Si chiama crisi ambientale. Ma noi non pronunciamo il suo nome

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Il 1 gennaio 2023 sono state registrate temperature eccezionalmente calde in diversi luoghi dell’Europa. A Bilbao, in Spagna, sono stati registrati 25 gradi. In Polonia 19. Lo stesso è accaduto anche in Italia, dove si sono superati i 20 gradi al sud.

Nel 2022 in Italia sono stati 310 gli eventi climatici estremi, con un incremento del 55% rispetto all’anno precedente. É quanto emerge dal bilancio complessivo realizzato dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente, in collaborazione con Unipol. Il 2022 è stato un anno drammatico. Rispetto al 2021, i danni causati dalla siccità sono aumentati da 6 a 28, con una crescita del 367%. Quelli provocati da grandinate, invece, da 14 sono passati a 29. I danni da trombe d’aria e raffiche di vento da 46 sono diventati 81. Infine, sono aumentati anche quelli provocati da allagamenti e alluvioni, da 88 a 104. La fotografia scattata dal bilancio ritrae un Paese che, ogni anno, è chiamato a far fronte alle conseguenze della crisi ambientale: allagamenti, trombe d’aria, esondazioni, frane stanno avendo impatti sempre maggiori sul territorio italiano. 

La rappresentazione della crisi ambientale nei media italiani.

L’European Severe Weather Database, dal 1 gennaio al 31 dicembre 2022, individua 3191 eventi climatici estremi. Nel 2021 ne aveva registrati 2072. Nel 2020, invece, 1509. Eppure, nel mondo dell’informazione il tema è trattato marginalmente. La crisi del Pianeta è spesso solo accennata. Essa non è protagonista della copertura dei media. A suggerirlo, in questo caso, sono i risultati del monitoraggio dell’Osservatorio di Pavia per Greenpeace Italia sulla visibilità della crisi climatica nei mezzi d’informazione italiani.

I dati si riferiscono al periodo che va dal 1 maggio al 31 agosto 2022. Considerano, in particolare, la copertura di alcuni tra i principali quotidiani italiani: Avvenire, Corriere della sera, Il Sole 24 ore, la Repubblica e La Stampa. Non solo, ma anche, la rappresentazione dell’emergenza da parte dei notiziari televisivi e di alcuni programmi di approfondimento.

I dati relativi all’attenzione ai cambiamenti climatici nel mondo dell’informazione italiana mostrano una tendenza generale comune: nei mesi estivi si nota una crescente attenzione verso la questione ambientale. A maggio nei quotidiani nazionali analizzati, si sono individuati 177 articoli che trattano implicitamente o esplicitamente la crisi climatica. A giugno quelli che affrontano l’emergenza sono 249. In luglio, invece, 289. Ad agosto il numero, però torna a calare: infatti sul tema sono stati scritti 208 articoli. Lo stesso vale per i notiziari: mentre a maggio le notizie che hanno trattato la crisi ambientale sono state solo 36, a giugno, luglio e agosto sono state rispettivamente 106, 122 e 105. Per quanto riguarda i programmi televisivi di approfondimento a maggio sono state solo 6 le puntate che hanno trattato implicitamente o esplicitamente l’emergenza. A giugno sono state 32 e a luglio 37. Ad agosto, infine, 29.

Tuttavia, a questa crescita di attenzione si accompagna una costante marginalità della tematica. La crisi climatica spesso non è protagonista nella copertura informativa. Dei 923 articoli che hanno affrontato il collasso del Pianeta tra il 1 maggio e il 31 agosto 2022 solo il 23,6% poneva il tema al proprio centro. Nel 36,7% dei casi, invece, la questione è semplicemente citata. Solo il 34,6% delle puntate dei programmi di approfondimento analizzate metteva la crisi ambientale al centro della notizia. Al contrario, nel 40,4 % delle trasmissioni essa aveva un ruolo sono marginale. Unica eccezione i notiziari, i quali nel 38,2% dei casi hanno narrato la notizia ponendo al centro della scena l’emergenza climatica. Mentre, essa ha un ruolo marginale nel 35,8 % delle notizie. Un dato effettivamente più basso, ma solo di 3 punti percentuali e ugualmente molto elevato. 

Nel dicembre 2018, durante la Conferenza delle Parti a Katowice, Greta Thunberg si indirizzava ai presenti con queste parole:

Se avrò dei bambini, probabilmente un giorno mi faranno domande su di voi. Forse mi chiederanno come mai non avete fatto niente quando era ancora il tempo di agire.

A 26 anni dalla firma della prima convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, una ragazza di 15 anni si rivolgeva ai leader di 190 paesi accusandoli di non fare abbastanza. Gli esseri umani stanno alterando la biosfera, distruggendo le riserve del Pianeta, bruciando le foreste e consumando i ghiacci polari, stanno sterminando la flora e la fauna, rubando così il futuro ai loro figli. Il messaggio è chiaro: non si può più fingere che la crisi ambientale non esista. I danni che le azioni degli uomini stanno procurando al Pianeta sono noti da più di due decenni. Eppure, ancora oggi, si continuano a consumare indiscriminatamente le risorse terrestri e a emettere nell’atmosfera quantità proibitive di CO2.

Nel 1970 il segretario generale delle Nazioni Unite U Thant si chiedeva che cosa i futuri visitatori da altri pianeti avrebbero detto degli uomini: 

«Con tutto il loro ingegno e la loro abilità, sono rimasti a corto di lungimiranza e aria e cibo e acqua e idee» o anche: «Hanno continuato coi giochi politici finché il mondo gli è crollato intorno».

Gli uomini di oggi sono chiamati a fare lo stesso. Tuttavia, i politici, gli economisti e i giuristi non sono gli unici chiamati all’azione. La crisi ambientale è una storia che non si può raccontare. Essa non può essere nominata. In questo senso rappresenta una sfida anche per la cultura e soprattutto per il mondo dell’informazione. A partire da questa considerazione: non possiamo pensare che l’emergenza climatica assuma importanza agli occhi degli esseri umani, se ogni qualvolta essa è affrontata non è posta al centro della narrazione, se non è descritta come protagonista della rappresentazione della realtà. 

Il caldo degli ultimi giorni è stato terribilmente eccezionale. Si chiama crisi ambientale.

Autore

Nata a Ferrara, tra la nebbia e le biciclette. Quando non ho la testa tra le nuvole, mi piace nascondere il naso nelle pagine di un libro o dietro una macchina fotografica. Scrivo di lotte e diritti, mi piace raccontare dei posti e della gente di cui nessuno parla mai. Frequento assiduamente i mercatini dell’usato e al tiramisù non dico mai di no, queste sono le uniche regole di vita che mi so dare.

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