Quando Aldo disse 26 x 1: l’ultimo atto della Resistenza italiana

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Domani sarà una grande battaglia. Kim è sereno. «A, bi, ci», dirà. Continua a pensare: ti amo, Adriana. Questo, nient’altro che questo, è la storia.

Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno

I risvolti della Resistenza italiana, da sempre, sono oggetto di grande dibattito. Pensiamo ad esempio all’introduzione del libro I sentieri dei nidi di ragno in cui Italo Calvino, già nel 1947, diceva che con quel romanzo voleva «lanciare una sfida ai detrattori della Resistenza e nello stesso tempo ai sacerdoti d’una Resistenza agiografica ed edulcorata».

Il 25 aprile come ricorrenza ormai “divisiva”, si dice diffusamente, di un fenomeno che in realtà fu molto trasversale, allineando in un unico fronte tutte quelle forze che intendevano liberare l’Italia dal nazifascismo: la Resistenza antifascista, infatti, arrivò a contare circa centomila membri attivi, coadiuvati da migliaia di persone che fornivano aiuti esterni.

Alla fine della guerra, i morti si stimarono in circa trentacinque mila, senza contare feriti e deportati in Germania. Le brigate partigiane ebbero un ruolo decisivo nella liberazione del nostro Paese, ma alla fatidica primavera del 1945 ci si arrivò non prima di aver pagato un prezzo elevatissimo, testimoniato, ad esempio, dal primo massacro (conosciuto) della popolazione civile ad opera dei nazifascisti, avvenuto a Boves il 19 settembre del 1943, fino ad arrivare agli eccidi di Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto.

Calvino divenne partigiano nel Gennaio 1944, con il nome di battaglia di “Santiago”, dal nome del paese in cui era nato, a Cuba

L’inverno ’44-‘45

Nell’estate del 1944 le brigate partigiane crebbero di numero e riuscirono ad instaurare alcune repubbliche, nelle zone dove avevano un controllo totale del territorio. Iniziano, in questo periodo, anche ad ottenere successi piuttosto consistenti: all’inizio di giugno viene liberata Roma dagli alleati, mentre ad agosto, a Firenze, insorgono le brigate partigiane, che difesero strenuamente il Ponte Vecchio per salvare l’unico accesso alla città agli anglo-americani, impegnandosi in combattimenti che dureranno fino all’inizio di settembre.

Contestualmente, gli Alleati decisero di attaccare la Linea Gotica, un’operazione che si arenò a causa della resistenza tedesca e delle condizioni climatiche che rendevano il terreno impraticabile per avanzare e ricevere rifornimenti.

Fu in questo contesto, in un momento in cui la Resistenza antifascista e le Repubbliche partigiane stavano subendo una forte controffensiva nazifascista – ci troviamo nel novembre del 1944 – che venne diffuso il “Proclama Alexander”: il Generale Harold Alexander, comandante delle forze alleate, annunciò in un messaggio radio che in quel momento dovevano «terminare le operazioni militari su larga scala», esortando i partigiani a nascondersi, col monito di rimanere in guardia e all’occorrenza «approfittare però ugualmente delle occasioni favorevoli per attaccare i tedeschi e i fascisti».

Partigiani durante l’inverno del 1944

Cosa suscitò questo passaggio fondamentale, in un inverno così delicato, nel morale delle brigate partigiane? Le interpretazioni sono duplici: da un lato si può considerare che il generale inglese non intendesse gridare alla smobilitazione, suggerendo piuttosto una diversa strategia; una lettura più “sospettosa” della storia, ci suggerisce invece che gli angloamericani non vedevano di buon occhio un movimento così diffuso e consistente, marcatamente di sinistra, nel nord Italia, e quindi una sua liquidazione durante la guerra avrebbe facilitato il lavoro alla fine del conflitto, una volta arrivata la resa di Hitler e Mussolini.

Ciò che sappiamo nei fatti, al netto delle interpretazioni storiche, è che sicuramente questo messaggio aumentò il morale del nemico: fece una nuova, ultima, apparizione pubblica anche Benito Mussolini, a Milano il 16 dicembre del 1944, dove pronunciò il “Discorso della riscossa”.

In questo momento di grande sofferenza da parte del movimento antifascista, la loro lotta si intrecciò ben presto a questioni politiche: nei Protocolli di Roma gli Alleati garantirono sì sussidi e assistenza ai partigiani, ma solo quando i dirigenti della Resistenza promisero un’immediata smobilitazione e la consegna di tutte le armi agli Alleati, una volta finita la guerra.

Questo cambiava i rapporti di forza tra Alleati e partigiani: lo stesso Sandro Pertini, all’epoca partigiano socialista, tuonò contro i Protocolli di Roma definendoli un atto di «sottomissione della Resistenza alla politica inglese».

«Aldo dice 26 x 1»: l’insurrezione nelle città

L’arrivo della primavera del ’45 portò con sé il chiaro messaggio che i partigiani non erano stati affatto sconfitti, nonostante i rastrellamenti,  i dissidi interni e le offensive nemiche contro le repubbliche stabilite. Ci fu anzi, proprio in quel momento, una massiccia adesione, complice lo scenario favorevole: i russi si preparavano ad accerchiare Berlino, gli anglo-americani procedevano spediti a occidente e la liberazione italiana sembrava essere imminente.

Era pronta quindi l’insurrezione generale delle città del nord contro i nazifascisti. Il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) aveva stabilito per il 26 aprile l’ingresso dei partigiani in città a Torino: «Aldo dice 26 x 1» è infatti il telegramma diffuso dal Comitato, che stabiliva il giorno (26) e l’ora (1 di notte) in cui doveva iniziare la battaglia, che in un primo momento fu sostenuta dagli operai che avevano occupato le fabbriche, e si concluse i primi giorni di maggio.

A Milano, quando inizia l’insurrezione, ovvero la sera del 24 aprile, Mussolini è ancora in città. Il giorno seguente, aveva chiesto e ottenuto un incontro con i dirigenti del CLNAI, e a far da mediatore doveva essere il Cardinale Schuster. La ricerca di un accordo da una parte e il principio di resa incondizionata da parte degli antifascisti, resero impossibile ogni mediazione: al termine del drammatico incontro, a Milano la battaglia esplode, e nelle altre città l’offensiva antifascista è ormai in pieno corso.

Scortato dalle SS e travestito da soldato tedesco, Mussolini si diresse quindi verso nord, e ciò che accadde a Dongo, quando i partigiani lo intercettarono, è il momento in cui la Resistenza italiana conobbe il suo culmine.

Autore

Francesco, laureato in Lettere, attualmente studio scienze dell'informazione, della comunicazione e dell'editoria. Approfitto di questo spazio per parlare di politica e di dinamiche sociali. Qual è la cosa più difficile da fare quando si collabora con un magazine? Scrivere la bio.

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