Gli strumenti della propaganda nel fumetto statunitense: il caso di Capitan America

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Il più grande biografo di Adolf Hitler, Joachim Fest, ne Il volto del Terzo Reich scrisse che la potenza del nazismo fu «il genio della propaganda. Essa, oltre a procurargli i trionfi più clamorosi, costituì il suo unico originario contributo alle condizioni della sua ascesa e fu qualcosa in più di un semplice strumento del potere: la propaganda fu la sua linfa vitale».

Nella prima metà del Novecento ci fu un altro gigante in grado di maneggiare con suadente maestria gli strumenti della propaganda: gli Stati Uniti. Nel 1940 la Timely Comics, casa editrice di fumetti che anni dopo cambierà il proprio nome in Marvel Comics, affidò a Joe Simon e Jack Kirby, rispettivamente sceneggiatore e disegnatore – entrambi ebrei – il compito di mettere insieme un nuovo roster di supereroi.

L’obiettivo era quello di competere con le rivali Dc Comics, Quality Comics, Fawcett Publishing. A quel tempo l’America era profondamente colpita dalle notizie catastrofiche riguardanti i crimini nazisti in Europa, soprattutto quelle inerenti al genocidio del popolo ebraico. Questo rappresentava negli Stati Uniti un’ampia fascia della cittadinanza, come peraltro testimoniato da un altro mostro sacro della Nona Arte d’oltreoceano, Will Eisner, che descrisse con sensibilità unica la quotidianità dei giovani newyorkesi ebrei (e non solo) in opere come A Contract With God, Dropsie Avenue o New York.

È alla luce di quanto detto che nacque dalle menti di Joe Simon e Jack Kirby l’idea di Captain America, il difensore mascherato della democrazia, simbolo dell’America libera che si opponeva alla liberticida e sanguinaria Germania nazista. Steve Rogers, il vero nome dell’eroe, non era che un giovane dal fisico gracile e il volto emaciato ma con l’ardente voglia di servire la propria patria. Scartato alla visita di leva, gli venne proposto di partecipare all’Operazione Rinascita, un esperimento segreto del Dottor Abraham Erskine volto alla creazione di supersoldati per conto dell’esercito americano.

Le facoltà fisiche e mentali di Steve Rogers vennero amplificate in virtù di un potentissimo preparato chimico che lo rese Captain America. Grazie alla sue nuove abilità egli era in grado di compiere pericolosissime missioni segrete oltre le linee nemiche, riuscendoci, nonostante l’appariscente costume a stelle e strisce (difficile non farsi notare, per delle operazioni top secret) e l’indistruttibile scudo triangolare (che successivamente divenne circolare). Anche la scelta dell’arma non fu casuale: Captain America non è un supereroe che attacca, ma uno che difende, o che comunque attacca difendendo, e lo fa esclusivamente per proteggere i più indifesi, per salvaguardare l’America, per far trionfare la libertà. In contrapposizione alla hitlerjugend tedesca, venne creato un ulteriore personaggio, un supereroe pressoché adolescente, che aiuterà Cap nei suoi incarichi: Bucky.

Come riportato in Comic Book Nation: The transformation of Youth Culture in America di John Hopkins, la creazione del personaggio fu consapevolmente politica, e andò ad alimentare altrettanto consciamente le istanze politiche della fascia interventista americana. Dopotutto Simon e Kirby erano i primi ad essere disgustati dalla barbarie nazista, e ritenevano inevitabile il coinvolgimento bellico degli Stati Uniti: «gli oppositori della guerra erano tutti ben organizzati, ma anche noi volevamo dire la nostra».

Infatti, nella copertina del primo numero di Captain America, uscito nel marzo del 1940, campeggia il temerario protagonista, che indossa il suo vistoso costume con la bandiera americana, intento nel colpire con un poderoso pugno il volto di Adolf Hitler, in uniforme militare nazista. Intorno gli sgherri del Fuhrer, che cercano di sopraffare il supereroe sparandogli contro, illudendosi di poterlo sconfiggere (l’immagine ritrae un proiettile che rimbalza sul suo scudo indistruttibile: niente ferma l’America). L’albo vendette un milione di copie.

La demonizzazione dei nazisti e della Germania è un tema ricorrente nella produzione culturale dell’epoca, sopratutto per quanto concerne i fumetti, al tempo destinati ad un vastissimo pubblico, costituito prevalentemente da bambini e adolescenti. In questo periodo assistiamo infatti ad una sovrapproduzione di supereroi patriottici: abbiamo ad esempio Marvel Boy, ma anche Shield della casa editrice MLJ, o Mr Liberty (poi ribattezzato Major Liberty), in grado di evocare in proprio aiuto i fantasmi degli eroi della Rivoluzione americana. L’elenco va via via nel corso degli anni infittendosi: Torcia Umana, Namor, Miss America, la Trottola, Spitfire (che prende il nome dal caccia utilizzato dalla RAF britannica contro i nazisti), Union Jack, Union Jack II, Spirit of the ‘76 (che celebra la guerra di indipendenza americana).

