Quarantacinque anni fa, a Cupertino in California, più precisamente nella Silicon Valley, due ragazzi poco più che ventenni fondarono una società che in futuro avrebbe cambiato il mondo. Probabilmente uno dei due ne era già a conoscenza.
Nella sua storia, la Apple ha presentato decine e decine di nuovi prodotti, ha aperto negozi in tutto il mondo e ha guadagnato miliardi di dollari. Ogni singolo giorno della sua storia è stato impiegato per creare qualcosa di più importante di un semplice computer o di un comune cellulare. Quello che era l’obiettivo degli ideatori di quei prodotti era la realizzazione di qualcosa che avrebbe dovuto, come risultato minimo, cambiare quel settore ma che, come aspirazione, aveva quella di cambiare la vita e le abitudini delle persone che li avrebbero utilizzati.
Quasi sempre, la Apple è riuscita nel suo obiettivo: ciascuno di noi può accorgersene nella propria quotidianità. Il modo in cui chiamiamo e ci connettiamo l’un l’altro, il modo in cui ascoltiamo musica, il modo in cui lavoriamo. Tutti questi gesti, ormai diventati naturali, hanno trovato forza o addirittura origine dalla mela morsicata. Queste, se così vogliamo chiamarle, rivoluzioni, possono ricondursi a sole tre date.
24 Gennaio 1984
Quando Steve Jobs estrasse il Macintosh 128k da una valigetta posta su una scrivania dell’auditorium del De Anza College, a Cupertino, la Apple era già sulla bocca di tutti. Pochi mesi prima aveva totalmente decostruito e ricostruito il concetto di pubblicità. Durante l’intervallo del Superbowl, l’evento televisivo più visto negli USA, aveva lanciato lo spot diretto da Ridley Scott dove una giovane donna scagliava un giavellotto contro il “Grande Fratello”, identificato con il colosso IBM. La società di Cupertino si era messa in prima fila contro l’egemonia che IBM si apprestava a conquistare nel mondo dei PC.
Il primo Macintosh rivoluzionò il mondo dei Computer, che solo da quel momento in poi poterono, con tutti i diritti, cominciare a chiamarsi Personal. L’interfaccia grafica, le dimensioni contenute e la semplicità d’utilizzo. Nessun competitor aveva un prodotto simile sugli scaffali e il Macintosh riuscì così ad ottenere il meritato successo.
È difficile da immaginare ora, in un mondo nel quale il digitale è parte integrante delle nostre vite. Probabilmente chiunque, almeno nel mondo globalizzato, sa cosa sia un Mac e chiunque riuscirebbe a riconoscere immediatamente il logo della mela. Quello che Jobs ed il suo team di sviluppo crearono, fu un nuovo modo di intendere la tecnologia. Non più qualcosa riservato a scienziati e persone istruite ma qualcosa per tutti.
23 Ottobre 2001
Quando Steve Jobs estrasse il primo modello di iPod dalla propria tasca, era certo che avrebbe cambiato il mondo della musica e di come la si ascoltava. Pochi anni prima era tornato al comando della società che aveva fondato a fine anni ’70 e l’aveva risollevata dal fallimento tagliando i mille progetti nei quali si era imbarcata e puntando fortemente sull’iMac, che si era rivelato un nuovo incredibile successo.
L’industria della musica era in piena crisi. Siti web come Napster avevano permesso a milioni di persone in tutto il mondo di scaricare musica gratuitamente, rendendo gli stessi artisti carne da macello, rendendo la loro opera creativa gratuita.
La Apple colse la palla al balzo. Prese le idee già utilizzate dai colossi discografici e creò uno store online, semplice da navigare, dove gli utenti avrebbero potuto scaricare intere discografie, tutti gli album o i singoli brani. Brani venduti ad un prezzo di un dollaro ciascuno.
Dopodiché, creò lo strumento migliore per poterne fruire. Inizialmente era stato reso disponibile solo per il Macintosh, successivamente fu aperto a Windows. Con la sua velocità di scorrimento, l’enorme quantità di brani inseribili al suo interno, divenne l’oggetto del momento.
«Cosa c’è nel tuo iPod?» divenne la domanda ripetuta a qualsiasi persona famosa e, ognuno di loro, rispondeva con l’elenco dei brani. Chiunque possedeva un iPod.
Fu il primo mp3 portatile in grado di garantire abbastanza batteria, milioni di brani trasportabili e una straordinaria facilità di utilizzo. I competitor che arrivarono dopo erano rilegati esclusivamente al ruolo di cattivi copiatori.
9 Gennaio 2007
Quando l’Apple rilasciò il primo strumento al mondo capace di riunire la navigazione internet, la potenza di un iPod e le capacità di un telefono cellulari, pochi sapevano cosa fosse uno smartphone. Eppure, era riuscita a crearlo.
Tastiere minuscole con numeri ancora più piccoli, schermi touch-screen solo per alcune funzioni ma apribili e dotati di una scomoda tastiera per tutti gli altri compiti, telefoni richiudibili giudicati come perfetti da chi li utilizzava. Tutti i più famosi standard di mercato vennero spazzati via dopo quella presentazione. Niente più persone intente a leggere un libro o un giornale oppure con lo sguardo perso nel vuoto nelle metropolitane di New York, Londra e Milano.
L’iPhone riuscì a cambiare il mondo nel giro di pochi anni, seguito a ruota poco tempo dopo da Google con il sistema operativo Android e tutti gli altri competitor desiderosi di strappare alla Apple quello che la Apple aveva strappato loro. Nel 2018, la Apple ha venduto 217 milioni di iPhone, nel 2020 cinque dei primi dieci smartphone più venduti sono della Apple. Nel corso degli anni la Apple ha creato anche smartwatch e tablet. In questo periodo, voci dicono che la Apple stia lavorando alla sua prima automobile e ad entrare nella connessione internet satellitare. Il suo futuro e la sua storia sono uno stimolo per chi pensa differente.
Autore
Milanese di nascita, barese per adozione. Studio International Business Management e scrivo per passione. Amo la storia e tutto ciò che è conoscenza. Tifo Milan da quando Paolo Maldini incantava sulla fascia sinistra. Ho sempre un libro in più da leggere ed una storia in più da raccontare.