Oggi esce in Italia l’ultimo romanzo di Sally Rooney, Intermezzo (Einaudi editore, traduzione di Norman Gobetti). L’autrice irlandese continua a riscuotere tantissimo successo e Intermezzo è già stato definito dal The Guardian «Il fenomeno letterario del decennio». “Rooney-mania”, così è stata definita la febbrile ossessione per tutto ciò che concerne Sally Rooney. Anche se non si è mai letto un libro di Rooney, non è difficile riconoscere subito il nome dell’autrice, come J.K. Rowling è stata un simbolo negli anni Novanta, così Sally Rooney lo è per gli anni Venti del 2000.
Facendo dei passi indietro, il suo successo si può ben spiegare osservando i numeri che circondano Persone normali, romanzo tradotto in 46 lingue, in Italia pubblicato da Einaudi nel 2020 e diventato una serie televisiva prodotta da Hulu e BBC, aveva generato aspettative molto alte circa i numeri che avrebbe toccato, nel 2021, Dove sei, mondo bello. In parte, le aveva rispettate: nei primi cinque giorni, aveva venduto 40 mila copie nel Regno Unito. Secondo la catena di librerie Waterstones, si è trattato del libro più venduto dell’anno dopo una sola settimana dalla sua uscita.
Intermezzo è uscito in inglese il 24 settembre 2024 ed è stato circondato da un hype senza precedenti: le librerie della catena Waterstones hanno aperto prima del solito orario, i gadget (le magliette con un levriero, le tote bag con il nome dell’autrice e il titolo del libro) sono andati a ruba.
Un dato importante è anche rappresentato dalla promozione che ha anticipato l’uscita del libro: quelli di Farrar, Straus and Giroux, negli Stati Uniti, hanno spedito 2500 copie in anticipo a lettori e lettrici forti, influencer, vip e booktoker: tutte firmate e numerate come una limited edition preziosissima. Ma a cosa servono tutte queste copie mandate in anticipo? Lo spiega Madeline Diamond su Esquire dal titolo-manifesto “Are You Cool Enough for the Latest Sally Rooney Novel?”: «Il libro diventa così il simbolo di una valuta culturale, uno status symbol. Questi libri, così cool nelle mani di vip e personalità di internet, dimostrano quanto siamo influenzabili dal marketing intelligente, e quanto le persone vogliano mostrarsi parte dell’élite letteraria». “The cult of Sally Rooney – How reading Sally Rooney became a status symbol”, un articolo di Constance Grady su Vox dal titolo emblematico dimostra come ormai chi legge Sally Rooney non lo faccia solo per passione verso la sua penna ma anche perché leggere i suoi libri nell’epoca odierna sia diventato imprescindibili per persone appassionate di lettura, niente di meno il New York Times l’ha definita “the First Great Millennial Author”.
Impegnata anche politicamente, nel 2021 Rooney si è rifiutata di vendere i diritti per la traduzione in ebraico di Dove sei, mondo bello (Einaudi editore) a una casa editrice israeliana, azione coerente con la sua adesione al movimento BDS, una campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni nei confronti di Israele a cui Rooney ha aderito e che opera attraverso forme di pressione non violente – sul modello di quanto favorì la fine dell’apartheid in Sud Africa – affinché Israele rispetti il diritto internazionale. «In Irlanda la storia del boicottaggio del Sudafrica in risposta all’apartheid sudafricano è qualcosa di cui siamo molto orgogliosi, in termini di eredità nazionale», afferma l’autrice al The Guardian. «Non potevo giustificare a me stessa il fatto di non aver fatto ciò che tutti questi gruppi della società civile e sindacati mi chiedevano di fare». Rooney la pensa allo stesso modo sui diritti di traduzione per Intermezzo.
La scelta di Sally Rooney di non tradurre Dove sei, mondo bello? in lingua ebraica ha fatto sì che l’autrice diventasse un caso divisivo – prima di lei, nel 2012, anche la vincitrice del Premio Pulitzer Alice Walker aveva rifiutato la traduzione in ebraico della sua opera Il colore viola (attualmente edito da BIGSUR). Sebbene orgogliosa del fatto che Parlarne tra amici e Persone normali (entrambi Einaudi editore) fossero stati precedentemente tradotti da Katyah Benovits in lingua ebraica, questa volta Rooney aveva deciso di non vendere i diritti di traduzione alla stessa casa editrice, la Modan Publishing House, che lavora in collaborazione con il governo israeliano producendo libri per la casa editrice del Ministero della Difesa. Esattamente il prototipo di società che il BDS Movement invita a boicottare.