Col disastroso attacco di Pearl Harbour, circa un anno dopo, nelle avventure di Cap non comparvero solamente i tedeschi, ma anche i giapponesi. Anche loro, ovviamente, venivano descritti come violenti criminali. L’evento in questione generò nell’opinione pubblica un forte odio nei confronti del Giappone e venne vissuto dagli americani con tanto cordoglio che il presidente americano Franklin Delano Roosevelt lo definì, durante il suo discorso alla nazione a seguito dei fatti, come il Day of Infamy. L’avversione dei cittadini statunitensi venne convogliata contro i nipponici: lo zio Sam aveva trovato un altro nemico su cui puntare il dito, e l’occasione perfetta per giustificare l’entrata in guerra contro i bellicosi Stati europei.

A guerra finita, le vendite dei fumetti di supereroi crollarono. Una volta sconfitti i nazisti e i giapponesi, servivano ai supereroi dei nuovi villain da combattere. Alla luce di questo è interessante notare come al mutamento dello zeitgeist statunitense, corrisponda anche un cambiamento preciso nei fumetti, soprattutto per quanto riguarda le necessità politiche, e dunque propagandistiche, dei tempi in atto. Infatti, una volta battuti i terribili soldati del Sol Levante e i diabolici invasati del Terzo Reich, con la Guerra Fredda i nuovi nemici della democrazia furono i sovietici. Più avanti, con lo scandalo di Watergate, la corruzione di Washington. Ancora più in là, nel periodo dell’11 settembre, il terrorismo mediorientale. Fino ad arrivare agli alieni, con le battaglie prima contro gli Skrull e poi con i Kree (il nemico è lo straniero). I fumetti svolgono una funzione fondamentale, vettoriale, nell’indirizzare il risentimento della popolazione contro un avversario preciso.

La campagna anti sovietica

Una menzione d’obbligo se si parla di Captain America è quella dell’Hydra, l’organizzazione segreta che punta ad istituire un nuovo ordine mondiale di stampo nazional-socialista. Altra società occulta contro la quale combatte Cap è quella dell’Impero Segreto, che ha l’obiettivo di rovesciare il governo statunitense muovendosi tra le maglie della società americana tramite la conquista sotterranea dei gangli istituzionali del Paese: gli americani già manifestavano certi atavici timori, nonché una tendenza ossessiva nel tirare in ballo complottismo e massoneria (viene naturale pensare alla vicenda di QAnon e del Pizzagate dei giorni nostri). Il nemico per eccellenza, però, rimarrà sempre e comunque uno: i comunisti.

Nelle avventure narrate nei fumetti, a un certo punto Bucky, una volta terminata la Seconda guerra mondiale, viene rinvenuto nel canale della Manica da un sottomarino sovietico comandato dal generale Vasilij Karpov. Viene trasportato a Mosca dove una segretissima sezione del KGB, che prende il nome di Dipartimento X, gli fa il lavaggio del cervello e lo induce ad odiare gli Stati Uniti e a servire ciecamente l’Unione Sovietica trasformandolo così in un assassino privo di volontà. Durante la Guerra Fredda, col nome di Soldato d’Inverno, Bucky verrà inviato in America per compiere degli omicidi commissionati dall’alto comando sovietico: l’URSS è malvagia non solo per la sua visione del mondo, per i milioni di morti, per il sistema di governo iniquo che vuole annientare i cittadini, ma anche per il suo diabolico piano di penetrazione e stravolgimento delle coscienze.

La narrazione fumettistica statunitense fa si che la ferocia sovietica si diriga anche contro gli stessi russi, e lo fa nella maniera più subdola, tirando in ballo i bambini. Di fatti nell’universo Marvel il KGB, in un luogo oscuro e misterioso, addestra – tramite allenamenti fisici, esperimenti genetici, e, che novità, gli immancabili lavaggi del cervello – gruppi di bambine a diventare delle assassine senza scrupoli: la famigerata Stanza Rossa. Questa operazione segreta prende il nome di Програ́мма Чёрная Bдова, in italiano Operazione Vedova Nera, dove gli scienziati più crudeli del KGB lavorano per creare dei super-agenti da infiltrare in Cina e in Occidente. Il capo degli esperimenti è il Professor Grigor Ivanovich Pchelinstev, che manipola i ricordi delle bambine sopracitate facendole loro credere di star studiando danza classica al Teatro Bol’Soj.

Non importa quanti Teschio Rosso bisognerà affrontare, quanti Baroni Von Strucker si dovrà sconfiggere, quanti Crossbones combattere, e quanti piani dell’HYDRA sventare: la radiosa America avrà sempre un nemico da annientare e un fumetto in più da vendere ai suoi giovani.

Autore

Vengo al mondo lo stesso giorno di Virgilio, lo stesso anno di Enter The Wu-Tang. Bibliofilo, fumettomane, trekker, all’occorrenza festaiolo impavido.

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