosse di terremoto, che avevano già colpito alcune parti del territorio emiliano in data 20 maggio. Il terremoto dell’Emilia provocò la morte di 28 persone, a causa di crolli, malori e ferite riportate. Fu la scossa di magnitudo 5.8 del 29 maggio quella più letale, provocando 20 vittime, decine di ferite e altri 15.000 sfollati, che si aggiungevano ai circa 5000 dei giorni precedenti. Secondo i dati riportati dal sito della Regione, sono state 14.000 le case e 13.000 le attività produttive danneggiate, infine sono 1.500 gli edifici pubblici e strutture socio-sanitarie lesionate.
La ripresa dal terremoto è stata costante e da tutti considerata come un esempio replicabile. Il piano Emilia viene giudicato come uno dei migliori piani di ripresa. Lo stesso Presidente della Regione Emilia-Romagna del tempo, Vasco Errani, venne poi nominato per un anno Commissario straordinario di Governo per la ricostruzione delle aeree colpite dal terremoto del 24 agosto 2016, nel Centro Italia. Per ogni anniversario, sul sito della regione dell’Emilia-Romagna, un report racconta i progressi e i lavori portati avanti durante l’anno trascorso: si vedono i numerosi passi avanti, l’aumento dei fondi per rimediare al recente aumento dei prezzi delle materie prime per le ricostruzioni, la proroga di un anno dello stato di emergenza, eppure ogni singola pagina del report sembra essere così lontana dalla storia incontrata a Carpi.
Una famiglia, due container ed una storia infinita
San Marino è una frazione di circa 2000 abitanti, nel comune di Carpi, in provincia di Modena, una delle zone comprese nel cosiddetto “cratere” del sisma, che segna i confini territoriali dei soggetti ammessi ad accedere ai contributi per la ricostruzione. Girando per le strade del paesino potrà capitare di imbattervi in un’abitazione particolare: una casa, inagibile, con un prato davanti e intorno e con, al suo fianco sinistro, due container.
«La terra ha cominciato a tremare. … Mia madre era giù, è andata in cortile e mi chiamava. Io non sentivo per il rumore… E in quel momento lì mi sono passati tanti pensieri per la testa, che io non avrei mai detto che avrei saputo pensare così tanto in un attimo. L’unico che mi è rimasto in mente è stato: se non muoio adesso non muoio mai più. A pensarci mi vengono le lacrime agli occhi. Poi abbiamo vissuto sei mesi in tenda, insieme a tutta la famiglia: mia moglie, i miei due figli, mia madre e mia sorella. Dopo abbiamo preso noi i container perché intanto non si è mai fatto vedere nessuno. Sono solo venuti a dire che venivano a staccare il gas, ma il gas, dove abitiamo noi, non era mai arrivato.»
C’è un signore che con sua moglie, sua madre di 96 anni e sua sorella, vive in un container pagato a sue spese, 7000 euro. I suoi figli, invece, vivono nel container affianco, dove lavorano in smart-working. Anche questo secondo locale è pagato a loro spese, altri 7000 euro. Non può dire di lavorare da casa, perché quella si trova affianco, ancora eretta, ma inagibile. Può solo dire di lavorare da un container, sua abitazione da oltre dieci anni, ecco questo sì, può dirlo. Bisogna quindi immaginarsi estati caldissime e inverni rigidi: «Abbiamo comprato due radiatori a olio, che consumano un sacco per scaldarci di più. Io non so se ci sono degli altri che si sono adeguati alla nostra condizione, non ci credo.»
Vivere in due container mentre fuori piove a dirotto
E cosa succede quando inizia a piovere molto? Cosa significa vivere dentro ad un container durante le giornate e le nottate di pioggia degli scorsi giorni?
«Abbiamo avuto paura quando l’altro giorno è cominciato a piovere perché l’acqua era tanta. (…) Noi abbiamo i due container in uno spiazzo, poi c’è un pezzo di terra e poi c’è un fosso che scarica l’acqua e si era riempito. Abbiamo pensato che forse ci toccava andare a dormire – insima ai còp- sul tetto». Sarebbe stata una nuova catastrofe, per ora solo sfiorata, qui in Emilia. E proprio mentre stavamo parlando di attualità, questo signore, che preferisce rimanere anonimo, torna indietro nel tempo, ritorna a quel 29 maggio 2012: «Spostandosi in giardino, si vedeva l’onda che arrivava, lungo la strada: non era un’onda piccolina, la vedevi bene e mentre avanzava si vedevano i pini che si toccavano e si allontanavano.»
Quando leggiamo i report, le statistiche, o pensiamo agli aggiornamenti che arrivano in questi giorni dalla Romagna, cerchiamo di ricordarci che dietro quei numeri ci sono storie di persone, ci sono vite e ci sono, anche, delle morti. Ricordiamoci che quel dato potrebbe riferirsi ad una famiglia, come quella incontrata, che vive ancora nei container, dopo il terremoto del 2012. Dietro ai numeri ci sono sempre delle storie, e alcune volte, raccontarle, non vuole solo essere denuncia, diffamazione o compassione: vuole semplicemente ricordare che esistono.
«Voglio solo raccontare che questa cosa esiste. Ne hai l’esempio vivente davanti e nessuno è mai venuto a chiedermi la mia storia.»
Autore
Cresciuta nella campagna piemontese, a Rivalba, ( ti giuro, esiste! ), con la scusa di studiare lettere ho vissuto nella calorosa Roma e nella raffinata Parigi. Scrivo grandi storielle letterarie, ma scrivere il presente e il suo divenire, beh, quella sí che è una gran bella storia che vi vorrei raccontare.