«Io capisco che non tutti saranno d’accordo con la mia decisione ma semplicemente per me non sarebbe giusto, sotto queste circostanze, accettare un nuovo contratto con una compagnia israeliana che non si distanzia pubblicamente dall’apartheid e non supporta i diritti dei palestinesi stipulati dalle Nazioni Unite», aveva dichiarato la scrittrice a proposito della sua decisione. «I diritti di traduzione in lingua ebraica del mio nuovo romanzo sono ancora disponibili e se riesco a trovare un modo per venderli che combacia con il movimento del BDS sarò molto felice e orgogliosa di farlo. Nel frattempo, vorrei esprimere ancora una volta la mia solidarietà col popolo palestinese nella loro lotta per la libertà, giustizia e uguaglianza. Grazie», aveva concluso.
La scelta avviene a seguito della pubblicazione, da parte dell’Human Rights Watch, di un rapporto – intitolato A Threshold Crossed: Israel Authorities and the Crimes of Apartheid and Persecution – che confermava quanto già dichiarato circa i diritti umani dei palestinesi, dunque il sistema di dominazione razziale e di segregazione israeliana che incontra la definizione di apartheid. Sally Rooney, così, pur riconoscendo come altri Stati si fossero macchiati di simili crimini, aveva deciso di rispondere alla causa della società palestinese.
Quanto accaduto con Dove sei, mondo bello aveva generato diverse reazioni. Se, da un lato, era stato accolto calorosamente dalla PACBI, la Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele, dall’altro un invito a boicottare le sue opere era partito da parte di due catene di librerie israeliane, Steimatzky e Tzomet Sefarim, con più di duecento filiali. Yoseph Haddad, inoltre, CEO di Together-Vouch for Each Other, organizzazione di attivisti sociali, aveva avviato una campagna che invitava i librai israeliani a ritirare dal commercio ogni opera di Rooney.
Sulla piattaforma di notizie ebraica Forward, Gitit Ley-Paz – membro del Jewish People Policy Institute – aveva accusato la scrittrice di tradire il senso della letteratura escludendo un gruppo di lettori a causa della loro identità nazionale. In risposta, Ronan Burtenshaw – editore del Tribune Magazine – ne aveva sottolineato la sua coerenza, al contrario, in quanto «non puoi pubblicare con Modan e rispettare il boicottaggio». La giornalista e analista Mairav Zonzsein, infine, aveva sottolineato quanto fosse ridicolo confondere il boicottaggio di una casa editrice israeliana con quello della lingua ebraica.
Il suo sostegno e la sua vicinanza al popolo palestinese, però, non sono circoscritti a questa occasione
A maggio 2021, aveva sottoscritto una lettera contro l’apartheid e per un immediato cessate il fuoco, richiedendo ai governi di tagliare ogni relazione commerciale, economica e culturale con Israele.
In seguito, il Festival della Letteratura Palestinese – assieme ad altri sei gruppi -aveva organizzato il boicottaggio di agenzie letterarie, pubblicazioni e festival israeliani che attuavano pratiche discriminatorie verso i diritti del popolo palestinese. Anche questa iniziativa aveva visto la sua adesione. A luglio dello stesso anno, era tra i tanti artisti che richiedevano l’isolamento internazionale di Israele.
Nel 2023, inoltre, Sally Rooney ha partecipato alla raccolta fondi per gli aiuti medici in Palestina, nata dalla collaborazione tra artisti della letteratura irlandese e scrittori palestinesi, e organizzata a Belfast, Cork, Dublino, Galway e Londra. A proposito del sostegno di Rooney alla liberazione della popolazione palestinese, Haidar Eid, professore associato presso l’Al-Aqsa University, aveva scritto una lettera a lei indirizzata in cui descriveva la celebrazione e il sollievo dati dal fatto che una persona del suo calibro stesse ascoltando le loro voci. «Noi siamo ansiosi, frustrati e arrabbiati. Ma il tuo atto di solidarietà ci ha dato una vera speranza», aveva scritto.
Nello stesso anno, è stata tra i 600 firmatari della lettera pubblicata dal London Review of Books in cui artisti e scrittori europei, inglesi e americani richiedevano ai rispettivi governi il cessate il fuoco immediato, l’ammissione di aiuti umanitari senza ostacoli a Gaza e la fine dei finanziamenti militari.
Sul genocidio palestinese, inoltre, è interessante lo scambio di mail pubblicato su The Guardian tra Rooney e Isabella Hammad. A proposito, la scrittrice irlandese aveva sottolineato come ci sia da sempre un doppio rapporto tra Irlanda, Palestina e Israele, fatto di solidarietà nei confronti della Palestina da parte della classe politica irlandese, ma anche di implicazioni di quest’ultima con le istituzioni israeliane: nel 2018, ad esempio, dopo le pressioni di Netanyahu, il disegno di legge irlandese che avrebbe dovuto bannare l’importazione di prodotti dai territori palestinesi occupati da Israele non ha mai completato l’iter perché divenisse legge.
