Non misteri ma verità: Piazza Fontana e la strategia della tensione

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Piazza Fontana, 12 dicembre 1969. Qui, alle quattro e mezza del pomeriggio, l’Italia cambia per sempre. Scoppia un ordigno nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Una bomba che causa 17 morti e 66 feriti. Le conseguenze, però, sono ben più vaste: è l’inizio canonico di quella che noi oggi chiamiamo “strategia della tensione”

Il progetto nasce ben prima di quel 12 dicembre del ‘69. Nel 1965, all’Istituto Luigi Pollio per gli Affari Strategici, si tiene un convegno sulla guerra rivoluzionaria. Sottotitolo: “La terza guerra mondiale è già iniziata”. Partecipano un numero ristretto di ufficiali superiori delle forze armate, alti magistrati, uomini politici, intellettuali, dirigenti economici, militanti della destra estrema come Pino Rauti e un gruppo scelto di studenti guidato da Stefano delle Chiaie (Avanguardia Nazionale). L’idea principale che emerge al Convegno è che la sinistra starebbe intraprendendo una vera e propria “guerra non ortodossa”, infiltrandosi negli apparati della cultura e tramite la propaganda di idee estreme. E alla guerra si risponde con la guerra. È qui che nasce la Strategia della tensione: si decide un piano per compiere azioni di infiltrazione, di disordine e terrore; che verranno attribuite alle sinistre extraparlamentari per creare un clima di instabilità così insopportabile che anche l’opinione pubblica più moderata avrebbe invocato il ritorno a soluzioni autoritarie.

E proprio la strage di Piazza Fontana ci fa capire come questa idea concretamente viene messa in atto. Da subito, le indagini della Polizia (indirizzata dall’Ufficio Affari riservati) si dirigono verso gli ambienti della sinistra estrema: si segue la cosiddetta pista rossa. D’altronde, non sembra un’ipotesi così assurda: quel 12 dicembre esplodono anche altre bombe, a Roma, collocate in punti emblematici per il mondo anarchico e per la lotta al capitalismo: la Banca del Lavoro e l’Altare della Patria. Vengono fermati due anarchici. Uno di loro è Giuseppe Pinelli. Viene portato in Questura. Da lì non uscirà mai. O meglio, ci uscirà cadendo nel vuoto dalla finestra dell’ufficio del Commissario di Polizia Luigi Calabresi. Inizialmente si sostiene l’ipotesi del suicidio di Pinelli, con la motivazione degli indizi schiaccianti della sua colpevolezza per la strage di Piazza Fontana. Questa versione però dura poco, perché la stessa Polizia è costretta a confermare l’alibi fornito da Pinelli. Si comincia allora a parlare di un suo malore mentre si trovava vicino alla finestra aperta. Nessuno, però, specie i militanti di sinistra, è davvero convinto di questa spiegazione. 

Attorno alla morte di Pinelli si scatena una battaglia politica che dura per decenni e che colpisce a più riprese il commissario Calabresi tramite campagne mediatiche. Alla fine, nel 1975, Calabresi verrà assolto: non c’erano prove concrete di un atto violento da parte sua nei confronti di Pinelli.

Nel frattempo, dopo Pinelli anche un altro anarchico viene arrestato. Sarà giudicato innocente solo anni dopo. Perché sì, quella bomba non l’aveva piazzata la sinistra estrema. Alcuni giudici intuiscono, grazie ad alcune testimonianze e alla scoperta di nuovi fatti e collegamenti, che la pista rossa non era poi così sicura. Si apre allora la pista nera. Ci si concentra in particolare su Ordine Nuovo, gruppo eversivo di estrema destra. Nel 1974 durante il processo a Catanzaro vengono imputati per la strage Franco Freda e Giovanni Ventura, due esponenti di Ordine Nuovo, e altri affiliati alla destra eversiva. Il processo però non si conclude lì: successivamente i due verranno assolti per mancanza di prove. Solo nel 2005 si ha l’esito definitivo: la Corte di Cassazione conferma la responsabilità di Freda e Ventura come organizzatori della strage. Una condanna di cui però Freda e Ventura non possono rispondere, essendo già stati assolti in precedenza per lo stesso capo d’accusa. E comunque: chi altro sapeva? Chi ha piazzato concretamente la bomba? Organi statali erano coinvolti?

Un mare di interrogativi, che in parte ci portiamo dietro tutt’ora. E una battaglia politica che ancora lascia strascichi. Nel maggio 1972, il commissario Calabresi viene ucciso sotto casa sua a Milano. Le rivelazioni di un pentito più tardi portarono all’arresto per omicidio di tre membri di Lotta Continua, tra cui anche Adriano Sofri. Nel maggio 1973, mentre era in corso una manifestazione per ricordare il primo anno dalla scomparsa di Calabresi, Gianfranco Bertoli, un sedicente anarchico, lancia una bomba fuori dalla questura di Milano al grido di “Calabresi è l’assassino di Pinelli”, causando morti e feriti. Si scoprirà che in realtà dietro a Bertoli c’è l’ombra lunga, ancora una volta, di Ordine Nuovo: una tattica per rilanciare la credibilità della pista rossa.  

Questo ci fa ben intuire la violenza politica di quegli anni, gli anni di Piombo. 

Che ci sembrano così lontani, ma non lo sono affatto. Proprio poco più di un mese fa, il 2 novembre 2024, il nome di Luigi Calabresi è stato inserito nel Famedio di Milano, la lista delle personalità illustri presente al Cimitero Monumentale di Milano. 

Non c’è mai stata uniformità di vedute o di approccio su quanto accaduto. La targa in memoria di Pinelli è stata vandalizzata più volte, le targhe fuori dalla Questura sono due: una che puntualizza le circostanze della morte, precisando che il ferroviere è stato “ucciso” (collocata nel 1977 per iniziativa degli studenti democratici milanesi), l’altra (voluta dal Comune di Milano nel 2006) che definisce Pinelli un “innocente morto tragicamente”. Non sappiamo ancora se l’iscrizione di Calabresi al Famedio prolungherà le spaccature politiche in merito alla vicenda di 55 anni fa. Quello che possiamo fare, per ora, è non dimenticare quegli anni così drammatici per la storia del nostro Paese, e soprattutto non cadere mai nell’errore di sminuirli a semplici “misteri”: la verità c’è. Serve solo la volontà di vederla, rivelarla e smascherarla.

Autore

Letizia Sala

Letizia Sala

Autrice

amante della satira e delle percentuali elettorali (se le due cose sono combinate: meglio), nasco nella primavera 2003 alle porte di Monza. qualche km più in là, Bush stava decidendo di invadere l’Iraq. non so nulla di oroscopo ma se mi state leggendo proprio qua qualcosa vorrà pur dire.

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