Quando nel 2009 Giorgia Meloni sognava una società gay-friendly

Oggi la leader di Fratelli d’Italia si è fatta paladina della crociata contro la comunità LGBTQ, ma nel 2009 partecipava ai convegni di Arcigay e prometteva di proteggerla da eventuali discriminazioni. Cos’è cambiato in questi tredici anni?

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Da quando il vento politico tira a favore di sentimenti sovranisti e conservatori, Giorgia Meloni ha trovato il suo posto tra i nemici della comunità LGBTQ. Forse proprio come una dei principali. Soprattutto negli ultimi anni, inizialmente sotto l’ala protettiva della Lega di Matteo Salvini, il suo partito Fratelli d’Italia ha fatto della lotta contro alcuni temi omosessuali una delle colonne ideologiche portanti della sua azione politica. La leader di Fratelli d’Italia, infatti, non ha mai privato le più grandi manifestazioni anti-LGBTQ della sua partecipazione.

Acerrima nemica della comunità LGBTQ

Ricordiamo tutti, ad esempio, quando è volata in Spagna per partecipare alla convention del partito spagnolo di ultradestra Vox e per sostenere la candidatura di Macarena Olona alla presidenza dell’Andalusia. Salita sul palco, Giorgia Meloni ha tenuto un breve discorso all’insegna della retorica populista, xenofoba e omofoba a cui già ci ha abituati: «Sì alla famiglia naturale, no alla lobby LGBT. Sì alla identità sessuale, no all’ideologia di genere. Sì alla cultura della vita, no a quella della morte. Sì ai valori universali cristiani, no alla violenza islamista, no all’immigrazione».

Nell’ottobre 2019, nel suo discorso durante il comizio a Piazza San Giovanni che riuniva la destra di Salvini, Berlusconi e Fratelli d’Italia c’era stato posto, anche lì, per l’attacco alla comunità LGBTQ. Un’invettiva che iniziava teatralmente con l’ormai famoso tormentone «Io sono Giorgia, sono una madre, sono cristiana», ma che continuava con rabbia e con retorica contro la temutissima “teoria gender”:

È il gioco del pensiero unico, ci devono togliere tutto quello che siamo, perché quando non avremo più un’identità e non avremo più radici noi saremo privi di consapevolezza e incapaci di difendere i nostri diritti. Vogliono che siamo genitore 1 e genitore 2. Genere LGBT.

Oppure, nel 2016 saliva sul palco del Family Day, organizzato dal portavoce del comitato cattolico conservatore Difendiamo i Nostri Figli Massimo Gandolfini e parlava contro le unioni civili, accusate di ledere la libertà dei bambini.

Giorgia Meloni sul palco del comizio a San Giovanni nel 2019

O tornando indietro ancora di un anno, nel 2015, rispondendo all’allora ministro dell’Istruzione Giannini nel corso del Question Time alla Camera, si dichiarava contraria alle politiche di sensibilizzazione nelle scuole per prevenire le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, in quanto passibili di fornire agli studenti «un’interpretazione fuorviante della propria identità sessuale» e di imporgli «delle ideologie legate ai loro presunti e futuri orientamenti sessuali».

Ma nel 2009 partecipava ai convegni di Arcigay

Eppure, basta fare un salto indietro di 14 anni per trovarla, all’epoca Ministro per la gioventù del governo Berlusconi, sul palco di un convegno Arcigay organizzato a Genova. E a quel convegno intitolato “I giovani e il disagio della diversità”, compreso nel programma culturale del Pride nazionale 2009, la più giovane ministra della storia della Repubblica italiana aveva addirittura dato il patrocinio gratuito del Ministero.

Sul tavolo del Palazzo Ducale di Genova, tra gli applausi dei presenti, Giorgia Meloni dichiarava la necessità di trovare efficaci strumenti per combattere il fenomeno dell’omofobia verso i giovani, presentando addirittura possibili strade da percorrere: dall’educazione alla sessualità ed alle affettività consapevoli, alla costruzione di una rete nazionale giovanile in cui l’omofobia fosse bandita. E ai microfoni del Tg regionale della Liguria, in occasione del convegno, dichiarava:

Io credo che ci voglia una capacità di insistere su iniziative culturali che possano combattere a 360° le forme di disagio che sono alla base di tutte le discriminazioni, compresa quella che riguarda i giovani omosessuali. Chiaramente, come ministro della gioventù ritengo che questo sia un compito istituzionale che mi compete e da questo vorrei partire.

La sua partecipazione al convegno terminava con la promessa di continuare il confronto con l’associazione Arcigay al fine di costruire una «società in cui si sia orgogliosi di essere italiani a prescindere da chi si ama» e con la bandiera del Genova Pride come regalo da parte di Fabio Saccà, all’epoca responsabile della Rete Giovani Arcigay.

Perché le posizioni di Giorgia Meloni sono cambiate in dieci anni?

Commentando proprio il video in questione, Giorgia Meloni ha scritto sui suoi canali social che il suo intento non è mai stato quello di discriminare la comunità omosessuale e che lei è semplicemente contraria alle adozioni per coppie dello stesso sesso:

La domanda sorge spontanea, però. Se effettivamente il suo unico problema sono “solo” le adozioni omosessuali, come spiega le altre campagne d’opposizione? Era favorevole alle unioni civili? È mai stata a qualche Pride per lottare contro le discriminazioni? Ha votato a favore della legge Zan contro l’omotransfobia?

Quello che è certo è che la difesa della famiglia tradizionale minacciata da una presunta lobby gay è uno dei principali temi identitari della politica della destra italiana. E quella di Giorgia Meloni è stata una scalata politica ai vertici della destra che è passata per la famiglia: un tema caldo, delicato e molto caro all’elettorato verso cui tende l’arco.

Ma nel non-troppo-lontano 2009, era esponente di un partito falsamente liberale che si imbellettava con diverse tematiche sociali. Nel Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi c’era posto per un po’ di pinkwashing, per un po’ di rainbow washing e per un po’ di tematica animalista. A Giorgia Meloni interessava far vedere di essere il perfetto esponente di una destra che si vantava di un falso progressismo.

Quattordici anni dopo la situazione è cambiata: Giorgia Meloni non è più una piccola esponente del PDL, ma leader di un partito in crescita che mantiene i legami storici (e raccoglie i residui) del Movimento Sociale Italiano ed è necessario che si comporti di conseguenza. Del resto si sa, per due voti in più si cambia qualunque idea.

Autore

Samuele Vona

Samuele Vona

Direttore Editoriale

Nasco a Roma e amo le cose démodé: se scatto lo faccio in analogico, compro solo libri usati, scrivo ancora con la penna (blu) e ho una laurea in Lettere Moderne. Desidero una nuova bicicletta perché quella di prima me l'hanno rubata.

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