Tornando a quest’anno, invece, il 16 marzo The Irish Times ha pubblicato un articolo a proposito della visita di Leo Varadkar, ancora primo ministro irlandese e leader del partito al governo, alla Casa Bianca in occasione del St. Patrick’s Day. La fotografia che li ritraeva, secondo Rooney, si sarebbe presto aggiunta al «collage di depravazione morale” che “ci perseguiterà per sempre».
Nel 2019, inoltre, la scrittrice era tra i 250 scrittori che difendevano Kamila Shamsie a cui era stato negato un premio letterario tedesco per il suo supporto al BDS.
Al Southbank di Londra, anche in occasione della presentazione del suo ultimo romanzo ha preso posizione ricordando i bombardamenti in Palestina e Libano da parte dell’esercito israeliano, la distruzione dei siti culturali che quei territori stanno subendo e le oltre 40 mila persone morte dal 7 ottobre. «Voglio che sia chiaro che siamo qui anche in solidarietà con il popolo palestinese», ha detto.
Ma la Palestina, in qualche modo, compare anche nei suoi romanzi precedenti: in Parlarne tra amici con Bobbi che, parlando di come le relazioni riguardino il potere mentre le persone si concentrano sulla gentilezza, afferma che «finiamo per chiederci se Israele è più carino della Palestina», mentre in Persone normali con la partecipazione della protagonista a una protesta contro Israele durante la guerra di Gaza del 2014.
Definita come la prima grande autrice millenial ma anche come “Salinger per la generazione di Snapchat” da un editore di Faber, la sua autonomia di pensiero e la sua formazione politica di stampo marxista trapelano anche dai dialoghi dei suoi personaggi nei quali diventa semplice immedesimarsi grazie all’umanità e alla naturalezza delle loro relazioni.
«Un ritornello ripetuto, quando chiedo a scrittori, critici ed editori perché pensano che ci siano così tanti eccellenti scrittori irlandesi, è: “È la loro cultura”», scrive Max Liu in un articolo su come l’alta percentuale di finalisti al Booker Prize negli ultimi anni rifletta una generale “età dell’oro” per la letteratura irlandese del ventunesimo secolo.
Negli ultimi anni, il contenuto delle storie e delle trame dei romanzi irlandesi pubblicati si è andato differenziando sempre di più, talvolta distanziandosi molto da un contenuto più esplicitamente “postcoloniale”, ma di cui resta un bagaglio: l’impegno sociale, le storie dei singoli che raccontano un paese, il segno che lasciano nel lettore e nelle giurie, che li incoronano spesso in premi letterari prestigiosi. Anche Sally Rooney è espressione di quel passato: con le sue scelte e dichiarazioni, non si può non collegare l’autrice a una sensibilità che l’Irlanda conserva nei confronti dei popoli occupati, vittime di regimi di apartheid e spesso uccisi con la sola colpa della loro identità.
«Questa è l’anatomia e il meccanismo di una famiglia – di un intero cazzo di paese – che annega nella vergogna», scrive invece Anne Enright, vincitrice del Booker Prize nel 2007 con “The Gathering” – stampato da Vintage Publishing, pubblicato in Italia dalla Nave di Teseo con il titolo “La veglia” e tradotto da Sergio Claudio Perroni. The Gathering tocca il tema degli abusi nella chiesa cattolica, questione molto sentita nel paese. Un esempio di come la letteratura irlandese narri dei singoli per parlare dell’intera società.
Il Booker Prize a cui si faceva riferimento in precedenza è un prestigioso premio letterario che ogni anno incorona il miglior libro scritto in lingua inglese selezionandolo tra le centinaia di proposte fatte dalle case editrici. Anche se la popolazione irlandese rappresenta solo l’1% delle persone anglofone, negli ultimi 20 anni c’è stato un tasso insolitamente alto di libri scritti da irlandesi finiti in longlist e shortlist – ovvero nella selezione finale e più ristretta dei libri che a quel punto possono considerarsi ammessi nella fase finale del premio e potenziali vincitori.
Tra questi, nel 2023, Paul Lynch, vincitore con la sua opera distopica “Prophet Song” (pubblicato da Oneworld nel Regno Unito e da 66th and 2nd in Italia, tradotto da Riccardo Duranti) e Paul Murray con “The bee sting” (attualmente stampato per Penguin Books), oltre 600 pagine in cui una famiglia – genitori, una figlia 17enne e un figlio 12enne – è protagonista nell’anno del 2008, crisi economica che in Irlanda si è abbattuta in maniera particolarmente drammatica, segnando una pagina nera per il paese.
Max Liu, con “cultura”, intende un insieme di fattori e un certo riconoscimento sociale attribuito agli scrittori in Irlanda, che per esempio ricevono un contributo mensile volto ad aiutarli a dedicarsi alle loro opere e sono esentati dal pagare molte tasse. Oltretutto, l’editoria e i lettori irlandesi non dividono i libri pubblicati in generi di “maggiore” o “minore” valore culturale né in base all’estrazione sociale e il percorso dell’autore. Altri fattori che hanno favorito il crearsi di un universo editoriale unico, ricco, pieno di spinte che hanno origini e direzioni diverse. Tuttavia, il retroterra comune, tra cui la parte riguardante lotte, rappresaglie e la resistenza all’occupazione britannica hanno avuto un impatto generale e prodotto generi e sottogeneri culturali che anche se spesso non più coltivati hanno formato il bagaglio culturale di ogni irlandese e quindi di ogni autore e autrice.
La guerra civile a cavallo degli anni ‘20 del ‘900 e i Troubles [”disordini”, nda], tra gli anni ‘60 e ‘90, hanno determinato, su un piano letterario, la produzione di moltissimi racconti, storie brevi dette “Troubles stories”, un sottogenere della letteratura irlandese, al cui centro c’è la narrazione dei movimenti di resistenza irlandese all’occupazione britannica. Le azioni dell’IRA, dei Black and Tan e degli altri schieramenti sono spesso descritte in maniera cruda e dettagliata. I rapporti d’onore, la fedeltà, la vendetta e il travagliato processo di creazione di un’identità irlandese permeano tutte le pagine, oscillando tra combattuta accoglienza e assoluto rifiuto della componente britannica che ormai si era sedimentata.
Se nelle prime Troubles stories la violenza era in primo piano o nello sfondo ma parte di un contesto in cui la “lotta” era vita quotidiana, in quelli del secondo periodo diviene quasi senza senso, randomica, eccessiva, e quindi ancora più scioccante. Ne è esempio perfetto “Attracta” di William Trevor, comparsa sul New Yorker nel 1978: Attracta è un’insegnante protestante che legge del suicidio di una ragazza inglese, Penelope, il cui marito – soldato britannico che prendeva parte all’occupazione di Belfast – era stato rapito e decapitato. La sua testa era poi stata inviata alla ragazza, in seguito violentata dagli stessi che avevano ucciso suo marito. Dopo questo avvenimento lei si toglie la vita. Attracta resta profondamente colpita dalla storia e da ciò prendono avvio trama e riflessioni. Trevor, l’autore, è stato nominato ben 5 volte al Booker Prize.
La sensibilità spiccata per questi temi non resta però confinata in un universo culturale: l’Irlanda si è spesso distinta per scelte a sostegno delle popolazioni, in particolare quella palestinese nell’ultimo periodo, che sono vittime di genocidio. Ad esempio, nell’ottobre di quest’anno, l’Irlanda è diventata il primo paese UE a vietare le importazioni dai territori occupati dai coloni israeliani in Cisgiordania. Il disegno di legge era rimasto bloccato per anni, fino a luglio, momento in cui c’è stata una svolta, alimentando la speranza di esercitare pressione sugli altri paesi UE – come Spagna e Belgio, che avevano dato in precedenza altri segni di sostegno al popolo palestinese – che se seguissero l’esempio irlandese formerebbero un blocco non indifferente per Israele, di cui siamo primo partner commerciale.
Autori
Nata tra i monti Lepini, non è che la montagna mi piaccia poi così tanto. Leggo, scrivo, arrivo sempre in ritardo ma cerco di compensare con l'impegno che metto nelle cose. Se potessi vivrei in viaggio, nel frattempo mi accontento di immaginarmi giornalista, una di quelli che raccontano mondi lontani. Che poi così lontani non sono.
Arianna Vicario
Autrice
Transfemminista. Scrivo (tanto), leggo (troppo), cammino nel mondo (delle nuvole). A volte penso che l'anima di Sylvia Plath si sia reincarnata in me.
Giorgia Cecca
Autrice
Sono atea ma ho vissuto dalle suore. Sono di sinistra ma una volta ho votato PD. Non mi piace la monotonia ma guardo spesso i film di Nanni Moretti. Piango mentre leggo Mattia Torre perché è la persona che mi fa più ridere. Guido una Vespa perché ho visto troppe volte Caro diario. Sempre per quella questione della monotonia. Che, forse, non mi piace.